Sandro Orlando in questo saggio mette in luce aspetti notevoli inerenti le possibili interpretazioni della figura di Francesca da Rimini. Il critico evidenzia subito il contesto in cui compare il personaggio: già dall'inizio dell'opera Dante autore ha chiarito che il motore degli eventi che coinvolgono Dante personaggio è l'amore, inteso però come amore celeste, spirituale, contrapposto a quello terreno. Giunto al secondo cerchio dei dannati, dopo le aspre parole di Minosse, il protagnista dell'opera incontra la schiera dei dannati che, travolti dal vento eterno che li affligge, contrappasso per il loro essersi lasciati travolgere in vita dalla lussuria, vengono sbattuti di qua e di là contro le pareti della "ruina" che li circonda. Fra questi, in particolare lo attraggono le figure di due personaggi, contemporanei a Dante, sostanzialmente ignoti o quasi al grande pubblico, vittime di una vicenda di cronaca efferata.
I due amanti vengono introdotti dall'immagine di due colombe, che nei loro baci incarnano l'eccitazione sessuale: questa immagine anticipa quindi il bacio che non farà più andare avanti nella lettura i due, non per pudicizia, ma perché vinti dal piacere l'uno dell'altra. Di fronte ai due, Dante si sente smarrito: qui Orlando osserva che l'aggettivo in tutta la Commeddia occorre quando Dante personaggio è afflitto da profondo turbamento ripensando al proprio passato.
Perché Paolo e Francesca volano assieme? Secondo Orlando questo dettaglio si spiega in una circostanza ben precisa: se normalmente in Dante la donna purifica e sana le mancanze dell'uomo, qui non avviene, e i due correi si trovano legati indissolubilmente nel loro peccato.
Immediatamente Dante costruisce la scena in modo da ricordare al lettore attento la Vita Nova, soprattutto tramite le scelte lessicali, e la pietà che Dante e Francesca provano è reciproca
Francesca racconta la propria infanzia, ma ben presto, attraverso versi celeberrimi, lancia un vero e proprio atto d'accusa all'amore
«Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende,
prese costui de la bella persona
che mi fu tolta; e ‘l modo ancor m’offende.
Amor, ch’a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m’abbandona.
Amor condusse noi ad una morte.
Caina attende chi a vita ci spense».
Nel lanciare la sua accusa però Francesca sintetizza diverse fasi della sua vita; il passato dell'amore che si sviluppa e trova compimento, e il futuro dai suoi esiti infausti.
Riguardando all'intero campionario di peccatori che Dante incontra in questo canto si può dire che vengano rappresentati diversi tipi di amore peccaminoso, contrapposti a quello puro di Beatrice:
- Quello classico dell'antichità, puramente licenzioso;
- Quello medievale mitico, cortese;
- Quello di Francesca, imbevuto di Stilnovismo.
Orlando affronta l'annosa questione de "il modo ancor m'offende", offrendo le possibili interpretazioni: "modo" inteso come maniera peccaminosa dell'amore; "modo che offende" inteso come la cattiva fama che ne è derivata; "modo che offende" inteso come amore che ha condotto alla morte. Del resto i versi successivi sono stati interpretati in sesnso cronachistico già dal Boccaccio, che ricostruisce l'uccisione di Paolo e Francesca da parte di Gianciotto Malatesta. Rimane il fatto che ai due amanti non solo viene tolta la vita, ma viene soprattutto tolto il tempo di pentirsi del loro peccato, condannandoli alla dannazione eterna. Queste anime quindi sono "offense" nel senso di "menomate del loro amore".
La reazione di Dante, come si diceva, è di smarrimento: è chiaro che Dante autore vuole far capire al lettore quanto Dante personaggio rischi di essere vicino ai due protagonisti; questa idea è ancor più raffrozata dal fatto che le rime "spense - pense - offense" ricorrono nel Purgatorio, canto XXXII, dopo la requisitoria di Beatrice sui peccati di Dante. Che si stia parlando del Dante stilnovista è chiaro anche dalla frequenza dell'aggettivo "dolce", legato da Dante stesso al concetto di Stil Novo. Così la confessione dell'amore di Francesca è anche anticipazione della confessione, nel Purgatorio, dell'amore di Dante per Beatrice.
Orlando mette poi in luce il dibattito della critica sulla predeterminazione del tradimento da parte dei suoi amanti: la soluzione proposta dal critico verte sullo scolorire del viso dei due peccatori; questo termine ricorre pochissime volte nella letteratura italiana prima di Dante, mentre ha poi notevole successo, ed indica una trasformazione che rende gli individui quasi irriconoscibili a se stessi, vittime di uno stravolgimento, che farebbe quindi pensare che i due amanti fossero, fino al momento fatidico, ignari l'uno dell'amore del'altra.
Orlando osserva come, ancora nella contrapposizione tra Francesca e Beatrice, il "disiato riso" di Francesca si contrapponga al santo riso di Beatrice (Purgatorio XXXII), e come Francesca, ancora in contrapposizione a Beatrice, sia l'artefice del peccato di Paolo, come Beatrice sarà l'artefice della salvezza di Dante. Ma Francesca, fino all'ultimo, cercherà di addossare la propria responsabilità sul mondo di esperienze, tutte letterarie, in cui vive, sul libro e sull'autore del libro che leggeva assieme all'amato Paolo. Di fronte alle lacrime di Paolo, Dante sviene, e questo suo primo svenimento innanzi agli amanti ha come corrispettivo l'ultimo svenimento, quello davanti a Beatrice nel Purgatorio.
Con Orlando si può quindi concludere che il canto V dell'Inferno è in diretta correlazione con l'apparizione di Beatrice nel Purgatorio (XXX) e con la sua requistitoria a Dante (Purgatorio XXXI). L'antitesi Francesca - Beatrice è l'antitesi fra amore profano e amore sacro, ma la contrapposizione tra i due episodi rappresenta il superamento e il rifiuto dell'amore cortese e di quello stilnovistico in favore di un amore più nuovo e più alto, frutto della grazia divina per intercessione di Beatrice.
Orlando, Sandro. “DA FRANCESCA A BEATRICE: UNA NUOVA LETTURA DI INFERNO V.” Medioevo Letterario D'Italia, vol. 3, 2006, pp. 37–59. JSTOR, www.jstor.org/stable/26484254.
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