Tenshi no Tamago (L'uovo d'angelo), Mamoru Oshii

 Tenshi no Tamago (L'uovo d'angelo), scritto e diretto da Mamoru Oshii, è un film animato (OAV) del 1985. 

La trama è apparentemente semplice: il film si apre sulla visione di un'enorme e amletica figura, un grande occhio che si abbassa sulla terra: avvicinandosi all'occhio, socopriamo che appare come un'immensa vetrata circondata da statue di oranti. A fissare l'occhio, da lontano, la figura di un uomo.

in un mondo desolato ci appare poi una bambina, che porta con sé un gigantesco uovo, tenendolo sotto le sue vesti, quasi come a covarlo o a portarlo in grembo. 

Questo mondo è vuoto, le guglie dei suoi palazzi si infrangono sulle acque che inondano strade, piazze, canali, e l'immagine distorta della civiltà filtrata dalle acque è un elemento ricorrente per tutta la durata del film


Nel suo peregrinare fra le strade e i palazzi decadenti, la bambina incontra un soldato, l'uomo della prima scena, armato di una spada/fucile cruciforme, che decide di seguirla e scortarla nelle sue peregrinazioni 

La bambina in principio non si fida del soldato, sembra quasi fuggirlo, ma poi gli si affida.


I due viaggiano, sotto la pioggia, attraverso scalinate infinite, in movimenti dall'alto verso il basso o viceversa che sembrano simboleggiare la discesa all'inferno o l'immersione nella caverna. Il tutto è costantemente avvolto e riflesso nell'eterotoopica immagine dell'acqua.


Il soldato chiede alla bambina cosa pensa sia l'uovo, lei chiede il suo nome. Le domande rimangono senza risposta: rimarranno tali per tutto il film., Anche nel momento in cui la fiducia della bambina nei confronti del soldato si sarà fatta salda.

Scopriamo che il mondo non è disabitato: altri uomini, pallidi come spettri, scattano verso la lotta; armati, vanno alla caccia di ombre di animali, anch'essi irreali quanto quegli uomini che non hanno più nulla della vita. 

In un crescendo di pioggia, una pioggia che appare sempre di più un diluvio, il soldato racconta alla bambina una versione distorta del mito biblico del diluvio universale. In questa versione, la colomba che annuncia a Noè la fine delle pioggie non fa ritorno, e gli uomini rimangono tanto a lungo sull'arca da dimenticare l'esistenza stessa della terra, mentre tutti gli animali si estinguono, pietrificandosi. La bambina a questo punto mostra al soldato il corpo pietrificato di un enorme uccello (o un angelo): di quell'uccello, plausibilmente, lei cova l'uovo.

Il soldato le chiede come faccia ad essere sicura di ciò che contiene l'uovo. Le dice che solo rompendolo potrà sapere con certezza cosa ci sia. La bambina si rifiuta.

Il soldato e la bambina si rifugiano in un palazzo per difendersi dalle piogge. 

In una delle scene più lunghe e drammaticamente statiche del film, la linea che corre tra la spada del soldato ed il fuoco, passando per l'uovo e le mani del soldato, ci anticipa quanto avverrà con l'arrivo del buio.

Il soldato decide di spaccare l'uovo per conoscerne il contenuto. Il soldato, le cui mani sono ferite (è forse portatore di ferite come stigmati?) imbraccia la sua spada cruciforme e distrugge l'uovo

Il soldato, compiuto il gesto, si allontana, lasciando la bambina. Noi non sapremo mai il contenuto dell'uovo. Il mondo ci appare desolato, le ombre di uomini ferme come statue vivono nel riflesso delle acque che sommergono le strade.

La bambina al risceglio scopre che il soldato ha rotto l'uovo e, vinta dalla disperazione, urla e insegue l'uomo.

Nella sua corsa però giunge alle soglie di un precipizio - un canale? - e qui precipita.

Nel suo precipitare verso la morte la bambina ci appare nel riflesso dell'acqua come una donna: bambina e donna riflessa si congiungono per sparire nel fondo delle acque.

Dall'ultimo respiro della bambina, emergono sulle acque infinite bolle, che si tramutano in nuove uova - il germogliare di nuove vite? - mentre il soldato, tra le piume bianche - di una colomba o di un angelo? - si affaccia su di una riva innanzi alla figura dell'occhio.

Tra le statue ne scorgiamo una nuova, al centro dell'occhio: è la statua della bambina che protegge l'uovo.

L'inquadratura si allontana: più il punto di vista si fa distante, più l'isola su cui si sono svolti gli eventi ci appare come la chiglia di un'arca rovesciatasi immersa nelle acque del diluvio.



Come è facilmente intuibile, il film si caratterizza per la fitta rete di rimandi simbolici che si accavallano per tutta la sua durata, poco più di un'ora. I richiami alla Bibbia sono evidenti: dal diluvio universale, all'uovo pasquale, passando per la figura cristologica del soldato. Ma è anche evidente come il film sia figlio della crisi spirituale attraversata da Mamoru Oshii nei mesi precedenti alla scrittura e alla direzione della pellicola. La bambina, in questa chiave di lettura, rappresenterebbe la violenzza della perdita dell'innocenza, la scoperta della finzione delle proprie credenze (e la violenza del gesto del soldato è simbolicamente la violenza di uno stupro); la fine delle certezze dell'innocenza sono qui incarnate dalla figura senza identità, amletica, del soldato, colui che deve distruggere l'oggetto che vuole comprendere per poterlo capire. In un certo senso si può leggere nella figura del soldato e della bambina anche lo scontro tra conoscenza scientifica e atto di fede, oltre al passaggio all'età adulta. Ma il soldato è egli stesso incarnazione di un'abnegazione dolorosa, di un martirio: egli, con le sue stigmati, con la croce che si porta con sé, si fa carico di proteggere e curare l'innocenza della bimba, così come si fa carico, alla fine di distruggerla, e portarla quindi ad essere finalmente generatrice di vita, portatrice di un rinnovamento che ha bisogno della distruzione per potersi ingenerare.

Queste possibili chiavi di lettura, che non sono di certo le uniche, sono favorite dalle scelte registiche di Oshii, il quale riduce al minimo i dialoghi: su 71 minuti di pellicola, i dialoghi si riducono a poco più di 2 minuti. L'andamento e l'interpretazione del film sono guidati dalle immagini e dalle scelte stilistiche. In particolare la dualità, l'ambivalenza e l'ambiguità sono favorite dal continuo ricorrere ad oggetti ed elementi ambigui: l'acqua soprattutto, portatrice di vita (la bambina continuamente attinge ad ampolle che ha riempito e disseminato per tutte le strade, vie, piazze) ma anche di devastazione e morte con il suo inondare; l'acqua, ancora, con il suo riflettere e distorcere, genera l'eterotopia di luoghi, i canali o le rive, per esempio, che sono qualcosa e contemporaneamente qualcos'altro, specchio di una realtà che è e non è allo stesso tempo. Tutto è lugubre su quest'isola, cupo, derelitto, e tutto è labirintico, pare esterndersi senza meta e senso nello spazio orizzontale, nell'intersecarsi di vicoli e canali, e nello spazio verticale, nelle scalinate a chiocciola senza fine, nei movimenti ascensionali e discensionali dei protagonisti. Le musiche orchestrali scandiscono i  ritmi della vicenda, come i giochi di luce: esempio è la scena, già descritta, in cui la figura della bambina che dorme abbracciando l'uovo e del soldato che la veglia immobile, in un movimento di linee oblique che si inntersecano nella staticità delle posizioni, costringe lo spettatore ad osservare il dettaglio, ad attendere quel qualcosa che può solo ipotizzare e presentire nel fatto che le minime asimmetrie nel dislocamento delle figure in quello che appare a tutti gli efffetti come un quadro abbiano un significato; che ci sia un perché nel fatto che l'occhio sia spinto a partire dalle mani del soldato illuminate dalla luce del fuoco a condurre la vista verso la spada cruciforme passando per il ventre della bambina che protegge e nasconde l'uovo.  

Tenshi no Tamago è un capolavoro, un film da vedere, anche solo per trovare il proprio significato alle scene e alla vicenda nel complesso. Perché per forza di un proprio significato si deve trattare, dato che Oshii stesso, a domanda diretta, ha risposto più volte che neanche lui sa esattamente cosa abbia voluto dire con quest'opera.


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