Il penoso dialogo sulla scuola tra Canfora, Mastrocola e Ricolfi
Penoso, penoso e penoso il "dialogo" pubblicato su Repubblica tra Canfora, Mastrocola e Ricolfi. Tema? Il declino della scuola e il bisogno di salvarla. Argomentazioni: aneddotica, comparazioni insiemistiche tra sistemi incomparabili, nozionismo, fallacie logiche e presunzione. Esempi?
Ricolfi: "Quarant’anni fa arrivava al diploma un ragazzo con licenza elementare su quattro. Oggi solo un ragazzo con licenza media su sei si laurea. L’Italia è uno dei paesi dell’Occidente che ha il numero di laureati più basso". (Per i non addetti ai lavori, questa è una comparazione indebita tra sistemi incomparabili, quello dei diplomati e quello dei laureati, come se comparassi mele e arance solo perché sempre di frutta si tratta)
Mastrocola: (si parla di alternanza scuola lavoro, tra l'altro in riferimento alla morte del ragazzo di Udine che NON era in alternanza scuola-lavoro) "l danno però risale a mio avviso a qualche tempo prima, tra il 1999 e il 2000, al Piano dell’offerta formativa di Luigi Berlinguer. Da allora le scuole per risultare competitive e attrarre l’“utenza” si sono messe a offrire di tutto, dal progetto di cucina medievale alla lettura attoriale dei Promessi Sposi." (L'alternanzza scuola - lavoro non è un progetto, non ha nulla a che fare con i progetti, ma per Mastrocola qualsiasi cosa non sia l'insegnamento dell'italiano è un progetto).
Ricolfi: "Dopo aver abbandonato il progetto di frequentare ingegneria mi iscrissi a sociologia a Trento, allora il sancta sanctorum della contestazione. Ma l’orrore degli esami di gruppo mi spinse a tornare a Torino, con la convinzione maturata sul campo che circa 95 sessantottini su 100 non avevano alcun interesse per lo studio." (Valutazione generica, priva di metodo, fondata sull'assunto indimostrato che un esame che non rientra nei gusti dell'autore sia per forza qualcosa di poco serio).
Mastrocola: "Fino a venti anni fa noi occidentali eravamo una civiltà convinta di poter portare avanti tutto questo patrimonio millenario meraviglioso, poi sono arrivati i nuovi pedagogisti e ci hanno obbligato alle soft skills, le abilità non cognitive, cose come la stabilità emotiva o la capacità di lavorare in gruppo. C’è un disegno di legge già approvato alla Camera sull’introduzione delle soft skills fin dalle elementari. Per non parlare della novità di materie come sviluppo sostenibile o cittadinanza digitale". (Uno, non si capisce cosa c'entri la distruzione del patrimonio millenario di cultura con l'insegnamento aggiuntivo di qualcos'altro; due, la gran parte dei pedagogisti contesta l'insegnamento delle soft skills per la scarsa chiarezza concettuale delle stesse e perché di chiaro stampo "confindustriale" - passatemi il termine -; tre, l'insegnamento trasversale di temi come quelli della cittadinanza non implicano l'indottrinamento, semmai la concettualizzazione e la messa in discussione dell'ordine costituito - cosa che ovviamente fa venire i brividi ad una cariatide come Mastrocola -).
PM: "La Dad poteva essere usata in modo diverso, magari regalando airagazzi grandi lezioni video. Ti ammazzo di bellezza un’ora sola al giorno, invece di tenerti appeso al computer sei ore, dopodiché vai, leggi, studia, corri, balla. Una lezione online di Canfora o Baricco o Rovelli sarebbe stata una splendida occasione. (Come detto, per Mastrocola essite solo l'insegnamento dell'italiano).
LR: "Gli insegnanti dovrebbero avere l’umiltà di accettare che le grandi lezioni le fanno altri. Forse è questa una delle grandi promesse future della tecnologia." (E quindi Mastrocola e Ricolfi conoscono tutti gli insegnanti italiani tanto da poter formulare l'enunciato er cui i docenti italiani, tutti sono incapaci di grandi lezioni, da lasciare esclusivamente ad uomini di cultura, chissà, magari come loro? E siamo sicuri che loro oo gli intelletuali come loro siano aprioristicamente capaci di grandi lezioni? Da quando conoscere qualcosa vuol dire anche saperla spiegare? Presunzione, classismo ed elitismo la fanno da padroni in questo passo dell'articolo)
In quest'articolo si mescolano come si vede cose molto diverse tra di loro: l'alternanza scuola-lavoro, per esempio, che è una cosa che concettualmente non piace neanche a me, però è anche vero che soprattutto in scuole come gli istituti professionali o i CFP, l'aspetto pratico è fondamentale per evitare la dispersione; il problema è rendere significativo da un punto di vista educativo questa esperienza.
Le competenze di cui discutono i tre "saggi": queste sono una cosa sacrosanta nel mondo moderno, semmai il problema è che alcuni insegnanti ne sono privi o non hanno chiaro di cosa si tratti, ed è impossibile insegnare qualcosa che non si possiede o non si conosce. E poi, la solita stupidaggine delle competenze che escludono la conoscenza disciplinare (stupidaggine in cui cade anche Canfora): chi lo dice che le competenze debbano escludere la trasmissione, anche estetica, della conoscenza? Ma si prenda la competenza inerente il linguaggio artistico letterario e la sua tutela: come si fa a raggiungerla se prima non si è lavorato sulla conoscenza delle arti, sul loro linguaggio e sull'estetica delle arti?
Sull'eccesso di burocratizzazione: ogni eccesso è di per sé un male, ma altrettanto è l'arbitrio di una scuola in cui l'insegnante pensa di non dover mai dichiarare o dimostrare nulla, di non dover spiegare il senso del proprio operato.
L'educazione civica è una materia vischiosa, è vero: si rischia l'indottrinamento. È anche vero però che se ben fatta può essere problematizzazione e messa in discussione dello status quo, dibattito e dialogo.
Andando ancora più nello specifico e approfondendo il pregresso degli scritti di Mastrocola e Ricolfi (si veda per esempio Il danno scolastico) il ragionamento che viene condotto è fallace nella misura in cui dà assiomaticamente per vere le premesse maggiori del sillogismo: prima premessa: una scuola che non chiede e non prepara è classista; seconda premessa: la scuola attuale non chiede e non prepara; conseguenza: la scuola attuale è classista.
Nel loro pamphlet il magico duo ha provato ad articolare questo ragionamento: peccato che le argomentazioni di Mastrocola si riducano all'aneddotica, per cui la scuola non è altro che il classico, anzi, l'insegnamento della sua materia; nel caso di Ricolfi e delle sue comparazioni, il nostro ha il vizietto di comparare sistemi incomparabili: nell'articolo per Repubblica lo fa, come riportato nel post, comparando diplomati pre sessantotto con laureati post sessantotto; nel pamphlet lo fa comparando quanti migliorarono il proprio livello socioeconomico dopo diploma prima del sessantotto e la condizione dei diplomati di oggi, facendo finta di non sapere che nel suo calcolo non si tiene in conto la dispersione scolastica, al 50% dopo la terza media prima del sessantotto, oggi invece al 13%, e che esisteva il doppio canale per cui una bella fetta degli studenti di condizione sociale più bassa veniva indirizzato verso le scuole di avviamento professionale, che non rilasciavano diploma, bensì qualifica, mentre oggi li istituti professionali rilasciano consentono il conseguimento del diploma (al netto del fatto che ci sono anche fattori esterni che influiscono largamente sul conseguimento di una condizione socioeconomica migliore, come per esempio il boom economico ancora vivo fino agli anni sessanta). Così Ricolfi annota che prima del sessantotto un diplomato su quattro migliorava la propria condizione socio economica rispetto ai genitori, mentre oggi uno su cinque: peccato che il calcolo sia frutto di un evidente cherry picking, la selezione dei dati da valutare in modo che non smentiscano la tesi che si vuole affermare. Tra l'altro, lo stesso Ricolfi ammette che le prove Invalsi non evidenziano peggioramenti nella formazione, tanto che deve ricorrere al dato socioeconomico per portare avanti la propria tesi.
Ancora, Mastrocola spesso propone al proprio pubblico il leit motiv della scuola democratica che avrebbe ridotto la comprensione dell'italiano. Mastrocola dovrebbe però dimostrare che la scuola pre-sessantotto lavorava su quelle competenze meglio della scuola attuale, ma lo deve dimostrare davvero, tirando fuori i dati, per esempio sulle competenze linguistiche di quel 50% di dispersi pre sessantotto che lei e suo marito non considerano mai o di quei ragazzi che prima della riforma imboccavano il canale professionale che dava esclusivamente la qualifica; dovrebbero quindi dimostrare che gli studenti di oggi delle stesse condizioni socoeconomiche, che magari riescono a concludere il proprio percorso scolastico in un istituto professionale o tecnico, siano in condizioni peggiori. Invece Mastrocola, sempre procededndo per aneddoti, sembra guardare solo al piccolo mondo del liceo classico. Intanto le rilevazioni PIAAC e quelle PISA dimostrano che i nostri studenti sono grosso modo, per quanto riguarda il conseguimento delle competenze linguistiche e matematiche, nella media dei risultati OCSE, mentre gli adulti, quelli della scuola che piace tanto al magico duo, stanno messi decisamente peggio degli adulti di altri paesi. Ma questi sono dettagli.
Mastrocola fa poi volutamente una gran confusione e chiama genericamente "progetto" qualsiasi cosa non sia l'insegnamento di Monti o di Pindemonte.
Per concludere, se si vuole dare un uso agli scritti di Mastrocola e Ricolfi, l'unico che mi viene in mente è quello di manuale sulle argomentazioni scarse, ovvero di come non si argomenta una tesi.
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