mercoledì 31 ottobre 2012
SCRIVERE È METTERSI LE DITA NEL NASO, Paolo Cognetti
martedì 30 ottobre 2012
La Sicilia in un mare di nulla
Google per l'arte
Ecco, io mi faccio un giretto virtuale agli Uffizi, voi fate quello che volete
Come una storia
sabato 27 ottobre 2012
Una vergogna, sì, ma quale?

venerdì 26 ottobre 2012
Poi leggi David Foster Wallace
Poi leggi Wallace, e ti senti meglio, vivo. Pace all'anima sua.Solomon Silverfish, a parte il favore non da poco di averla amata per trentadue anni rendendola la donna più felice sulla faccia della terra, ha aiutato Sophie a usare la malattia per capire ciò che lei è e ciò che non è. Non sa di averlo fatto, perché da quando in qua anche il migliore dei maghi sa di usare la magia sulle persone e non la semplice abilità di uno svelto di mano e sciolto di lingua? Sophie crede di avere ormai capito alla sua età che la magia altro non è se non il semplice rapporto tra una persona e le altre persone che la circondano.
David Foster Wallace, Questa è l'acqua
Il re è morto, evviva il re
L'ordine nel disordine, riflessioni sul Postmoderno e la necessità di superarlo
Marco (Polo) entra in una citta’; vede qualcuno in una piazza vivere una vita o un istante che potevano essere suoi; al posto di quell’uomo ora avrebbe potuto esserci lui se si fosse fermato nel tempo tanto tempo prima, oppure se tanto tempo prima a un crocevia invece di prendere una strada avesse preso quella opposta e dopo un lungo giro fosse venuto a trovarsi al posto di quell’uomo in quella piazza. Ormai, da quel suo passato vero o ipotetico, lui e’ escluso; non puo’ fermarsi; deve proseguire fino a un’altra citta’ dove lo aspetta un altro suo passato, o qualcosa che forse era stato un suo possibile futuro e ora e’ il presente di qualcun altro. I futuri non realizzati sono solo rami del passato: rami secchi.
Se ti dico che la citta’ cui tende il mio viaggio e’ discontinua nello spazio e nel tempo, ora piu’ rada ora piu’ densa, tu non devi credere che si possa smettere di cercarla.
L'inferno dei viventi non qualcosa che sara’; se ce n'e’ uno e’ quello che e’ gia’ qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme.
Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo piu’.
Il secondo e’ rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all'inferno, non e’ inferno e farlo
durare e dargli spazio.
Italo Calvino da: Le citta’ invisibili (1972)
Prendendo spunto da un articolo comparso su Is Pearson Magazine, Humanitas e humanitates, allargando il campo di riflessione, mi vengono in mente alcune considerazioni.
Come giustamente detto nell'articolo, la corrente culturale dominante negli ultimi quarant'anni, prescindendo dai suoi indubbi meriti, ha anche portato con sé una serie di danni collaterali non indifferente. Destrutturando dalla radice, eradicandoli quasi, alcuni dei valori fondanti la cultura occidentale, il Postmodernismo ha messo in crisi le nostre stesse strutture sociali, economiche, politiche nonché etiche. Intendiamoci: la messa in discussione dei valori tradizionali e perfino della conoscibilità della realtà ha portato anche enormi progressi. Lo sviluppo tecnologico, la liberalizzazione dei costumi sociali, la distruzione degli schemi mentali dogmatici e arcaici, sono tutti progressi che, eccezione fatta per gli ortodossi conservatori, in pochi possono davvero mettere in discussione.
Ma sappiamo bene come il processo di relativizzazione e di allontanamento da un'etica condivisa a favore del liberalismo e dell'individualismo portati agli estremi hanno portato anche alla crisi politica e "morale" (per quanto si possa oggi parlare di una morale pensando ad una morale oggettiva) che viviamo quotidianamente. Di fatto il pensiero debole, negando la possibilità stessa della nascita di nuove ideologie e di un'etica conseguente, pone in essere lo sfascio della nostra struttura sociale così come si è organizzata negli ultimi secoli.
Senza peraltro lasciar trasparire una nuova prospettiva. In questo senso il Postmodernismo non è stato altro che la sistematizzazione sociale del nichilismo di Nietzsche.
Vediamo il costituirsi di una nuova società apolide perché lontana da ogni appartenenza ad un territorio (e successivi rigurgiti localistici delle formazioni di destra), apolitica, priva di ideologie, ma anche astorica e amorale.
Al riguardo trovo finora maldestri i tentativi del New Realism di trovare un nuovo bandolo della matassa. Ancorarsi al "fatto", ritenendolo comunque dato incontrovertibile, significa semplicemente bypassare le conclusioni filosofiche degli ultimi decenni, senza confrontarsi con esse, senza avere il coraggio o la forza teorica di superarle.
Abbiamo bisogno di superare il Postmodernismo, abbiamo bisogno di una nuova cultura che, nell'irrazionalità abbia la forza e il coraggio di trovare un suo senso.
Nell'inferno dei viventi di Calvino l'ordine è un ordine del tutto umano, convenzionale se vogliamo, ma è l'ordine che dovremo trovarsi per poter vivere.
Dovremo recuperare la capacità di destare lo scandalo sociale, perché è forse, e molto semplicemente e umanamente, meglio vivere in un mondo dove desta sdegno l'immoralità del singolo, che però porterà alla riflessione e al superamento dei legacci e dei tabù, piuttosto che vivere in un mondo dell'amoralità dei molti, per sua stessa natura statico e asfittico.
Dovremo creare nuovamente la capacità di creare il dubbio, non il fugace sguardo su un tweet di 140 caratteri, l'interesse passeggero di chi, concentrato sulla propria individualità non si pone più il problema del prima e del dopo e del fuori il suo piccolo cerchio. Dovremo creare nuovamente il dubbio metodico così come lo stesso Nietzsche lo pensava, ben prima che il suo nichilismo annullasse le altre ideologie, divenendo esso stesso ideologia.
È la sfida del nuovo millennio, superare il lascito, l'ultimo, del secolo breve che, forse, così breve non è stato se, ancora oggi, viviamo delle sue idee.
lunedì 22 ottobre 2012
Sulle origini giudaico-cristiane dell'Europa, il concetto di origine e di tradizione
Apologia del cazzeggio
Prendendo spunto da un recente articolo comparso su Rivista studio vorrei dire due paroline sul valore del cazzeggio. Argomento apparentemente abbastanza frivolo. Eppure chi di noi non ha mai provato vividamente la sensazione che un po' di sano cazzeggio gli avrebbe salvato la vita?
Ci sono giornate, mi sembra evidente, in cui la soglia di stress a cui siamo soggetti raggiungi livelli massimi di sopportazione: sono quelle le giornate in cui ci viene in soccorso il sacro fuoco del cazzeggio, quando stendersi e leggere un buon libro o un buon fumetto, ascoltare musica o vedere un film, o anche semplicemente uscire di casa e vedere il tramonto dalla panchina di un parco sono rimedi ben più consigliabili di farmaci e medicine. Con buona pace della produttività, dello stato sociale, di comunismo, marxismo, liberismo, austerity e menate varie. Quando ci condanniamo dentro gli schemi delle nostre rappresentazioni astratte e dimentichiamo che si lavor, si produce, si fatica per vivere, non il contrario, allora ci viene in soccorso il dolce far nulla.
Del resto, già per gli antichi, l'otium era ben più importante del negotium.
Con queste parole Calvino cominciava il suo Se una notte d'inverno un viaggiatore, e non credo ci sia molto altro da aggiungere
Stai per cominciare a leggere il nuovo romanzo Se una notte d'inverno un viaggiatore di Italo Calvino. Rilassati. Raccogliti. Allontana da te ogni altro pensiero. Lascia che il mondo che ti circonda sfumi nell'indistinto. La porta è meglio chiuderla; di là c'è sempre la televisione accesa. Dillo subito, agli altri: «No, non voglio vedere la televisione!» Alza la voce, se no non ti sentono: «Sto leggendo! Non voglio essere disturbato!» Forse non ti hanno sentito, con tutto quel chiasso; dillo piú forte, grida: «Sto cominciando a leggere il nuovo romanzo di Italo Calvino!» O se non vuoi non dirlo; speriamo che ti lascino in pace.
Prendi la posizione piú comoda: seduto, sdraiato, raggomitolato, coricato. Coricato sulla schiena, su un fianco, sulla pancia. In poltrona, sul divano, sulla sedia a dondolo, sulla sedia a sdraio, sul pouf. Sull'amaca, se hai un'amaca. Sul letto, naturalmente, o dentro il letto. Puoi anche metterti a testa in giú, in posizione yoga. Col libro capovolto, si capisce.
Certo, la posizione ideale per leggere non si riesce a trovarla. Una volta si leggeva in piedi, di fronte a un leggio. Si era abituati a stare fermi in piedi. Ci si riposava cosí quando si era stanchi d'andare a cavallo. A cavallo nessuno ha mai pensato di leggere; eppure ora l'idea di leggere stando in arcioni, il libro posato sulla criniera del cavallo, magari appeso alle orecchie del cavallo con un finimento speciale, ti sembra attraente. Coi piedi nelle staffe si dovrebbe stare molto comodi per leggere; tenere i piedi sollevati è la prima condizione per godere della lettura.
giovedì 18 ottobre 2012
La cultura fra resistenza e innovazione
Ancor di più stupisce come questa confusione sia foriera di conseguenze negative per quelle istituzioni che dovrebbero "fare cultura", tacciate di volta in volta di essere chiuse in se stesse e auto referenziali, conservatrici e non al passo con i tempi o, al contrario, inutilmente impegnate in ricerche costose e senza alcun scopo pratico.
Capita spesso, parlando con gli amici, che qualcuno sollevi il dubbio su questa o quella ricerca medico-scientifica, fisico-astronomica. E non parliamo delle scienze umane, lì dove si fa fatica a fare capire anche solo che si possa fare ricerca, figuriamoci a fare capire che quella ricerca può anche essere utile ("ma scusami, se l'Eneide è quella da 2000 anni, a che serve studiarla ancora?").
Eppu, che la cultura, intesa come ricerca, studio e produzione critica, sia avulsa dall'esercizio comune del vivere, è sicuramente un bene: se il mondo della scuola e della ricerca, per esempio, avessero seguito esclusivamente i dettami della politica e del presunto buonsenso, oggi il mondo non sarebbe lo stesso. Si pensi al ventennio fascista in cui la scuola e le università sono state polo di resistenza, o alla rivoluzione culturale degli anni '70, quando, se la Cultura si fosse esclusivamente poggiata sui dettami della DC, non avremmo avuto quei profondi cambiamenti culturali che hanno portato ad un paese più aperto alla critica del poter costituito, con tutte le contraddizioni del caso.
Allo stesso tempo la Cultura, nel suo libero arbitrio, deve esser aperta alle innovazioni. Penso alle teorie rivoluzionarie di Freud nell'800, così come alle ricerche stupefacenti sulla relatività, della fisica quantistica, fino ad oggi al lavoro del CERN di Ginevra, con tutte le conseguenze anche per le scienze umane. Senza la relatività sarebbe difficile immaginare esistenzialismo prima e postmodernismo poi, con il carico di responsabilità e di libertà di queste correnti culturali.
La Cultura, lì dove mantiene la sua libertà, ha in sé gli anticorpi contro gli eccessi, contro i qualunquismi. È ad un tempo innovativa e conservatrice, cultura di ricerca e di resistenza contro giovanilismi, corsa all'ultimo bene di consumo e alla banalizzazione di quanto, nel mondo, la Cultura è capace di creare e influenzare, ovvero la vita stessa.
sabato 13 ottobre 2012
Il bastone, la carota e l'imbarbarimento autoritario
Questo governo già da qualche tempo soffre di una deriva autoritaria e barbara, che ricorda epoche già vissute. Sulla, si spera falsa, certezza dell'inevitabilità di questo esecutivo e di una sua prosecuzione si sta giocando il destino politico di questo paese, sulle spalle di cittadini che si vogliono sempre più acquiescenti.
Dire che gli Italiani vanno trattati con il bastone e la carota: una dichiarazione in stile mussoliniano, così come il rilasciare in continuazione proclami; decidere tutto dall'alto nell'arco di una notte, imporre le decisioni, screditare i lavoratori; evitare di prendere decisioni controverse che potrebbero causare perdite di voti e colpire sempre i ceti più deboli.
Quest è una politica autoritaria: l'ultima volta che l'Europa ha imboccato questa strada, condendola di austerità, ha visto la luce solo dopo i campi di concentramento.
giovedì 11 ottobre 2012
Cosa sta accadendo nel mondo della scuola e perché questa notte difficilmente dormirò
Insegnanti di ruolo: ovvero, mi lamento che la scuola fa schifo ma non sciopero e non mi muovo neanche se sono pagato. E ora?
La realtà è che non ho dubbi che scioperi per questi motivi otterrebbero adesioni bassissime: la classe degli insegnanti è composta da fin troppi pecoroni pronti a lamentarsi se la macchinetta del caffè non funziona, ma a non smuovere un muscolo se vengono toccati i posti di lavoro altrui. Fermo restando che poi dovrebbero insegnare l'educazione civica.
Si protesta tanto contro il concorso, legale e legittimo, e nessuna voce si alza contro questi tagli mascherati. E allora diciamocela tutta: quanti insegnanti in ruolo supererebbero il concorso? Perché non le rimescoliamo davvero le carte, ci rimettiamo tutti in gioco e vediamo davvero chi dovrebbe insegnare in Italia?
Spesso i miei colleghi sono la dimostrazione che chi insegna in Italia lo fa perché cercava semplicemente un posto fisso: ma forse poi lo capiranno che con 24 ore lavorative perdono il sacrosanto giorno libero (e vaglielo a spiegare che poi il giorno libero non è neanche sancito dalla legge ma è una consuetudine...)
mercoledì 10 ottobre 2012
Le ragioni di chi sciopera
Ecco, dategli il pretesto per calpestarci, dategli il modo per farlo, e poi lamentatevi che le vostre lamentele silenziose non sono state ascoltate. Per poi alla fine tuonare dietro cattedre che non meritate che, ecco, lì al comando stanno solo ladri, che fanno tutti schifo, che la scuola come qualsiasi altro diritto viene massacrato da politici corrotti e banchieri.
Ma la realtà è che, come in ogni organizzazione mafiosa che si basa sul silenzio, voi che tacete di fronte ai veri diritti che spariscono nel nulla, voi che tacete quando la carta costituzionale viene calpestata semplicemente perché nel vostro misero "particulare" vi conviene, voi siete loro complici, mafiosi, pusillanimi e corrotti come loro; solo che loro almeno hanno il coraggio di esserlo
Sebastiano Cuffari, Doceo
Nel gelo del mese di rapida morte
Si sta, soli
Al nido novello
Solo attendendo l'estivo addio
Verso un'alba rosata
Sconcerti, addenda sugli scioperi e le proteste nel comparto scuola
Non so ancora se parteciperò allo sciopero di venerdì: sono ovviamente contrario agli ennesimi tagli alla scuola, ma favorevole al concorso, e francamente mi dà fastidio unirmi sl baccano di chi oggi protesta contro un concorso legittimo mentre, per comodità, non muoveva dito contro le incostituzionali code del ministro Gelmini o la cancellazione del diritto al trasferimento di provincia del ministro Fioroni. I paladini dei diritti di oggi sono, nel non detto, i paladini dell'illegalità di ieri.
Ma questo è brutto da sentirsi da dire per chi pretende diritti che forse non ha.
martedì 9 ottobre 2012
Sebastiano Cuffari, Piadina
Trafitto da morsi di fame
Ed è subito cena
venerdì 5 ottobre 2012
La giornata dell'insegnante: e io ringrazio ancora i miei alunni
martedì 2 ottobre 2012
La casta
Una casta oggi è un gruppo di persone che si oppone, da una condizione di potere, all'essere trattato in maniera paritetica agli altri
Una casta oggi è un gruppo di persone che si arroga condizioni di vantaggio rispetto agli altri ceti sociali
Una casta oggi è un gruppo di persone che legifera o fa legiferare nel suo interesse, o già solo impedisce che le leggi vigenti siano applicate ai propri interessi.
Una casta si oppone ad ogni tentativo di riforma della propria condizione che possa ledere le proprie condizioni di vantaggio, che esse siano state raggiunte lecitamente o no
Una casta discute, dibatte e decide in maniera assolutamente autoreferenziale, escludendo dalle decisioni ogni orizzonte che vada oltre l'hinc et nunc del suo interesse, mancando di prospettiva storica
Una casta sbraita e protesta solo quando vengono toccati i propri interessi, mai semplicemente perché una scelta, popolare o impopolare che sia, possa anche essere illegale o incostituzionale.
Nella casta la solidarietà esiste per compartimenti stagni, secondo gerarchie di subordinazione, in cui gli ultimi anelli possono essere anche quelli sacrificabili e di cui non si piangerà la scomparsa.
Chi entra a fare parte della casta chiude gli occhi di fronte alle reali necessità della realtà fuori dalla casta, per occuparsi esclusivamente del raggiungimento del suo obiettivo, che sia l'arricchimento personale, una posizione di prestigio o semplicemente la sicurezza del posto fisso.
Raggiunto l'obiettivo personale, la solidarietà di casta scompare.
Sarà mica che gli insegnanti, noi insegnanti, siamo ancora una casta, per quanto fra le più miserabili?
The Pitt, R. Scott Gemmill
The Pitt, ideata da R. Scott Gemmill, è una serie TV messa in onda su HBO e prodotta da Warner Bros, con protagonista Noah Wyle....
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Quella che leggete è la mia risposta alla lettera del collega Matteo Radaelli , pubblicata sul Corriere della sera giorno 2 settembre e onl...
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Per chi si chiedesse come fare ad allontanarsi dai social network dei broligarchi di Trump, un po' di alternative: 1. Friendica , la cos...
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http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/7/7f/Tomba_Della_Fustigazione.jpg La sessualità nell’antichità viene spesso considerata ...





