I danni della scuola del merito: un esempio
Siamo in classe. Si interroga: chiedo se sono presenti volontar*; tutto tace. A questo punto, per non fare torto a nessun*, decidiamo di sorteggiare i numeri delle persone che dovranno immolarsi per la classe. Usiamo un generatore casuale di liste.
Vengono fuori i numeri: fra di essi c'è anche un* alunn* con disturbi dell'apprendimento. *l* faccio presente che, se vuole, è prevista la possibilità di concordare le interrogazioni; se non se la sente, possiamo stabilire che sarà interrogat* (tassativamente) la prossima volta.
Lo sguardo nei volti del resto della classe è inferocito: DEVE essere interrogat*, e DEVE prendere tre. Il fatto che per *l* compagn* sia prevista NON la dispensa dall'interrogazione o la possibilità di domande semplificate, ma semplicemente la possibilità di stabilire quando essere valutat* (perché il funzionamento del suo cervello è un po' diverso da quello de* compagn* e per *l* compagn* fare le stesse cose richiede molta più fatica) per *l* altr* è una profonda ingiustizia.
L'alunn* si sente colpevole come come un assassin*: quell* che è e non ha scelto di essere per la classe è una colpa. Alla fine decide di non avvalersi di un suo diritto, prende un tre per la soddisfazione de* compagn*. L* invito a non farlo: non si cede sui propri diritti, ma ha paura di essere emarginat*. Giungiamo ad un compromesso per placare gli animi: prenderà quel voto, ma la prossima lezione l* sentirò e, qualsiasi voto prenderà, queello sarà il voto definitivo che sostituirà quello di oggi. Per la lasse giustizia è fatta: del resto, tutti sono stati trattati ugualmente, no?
No, non ho fatto giustizia, perché, come diceva Don Milani, se fai parti uguali tra diseguali stai facendo il gioco delle diseguaglianze. Non c'è uguaglianza senza equità.
Ma perché la classe ha reagito in quel modo?
Perché se educhi per anni gli studenti all'idea che la scuola prepari al lavoro, che fuori l'individuo viene prima della società, che i compagni saranno concorrenti; se educhi all'idea che "il merito" distingue i giusti dagli altri, se educhi all'idea che l'istruzione è un fatto privato, che concorre alla realizzazione della sola mia vita; se educhi all'idea che la società non è altro che una limitazione dell'individuo, che non si vince assieme perché si è cresciuti assieme, se fai tutto questo allora instilli nei ragazzi e nelle ragazze questo senso di "giustizia": abbiamo fatto parti uguali. Non ho dubbi che per loro oggi si sia fatta giustizia, perché loro istintivamente vogliono essere valutati secondo il merito; loro non sanno che quel merito che cercano è distorto, distopico, discrimina per ciò che si è, non per ciò che si fa; quello è il merito di cui sentono parlare ogni giorno dai media, su libri esecrabili, persino dagli insegnanti. Hanno vinto come individui, hanno perso come classe.
Commenti
Posta un commento