Barbero, i distinguo e le polemiche
Di recente si è molto parlato di Alessandro Barbero, dapprima per il suo sostegno a Tomaso Montanari e alle sue posizioni sull'uso distorto e politicizzato della questione delle Foibe, poi per la sua adesione ad un manifesto contro l'obbligo di possesso del green pass per il personale universitario e gli studenti. Questa adesione ha fatto parlare di un Barbero novax, posizione che il professore ha prontamente smentito; il professore ha chiarito che semmai vorrebbe un'assunzione di responsabilità della classe dirigente: anziché creare la situazione paradossale di un green pass che da un lato non è obbligatorio ma che dall'altro limita il diritto allo studio, ci si assuma l'onere e l'onore dell'obbligo vaccinale (legittimo secondo costituzione e norme vigenti) che, imponendo il vaccino a tutti coloro che sono in grado di sostenere la vaccinazione, eliminerebbe la discriminazione di fatto fra gli studenti. Tuttavia il testo dell'appello non accenna mai alla necessità di un obbligo vaccinale, è questo il vero problema della posizione di Barbero. La sua è una posizione coerente con le recenti critiche alla classe dirigente italiana (vedi di nuovo il sostegno a Montanari sulla questione Foibe). Una posizione sensata ma che in realtà non è quella dell'appello che Barbero ha firmato. Firmando questo manifesto, Barbero si è messo dalla stessa parte di chi, come Fusaro, nega sia la necessità del green pass sia la necessità della vaccinazione. Certo, la sua è una posizione ben più complessa, ma la comunicazione della complessità non è del nostro tempo.
In secondo luogo, come dicevamo, la critica recente di Barbero verte sul tentativo di normalizzazione della destra fascista ed ex fascista da parte della classe dirigente: secondo il professore le ricostruzioni forzate e manchevoli storicamente dei fatti al confine orientale tra il 1943 e il 45/6, come il cerchiobottismo sulla vaccinazione anticovid, hanno come compito quello di rendere normali e accettabili le posizioni della destra e dell'estrema destra italiana, con il bene placito della classe dirigente altoborgese; proprio questa critica del professore l'ha messo nel mirino di quella borghesia che, nel nostro paese, gestisce la comunicazione sulla carta stampata; non per niente gli attacchi sono arrivati non solo, prevedibilmente, dai giornali di partito di destra, ma anche da Corriere, Stampa e Repubblica; tutti gli attacchi però sono stati caratterizzati dalla semplificazione estrema delle posizioni del professore, preferendo l'attacco alla persona alla confutazione delle sue tesi. In questo la critica a Barbero si è distinta nettamente dalle critiche recenti a Cacciari e ad Agamben: i due filosofi sono stati confutati nel merito, Barbero dileggiato moralmente.
In conclusione: Barbero ha espresso una tesi condivisibile, commettendo probabilmente un errore di metodo (e tra l'altro non è la prima volta che appone la sua firma su un appello controverso); la sua tesi è coerente con quanto Barbero ha di recente detto sulla classe dirigente italiana; la classe dirigente italiana ha deciso di non confutare le tesi del professore, ma di attaccare la persona, screditarlo e metterne in discussione lo spessore morale. Questa, più o meno, la storia di una polemica dei primi di settembre nel nostro paese.
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