Daje con l'analfabetismo funzionale degli studenti italiani
Quando sentite parlare di giovani che non sanno più leggere, scrivere o far di conto, dovete porvi le seguenti domande: chi fa questa considerazione, a che titolo, perché e sulla base di quali fonti? Le fonti sono attendibili? Le fonti dei dati esattamente cosa valutano e perché? Per chi? Chi sta valutando i dati, per quale motivo sta esercitando il potere della valutazione? (Piccola parentesi di metodo: i dati non dicono nulla in sé, sono le interpretazioni a dare senso ai dati, e le interpretazioni non sono mai neutre, per cui la valutazione dei dati è sempre un esercizio di potere che qualcuno esercita su altri, ed è sempre bene pensare che se lo fa deve avere un motivo per farlo).
Ve lo dico perché in questo paese, spesso e volentieri l'adulto che declama dati sulla condizione della scuola e degli studenti italiani non sa di che parla, non conosce i dati, spesso se li conosce non sa leggerli, o se li sa leggere li legge in maniera strumentale: si badi bene che c'è un certo vantaggio nel declamare e nel reclamare scarse competenze per i nostri ragazzi (come sa chi di comunicazione se ne intende, una bugia, tanto la ripeti che diventa una verità). Dire che i nostri studenti sono incompetenti permette poi di poterli retribuire poco quando iniziano a lavorare ("non sa nulla, dovrò formarlo io"); permette di non prevedere per i nostri studenti, anche quelli laureati o specializzati, l'inserimento nei ruoli che spetterebbero in base alle reali competenze, insomma permette di inserirli più facilmente in mansioni sottodimensionate mentre magari avrebbero diritto e competenze persino per le posizioni apicali. Permette infine di alimentare la narrazione per la quale l'istruzione non serve (e del resto, dire che l'istruzione non serve completa il cerchio che si era iniziato a tracciare sostenendo che tanto i nostri studenti sono poco o per nulla competenti): basta l'esperienza, e, per conseguenza, se per il lavoro che si produce non serve l'istruzione, non c'è bisogno di riconoscere a quell'istruzione un valore economico nella retribuzione delle prestazioni. Diceva Bill Gates che quando un medico mi chiede 200 euro per una visita di mezz'ora, non mi sta chiedendo la retribuzione per la visita in sé, mi sta chiedendo di pagarlo per tutti gli anni di studi che gli consentono di diagnosticarmi qualcosa in mezz'ora di tempo; ogni volta in cui alimentiamo la narrazione (e lo facciamo anche noi insegnanti - maledizione a noi - quando rifiutiamo la formazione in itinere) per cui basta l'esperienza per fare le cose stiamo negando il principio declamato da Bill Gates, la visita di mezz'ora deve costare per la visita di mezz'ora in sé, e chi se ne frega se a visitarmi per mezz'ora è uno che mi salverà la pelle o mi ammazzerà. In quest'Italia che non vuole investire sull'istruzione tutto si tiene, perché non investire nell'istruzione vuol dire non voler cambiare nulla.
Per approfondire
Intervento di Marco Bollettino
Oggi tutti i giornali parlando dell'affermazione di Claudio Tesauro, Presidente di Save the Children Italia, il quale avrebbe detto "il 51% dei quindicenni italiani è incapace di capire un testo" citando, immagino, i dati Invalsi e parlando di dispersione implicita.
— Marco Bollettino 🇪🇺 (@BastiatContrari) May 19, 2022
Ma è così? 1/ pic.twitter.com/xTP7qWoh0Y
E infatti tra i 15enni i low performer in literacy (si chiama così) sono circa il 20/30%, tra i 50enni il 50/60% mentre tra il 60enni sono circa il 70/80%.
— Mila Spicola 🇪🇺🇮🇹🇨🇺 (@MilaSpicola) May 19, 2022
E meno male che facevano(o facevate) un tema al mese. Che le cose siano un po' più complesse dovrebbe sfiorarvi nella testa
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