Della superficialità
Leggendo vari commiati per la morte di Battiato mi è venuta in mente una cosa: forse pochi hanno compreso questo cantautore? O meglio, quanto una parte dell'opera di Battiato è stata fraintesa?
Prima però una premessa: io non amo Battiato e la sua musica. Non è proprio vero: non amo la ricezione della musica di Battiato; e odio la sua voce, ecco, l'ho detta; ma forse odio la seconda perché la associo alla prima.
A dirla tutta non sono neanche un profondo conoscitore delle sue opere, conosco quelle più famose, quelle per cui mi sono fatto l'idea che l'appellativo più sbagliato per Battiato fosse quello di maestro.
Io Battiato invece lo associo ai Righeira, agli anni Ottanta, allo sperimentalismo pop e ad un'idea tutta postmoderna di arte (opposta alla vulgata su Battiato, quella del maestro profondo e spirituale); in Battiato non sento l'arte che cerca la profondità, ma l'arte che si fa portavoce della labirintica estensione della superficie.
Battiato, come i Righeira (e qui la smetto di paragonarli, promesso), non cerca affatto di scavare nelle profondità di tematiche sociali o psicologiche (o lo fa meno frequentemente di quanto sembri), perché quella è la musica autoriale degli anni Settanta, degli anni di piombo, dell'esistenzialismo, semmai vola su diversi temi, argomenti, su diverse emozioni ed esperienze, anche del tutto slegati tra di loro, e con il solo posarsi del suo strumento di comunicazione, la sua musica, la sua arte, ne mostra i legami tanto ignoti, quanto di impossibile interpretazione. Battiato non crea simboli, crea reti di immagini il cui unico legame sta nell'essere associate attraverso la musica.
La musica di Battiato quindi a me è sempre apparsa superficiale, ma non in un senso deteriore, semmai come l'immaginifica mappa ordinata da Kublai Khan ne Le città invisibili: nel senso che scientemente le canzoni del cantautore di Milo non vogliono dire nulla, o vogliono dire meno di quel che appare. In un certo senso, spesso in Battiato (e nella grande arte postmoderna) l'unica cosa da dire è il non aver nulla da dire.
Diceva Montale in Non chiederci la parola che l'unica cosa che hanno da dire i poeti moderni è "ciò che non siamo, ciò che non vogliamo". Se questa consapevolezza era dolorosa per Montale, diventa naturale per gli artisti del dopoguerra; anzi, il non avere risposte positive diviene il messaggio: passata la generazione degli intellettuali che avevano costruito con le loro ideologie l'Europa che aveva cercato di autodistruggersi con le due guerre mondiali, era un bene che gli artisti smettessero di aspirare ad essere vati, che riconoscessero il non avere un messaggio.
La migliore arte postmoderna è scientemente superficiale, definisce la superficialità come un valore antidogmatico e capace di disarmare le ideologie.
La superficialità è persino liberatoria: l'artista che non deve più concentrarsi sul messaggio può decidere di approfondire e sperimentare giocando con il canale (e guardiamo qui alle sperimentazioni strumentali di Battiato) e con il codice (il citazionismo da diversi autori e opere, passando dalla grande letteratura ai modi di dire popolari, attraverso la cultura pop, attingendo infine alla musica e all'arte internazionale). Tutto si tiene perché trattenuto dalla messa in musica, come se si trattasse di un'enorme esplorazione musicale della superficie del mondo (ed ecco che appaiono gli influssi e gli strumenti provenienti dalle diverse parti del pianeta); il viaggio di Battiato non è mai un viaggio verso il centro della terra, ma sempre il giro del mondo in ottanta giorni.
Per queste ragioni chi oggi piange il maestro, lamenta la scomparsa dell'uomo che aveva raggiunto vette di profondità e spiritualismo, mi pare che o non abbia capito o abbia deciso di fraintendere l'opera del cantautore siciliano che, se potesse commentare tutto questo, probabilmente lo farebbe con sarcastica risata.
E poi si metterebbe a ballare, cercando o fingendo di cercare quel centro di gravità permanente che gli potesse dare una risposta certa e inamovibile ai grandi questi della sua epoca. Risposta che, più nei lamenti si attribuisce a Battiato, meno, con ogni probabilità, lui possedette.
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