Vivaddio che ci sono gli studenti
Negli ultimi due anni gli studenti italiani (definizione talmente generica da essere quasi imbarazzante - di che età e sesso stiamo parlando? Studenti del centro o delle periferie? Del nord, del centro o del sud Italia? Cittadini italiani, neocittadini o in attesa di cittadinanza? Con o senza problemi di disabilità o con disturbi dell'apprendimento?) hanno protestato, manifestato e occupato le loro scuole varie volte. Hanno manifestato per tanti motivi, alcuni che condivido, altri meno, altri proprio per niente: per una DAD organizzata per bene, per tornare in presenza a scuola, per delle scuole sicure, per essere vaccinati, contro il razzismo, contro le discriminazioni di genere, contro il ripristino delle prove scritte all'esame di stato, contro il dress code a scuola, contro un PCTO talvolta privo di valore educativo o formativo, per condizioni sicure durante gli stage. Quando i ragazzi protestano hanno sempre ragione? No. Eppure i nostri ragazzi argomentano le loro ragioni, motivano le loro proteste, cercano la discussione con il mondo adulto. E come risponde il mondo adulto? Li guarda dall'alto in basso, con fare paternalistico, accomuna la minorità anagrafica alla minorità mentale; sminuisce le proprie responsabilità, li convoca solo per comunicare decisioni già prese, usa due pesi e due misure per giudicare il comportamento dei giovani e quello dei loro maestri, nasconde i propri sbagli, li giudica.
Ma siamo sicuri del fatto che il mondo adulto conosca e capisca questi ragazzi? E non parlo solo della questione generazionale, dell'atteggiamento tipico dell'adulto che da secoli guarda ai giovani e pensa che "ai suoi tempi" certe cose non si facevano né pensavano. No, il punto è che, al contrario del luogo comune diffuso dagli adulti, le generazioni di studenti che abbiamo allevato negli ultimi decenni sono, tutte, più istruite, colte, competenti e preparate degli adulti che li guardano dall'alto in basso; e gli studenti di oggi sanno che vivranno, tutti, peggio degli adulti, mediamente più incompetenti di loro, che li ammoniscono paternalisticamente che no, così non si fa. Adulti il cui tasso di analfabetismo funzionale è fra i più alti dell'Occidente che decidono su studenti fra i più preparati e pronti al cambiamento della storia della nostra nazione - e che per paradosso sono accusati di non capire, di essere impreparati -. Una distopia, in pratica.
Vivaddio che ci sono gli studenti a protestare.
Una delle cause della Rivoluzione francese, non l'unica né la principale, fu il fatto che una generazione di giovani, borgesi, istruiti, colti, raffinati, arrabbiati, vedeva il proprio destino nelle mani di adulti, aristocratici, vecchi, incolti, impreparati e incompetenti, non disponibili a mollare anche solo un briciolo del potere, anzi convinti di avere il diritto di giudicarli e decidere per loro. La rivoluzione non fu solo una lotta di classe: fu anche una battaglia fra generazioni, e uno scontro culturale.
Dovete ringraziare che nel nostro mondo, nel nostro paese, i giovani siano in proporzione molti di meno che nel 1789.
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