sabato 30 novembre 2013

Poi non dite che non ve l'avevo detto

Non per fare il maestrino, ma sono tre anni che (in pochi) diciamo che il vero rinnovamento del PD sta in persone come Pippo Civati, ovvero gente che ha il buonsenso per essere radicale, l'umiltà per ascoltare la gente e la franchezza per dire le cose come stanno. Ma in questo paese piacciono solamente i parolai alla Baricco.
Per la foto ©2013 imagoeconomica

martedì 26 novembre 2013

Dialogando con Tolstoj, Confessione

Leggere Confessione di Tolstoj è un'esperienza. Per chi, come me, professa il suo ateismo, questa lettura è a tratti frustrante, snervante. Si ha talora l'impressione che la scrittura dell'autore voglia nascondere una malafede di fondo: anziché il viaggio di un ritorno alla fede, si ha talora l'impressione di una fede che vuole autogiustificarsi nella sua consapevole irrazionalità delineando un viaggio di progressivo riavvicinamento, passando dalle strettoie della fede e della filosofia.
Eppure non si può non rimanere ammirati dalla lucida consapevolezza di uno scrittore che, pur ritornato ad una fece sincera e profonda, non fa mistero di riconoscere la difficoltà nell'accettare quanto di dogmatico, misterioso e folkloristico è presente, nel suo caso, nella fede cristiana. Pratiche eppure accettate in nome di una fece popolare ben più sincera e profonda, a detta di Tolstoj, rispetto alla visione intellettualistica a cui rischiava di giungere il suo percorso.
Una riflessione profonda, che la si condivida o no, in un dialogo serrato tra ragione e spirito religioso.

Masterpiece

Allora, spinto dalla curiosità ho provato a vedere la seconda puntata di Masterpiece, in onda in seconda serata su Raitre la domenica. L'ho fatto spinto dalle polemiche sorte sull'idea di un talent show incentrato sulla scrittura.
Onestamente, temevo molto peggio. Ovvero, è evidente che il programma, rientrando nel genere talent, soffre dell'eccessivo interesse sulle biografie dei singoli concorrenti, ma in realtà in altri show dello stesso genere abbiamo visto fare molto di peggio. Inoltre la lettura di brani dei diversi romanzi dei concorrenti, così come delle loro produzioni per le diverse prove a cui vengono sottoposti, rende abbastanza l' idea di cosa viene inteso dai giudici come buona scrittura.
Il tutto in certi momenti da un po' troppo di Masterchef dei poveri, ma è anche vero che bisogna attendere lo spostamento in prima serata e la parte finale del gioco per avere chiaro quale sarà il reale taglio del programma.
Insomma per ora si tratta di una promozione, anche se condizionata.

lunedì 25 novembre 2013

In stazione, Sebastiano Valentino Cuffari

Il treno ha fischito, troppo presto, perché arrivo in stazione quando sento i suoi vagoni sferragliare un lontananza. Cazzo. È già sera quando  sono seduto in stazione.
È sera, dicevo, e siamo in quattro, attendiamo il treno che ci porterà a casa dopo una giornata di lavoro o di studio o fate un po' voi, insomma, credo che il concetto sia chiaro. Fuori il buio della notte ha già coperto le montagne in lontananza e un leggero venticello raffredda la serata, annuncia una nottata di pioggia: non un temporale, ma una pioggia fitta che a breve, si spera, accompagnerà il nostro viaggio.
Noi quattro sospiriamo, il treno viene annunciato in ritardo: la voce metallica agli altoparlanti si scusa dell'attesa mentre la signora di fronte a me scioglie una sciarpa troppo stretta, viola come il collo che libera. Si scusa con chi? Non si sa bene, così dobbiamo ascoltarla indifesi mentre scandisce le sillabe di un rosario laico uguale, sempre, in ogni stazione di questo dannato paese. La signora si toglie il cappotto bianco con bottoni in legno, lo ripiega con cura sul braccio destro. Dopo di che afferra un telefono cellulare ed inizia a parlare con una sua amica, stancamente. Nel racconto della sua giornata di lavoro la sua voce si fa sommessa, un lamento diffuso nella sala d'attesa.
Una ragazzina aspetta di tornare a casa da scuola, avrà quanto? Tredici anni? Sembra che aspetti lì da una vita. Tiene in braccio un libro mentre siede in maniera scomposta sulla sua sedia. Il suo volto ha i lineamenti giovani, deve essere nel pieno della pubertà; gli zigomi sono spigolosi, ancora devono prendere le forme morbide di una bellezza che per ora si può solo immaginare. Sotto gli occhiali spessi di osso, neri come la notte di fuori che si fa sempre più fitta, degli occhi grandi, vispi, rincorrono le luci della sala, seguendo le mani che nervosamente massacrano le unghie e i polpastrelli. La ragazzina decide di mettersi in piedi e passeggiare, quello stare ferma la fa stare male, percorre a passi veloci decine di volte la diagonale della sala, scansando i sedili liberi;il suo passo è goffo, sembra un anatroccolo, dondola con le spalle mentre le scarpette basse, blu e rosse, suonano pesanti sul pavimento della sala, delle mattonelle avana con delle striature rosate che vogliono imitare il marmo, senza averne la fortezza.
Osservo analiticamente chi mi sta intorno, è il mio lavoro, faccio il giornalista o il filosofo, non me lo ricordo più. Per ogni movimento cerco di spiare un qualche segno nascosto, un'espressione sbucata fuori dal nulla, una qualche parola sfuggita a mezzabocca che possa lasciare spazio alla vera essenza delle persone, quella che tutti noi cerchiamo di nascondere, io per primo. Nel mio dirvi del resto che sono un filosofo o un giornalista, mento sapendo di mentire, perché forse non sono né l'uno né l'altro, forse sono solamente un disonesto rigattiere, un viaggiatore, un facchino, un diplomatico o un muratore. Forse quello che sono si mescola con quello che vorrei essere e che sarei stato se il tempo fosse stato dalla mia parte. Forse non è il tempo a non essermi stato alleato, forse sono io a non essere in grado di vivere e neanhe di osservare. Forse questo è solo uno sproloquio dovuto al fatto che poco prima di entrare in stazione ho deciso di bere qualche bicchiere di prosecco al bar, tanto per lasciarmi indietro una giornata da dimenticare. O forse, infine, questo paroliere naif è la maschera che indosso per nascondere un bluff di cui, io soltanto? Sono ben consapevole.
Che cosa hai fatto oggi, chiede la prima signora al telefono alla sua interlocutrice, senza attendere risposta, e nel frattempo scarta una caramella all'arancia da una confezione rossastra. La signora si schiarisce la voce grattandosi ls gola e inizia a parlare, sovrastando con la sua voce quella della persona dall'altro lato della cornetta, racconta di una lunga giornata al tribunale, dei soliti problemi che le ha già menzionato un'infinità di volte, tanto da non avere ancora voglia di parlarne; la persona all'altro capo del telefono sembra capire, tanto da cercare di cambiare discorso, non senza intercalare con una qualche battuta incomprensibile che fa sorridere la donna dentro la sala. Ti ho detto dell'ultima novità, tu potevi immaginare che quei due potessero stare insieme? Ci provano ancora una volta, ormai cos'è? Il quarto tentativo? Io direi che certe persone sanno solamente farsi del male. Che poi, se avessero voluto fare sul serio, avrebbero dovuto farlo molto tempo fa, quando ancora sia lui che lei erano in età per avere dei figli. Ora a che serve? A farsi compagnia l'uno con l'altra?
La ragazzina passeggia mentre la voce all'altoparlante, con aria assente, annuncia che il ritardo è cresciuto ancora, d'ora in avanti dovremo fare attenzione perché il nostro viaggio potrebbe essere cancellato. La ragazzina accoglie la notizia con uno sbuffo, pesta un piede e inizia a ticchettare con le mani contro il pomello della porta che dà sui binari, e già fuori non si vedono stelle, la pioggerelina scende fitta ed il vento scuote i rami degli alberi.
Per terra, rannicchiato accanto ad un muro, un uomo. Il suo odore di dolore riempie la stanza, ci inonda, ci dice che il nulla che sappiamo della sua storia è tutta la sua vita. Evitiamo di guardarlo, ma non so dire se sia pudore o paura.
Accanto a me c'è un mio amico uno di quelli con cui diciamo che ci conosciamo da anni, ma è la prima volta che mi capita di fare con lui questo viaggio. Io percorro spesso questa tratta, sono un pendolare, mi sposto ogni giorno per andare a lavorare e poi tornare a casa, qualunque sia il mio lavoro. Quando arrivo è già sera: spesso ho a stento il tempo per una doccia, preparo qualcosa di precotto da mangiare e poi a letto, perché dopo poche ore ci sarà di nuovo da prendere un treno. A volte mi capita che le cassiere dei supermercati mi prendano in giro per la roba che acquisto: effettivamente immagino che le mie scorte di scatolette, insaccati e pasta precotta possano sembrare eccessive, ma non sono mai stato uno dal palato sopraffino e, per quanto riguarda il cibo, più che a vivere per esso tendo a sopravvivere.
Che poi in realtà a me piace viaggiare, mi dà la possibilità di vedere paesaggi che imparo a conoscere e ad amare, mi dà il tempo di riflettere. Non quei viaggi lunghi, quelli he solo a pensarci ti sale lo stress, no, quelli non mi interesano: a me interessano i viaggi abitudinari, quelli che fai ogni giorno, qurlli talmente alienanti che, se solo ne hai voglia, ti danno il tempo di impazzire o imparare a cconoscerti, non senza che le due cose possano avvenire contemporaneamente. Se guidassi un'auto non riuscirei allo stesso modo, dovrei fare attenzione alla strada, agli altri autisti, alle altre macchine; avrei la sensazione del tempo che sfugge tra le mie dita inutile, come se quel viaggio fosse il vero padrone della mia vita. Così invece le ore trascorse seduto a guardare dal finestrino o a osservare gli altri viaggiatori nei loro scampoli di vita sono mie.
Un cane ci guarda dall'ingresso della stazione. La stazione è piccola, sonnacchiosa mentre ormai la luna si fa alta. Dalla cittadina di provincia le voci si fanno sempre più smorzate, sembra che tutto debba sparire. Anche le auto sembrano non volersi avvicinare alle nostre facce, la mia, quella del mio amico accanto a me, quella della ragazzina, quella della donna con il cappotto e quella dell'uomo rannicchiato per terra. Sembra morto. No, respira, lentamente ma respira. Il cane piscia contro la porta e se ne va.
Il mio amico è uno scrittore. Uno di quelli bravi, intendo, non come me che butto giù qualche riga ogni tanto più per sfogo che per arte. Lui è uno di quelli che le parole sa metterle di fila, sa come arrivare al dunque, uno di quelli affermati, di quelli che può anche permettersi il lusso di dire agli altri come scrivere e come pensare. Non è come me che quando scrivo mi perdo fra mille rivoli, mi lascio trascinare dalla corrente, lascio che le immagini si facciano suoni, che piombino sulla carta con tutta la loro pesantezza, senza ritegno né pudore, come un adolescente che ancora non ha imparato che il mondo non ruota intorno a lui. No, lui sa come farsi leggere.
Ma è sempre così in ritardo questo treno, mi chiede il mio amico. È stanco, ha trascorso la giornata in ospedale a fare visita a suo fratello, gli è nato un nipote, tornerò domani, magari sul tardi, è uno spettacolo, la cosa più bella che ci potesse capitare. Annuisco, sorridendo stancamente, avrei solo voglia di essere sdraiato sul mio letto, non faccio neanche lo sforzo di tentare di immedesimarmi, anche se dovrebbe venirmi naturale. Un parto tranquillo, quattro chili di bambino, sprizza salute da quelle sue belle guance rosse rosse, esclama, tutto contento, sembra un coglione patentato, mica un intellettuale.
L'uomo rannicchiato respira ancora, sembra farlo malgrado il fastidio che dovrebbero procurargli tanti estranei a quell'ora in quella che in fondo è casa sua. Veste una felpa scura, il cappuccio copre parte del suo capo, mentre dei vecchi jeans si stendono a coprire le sue gambe. Non porta calze, solo delle vecchissime scarpe da tennis bianche. Sentiamo tutti il forte odore di urina, e tutti ci convinciamo che sia stato il cane.
Con il mio amico ci mettiamo a discutere. Ci siamo conosciuti all'università, studiavamo insieme lettere. Amavamo entrambi gli antichi, cimentarci nelle traduzioni di quei testi. Quei testi scritti in lingue che ormai nessuno più parla e che hanno così tanto da dire, almeno stando al mio amico. Io non lo so, ho smesso di pormi il problema. Ora il mio amico lavora all'università, insegna letteratura, mentre io sono finito a fare tutt'altro, impiegato alla motorizzazione, dico, ma forse sono un giornalista, o un filosofo, o mi sembra di suonare il piffero nella banda del quartiere. Meglio di niente, visti i tempi che corrono. Del resto di letteratura sono in pochi a vivere.
Scherziamo mentre l'allegra litania dell'altoparlante ci ricorda che il treno si sta lentamente avvicinando, eccolo, forse fra poco si vedrà, comparirà rannicchiandosi sul binario, quasi cappottandosi nella curva che precede la stazione e poi sarà qui. È notte, fa freddo e di intellettuali che mi parlano di bambini che non conosco e di lingue che non servono non ne posso già più. La signora è ancora al telefono, discute animatamente di cucina thailandese, sbuffa, gesticola, le sue mani lisciano la sua giscca, quasi a tenerla a bada.
Credo che la ragazzina abbia scavato una retta, la diagonale esatta della sala, con cura certosina, non c'è che dire, ha fretta, forse ha paura, forse le hanno instillato il terrore degli adulti che potrebbero approfittarsi di lei, magari ha anche un po' strizza del buio, ma figuriamoci se ne parla con le amiche quando si vanta di avventure con questo o quel ragazzo. Forse non ha mai neanche sfiorato le labbra di un ragazzino, o forse ha già conosciuto persino il sesso, io non lo escludo. Tutto sommato non sono affari miei, e comunque ha tutto il tempo per conoscere quella che sarà la sua futura tragedia.
Sono sempre più sicuro che l'odore di urina non sia colpa del cane.
È arrivato il treno, finalmente posso sparire, dileguarmi, i miei compagni di viaggio si nascondono fra i vagoni, il mio amico scende alla prima stazione, per fortuna.
Io non so se quell'uomo respirasse ancora mentre mi allontanavo dalla stazione.

venerdì 22 novembre 2013

L'uomo del tre per cento, Henry A. Wallace

Quando si candidò alla presidenza degli Stati Uniti, Henry A. Wallace raccolse solamente il 3% dei consensi. Una miseria, tanto che in pratica la sua carriera politica si concluse lì.
Wallace, l'uomo del 3%, malgrado fosse stato il vicepremier di Roosvelt.
Ma Wallace non fu l'uomo del consenso pubblico, né uomo appoggiato dai grandi poteri, ed il motivo è piuttosto semplice: non diceva alla gente quello che voleva sentirsi dire, ma ciò che occorreva fare.
Così Wallace fu partecipe del New Deal di Roosvelt, e Roosvelt stesso non poteva non parlare di Wallace come del miglior americano possibile. Ma poi, quando l'opinione pubblica voleva sentirsi dire che i Giapponesi erano sporchi musi gialli, Wallace si oppose a Truman e al suo bombardamento nucleare, Truman, il presidente imposto dai poteri forti e dalle gerarchie del partito, colui che venne celebrato come un eroe, mentendo, perché con le sue bombe aveva impedito la morte di tanti Americani nell'invasione del Giappone. Eppure in realtà il Giappone si arrendeva perché temeva l'invasione dell'Armata Rossa che già conquistava la Manciuria.
Wallace in seguito propose la collaborazione con gli USSR, invano, perché l'America di Truman voleva imporsi come potenza, perché questo era quanto volevano sentirsi dire gli Americani, di essere i primi della classe. E così Wallace dovette lasciare il governo Truman, fondare un proprio partito.
Wallace ottenne solo il 3%, dicevamo. Se la sua intelligenza politica si dovesse misurare sul suo consenso, egli sarebbe da considerare un folle. Eppure fu il miglior politico della sua generazione, e se il suo 3% fosse prevalso, forse ci saremmo risparmiati Hiroshima e Nagasaki, il dopoguerra, il muro di Berlino, la Guerra Fredda.
Ma Wallace raccolse solo il 3%

domenica 17 novembre 2013

Tablet o PC a scuola e la questione del metodo

Lavoro ormai da anni cercando di integrare le nuove tecnologie nella didattica di quelle materie che, apparentemente, sono più lontane dall'informatica, come l'insegnamento della letteratura italiana, della geografia o della storia.
Ultimamente poi mi sto trovando a confrontare l'uso di diversi device nella didattica, e  devo dire che per me la scelta fra PC o tablet è abbastanza scontata. Il tablet vince a mani basse grazie ad una migliore predisposizione alla lettura, una durata maggiore della batteria, un numero infinitamente maggiore di applicazioni dedicate alla didattica e alla scuola.
Se poi la scelta si dovesse restringere, non avrei ancora problemi a dire che preferisco Android ad IOs, grazie al numero di applicazioni freeware, open source, alle applicazioni dedicate al mondo dei disturbi dell'apprendimento o delle disabilità.
L'informatica a scuola, come serie di strumenti rivolti alla didattica prima ancora che come disciplina, è una risorsa immensa, che il nostro paese sfrutta ancora veramente poco, sia per i limiti finanziari delle risorse dedicate alla scuola, sia per la forma mentis, ancora troppo diffusa, dei nostri insegnanti, spesso ancorati a forme d'insegnamento e a metodologie provenienti da decenni di pratica, come se la pratica, senza l'aggiornamento, possa essere la sola risposta alle domande che le nuove generazioni di alunni ci pongono.

sabato 16 novembre 2013

La montatura de Il Fatto Quotidiano sulla telefonata di Nichi Vendola

http://www.ilpost.it/davidedeluca/2013/11/15/cosa-breve-sulla-risata-vendola/
Al link riportato qui sopra è possibile ascoltare l'intercettazione completa che in questi giorni sta mettendo in difficoltà il governatore della Puglia Nichi Vendola. A partire dalla pubblicazione di uno stralcio dell'intervista su Il Fatto Quotidiano, opportunamente montata per far dire a Nichi Vendola quello che si vuole, sul governatore pugliese sono piovute critiche e come al solito è partito il gioco al massacro del tutti sono uguali. Se però ci rimettiamo all'intercettazione completa ci accorgiamo di come Vendola non rida dei tumori, come è stato accusato, ma invece della situazione in cui è avvenuto il tentativo di intervista: sgradevole quanto vogliamo, ma sicuramente una cosa diversa.
Viene a questo punto da chiedersi quale sia la volontà politica dietro questo attacco che ha molto del metodo Boffo: un attacco in cui si inventano le prove per screditare un nemico politico in favore di un movimento ad esso antagonista e che ne soffre la concorrenza. Non parlo ovviamente del PD, ma piuttosto di un movimento massimalista come il Movimento 5 Stelle, sempre molto vicino alle posizioni de Il Fatto Quotidiano. Se è questo il metodo che il giornale vuole tenere per avvantaggiare questo o quel partito politico allora la sua credibilità scenderà sempre di più in basso, oppure forse al Fatto Quotidiano hanno scoperto che le vendite si fanno con lo scandalo

giovedì 14 novembre 2013

Omofobia, opinioni e scienza

Stai in classe e di fronte hai la tua bella dose di preconcetti omofobi provenienti da uno scellerato retaggio culturale. Di scuti animatamente, adoperi ogni dimostrazione scientifica che conosci per mostrare ai tuoi alunni come con metodo rigoroso si posano confutare le tesi di chi sostiene l'omosessualità una malattia. Ma ecco che interviene un alunno, uno che sarebbe anche bravo, prof. ma questa è la mia opinione, è ciò che mi ha insegnato mio parte, lei vuole cambiare le nostre opinioni e non è giusto.
No, rispondo, perché qui non stiamo parlando di opinioni. Perché siamo tra le opinioni finché discutiamo di qualcosa di incerto, soggettivo. Ma se discutiamo di dati scientifici dobbiamo essere rigorosi ma tendere alla verità fino a prova contraria. E allora se oggi la scienza ci dice che l'omosessualità non è una malattia, che si tratta di un'identità sessuale fra le altre possibili, che fra identità sessuale e sesso biologico c'è differenza, che l'omosessualità non è contro natura tanto che è dimostrata in circa 1500 specie animali, se la logica stessa tramite il paradosso di una comunità totalmente omosessuale che discriminasse un eterosessuale ci dimostra la stupidità dell'omofobia, allora di omofobia non si dovrebbe discutere più e dovremmo avere il coraggio di dirci che siamo molto più razzisti i quanto vogliamo vedere.
Perché se ti dimostro che la a terra è sferica e gira intorno al sole con l'esperimento, quando mi dici che la terra è piatta e sostieni che è un'opinione sostieni una cazzata. Punto.
Se le analisi ti diagnosticano un cancro e un passante sostiene che hai l'influenza, ti curerai il cancro perché fino a prova contraria il metodo scientifico è un attimo più affidabile dell'opinione del passante; eppure per l'omosessualità come per molti altri temi ci affidiamo ai passanti.
Poi ci stupiamo di come per vent'anni ci abbia governato uno che per ogni frase detta aveva pronto il seguito, mi avete frainteso.

martedì 12 novembre 2013

Se i genitori insultano gli insegnanti, o della dignità del lavoro

Compare oggi su Repubblica online un interessante articolo che pone la questione di cosa un insegnante dovrebbe fare nel caso in cui venga aggredito verbalmente o fisicamente dai genitori di un alunno. Nel caso specifico, il padre dell'alunno, a detta dell'articolo ora pentito, essendo un poliziotto, in caso di querela rischierebbe la carriera.
Certo, tutto sta alla coscienza della docente in questione.
Ma l'autorevolezza della docente compromessa dal genitore di turno che pensa di saperne di più in merito alla valutazione di figli che, nella gran parte dei casi, vengono mandati allo sbaraglio a scuola, sempre più frequentemente descolarizzati, quell'autorevolezza che è la base stessa del lavoro di insegnante che quel genitore ora da compatire ha rovinato per sempre, quella carriera dell'insegnante che è irrimediabilmente in gioco ogni volta che un genitore fa una piazzata del genere, quella carriera, vale meno di quella del poliziotto? E se invece di un poliziotto ci fosse stato un negoziante? Allora si sarebbe potuto querelare?
Ecco il motivo per cui sono a favore del portare avanti fino in fondo la querela, perché la dignità di un lavoratore è sacra, anche quella degli insegnanti.

lunedì 11 novembre 2013

Ricordatichedevirispondere: la battaglia di Amnesty International per i diritti umani, in Italia








Tutti conoscono Amnesty International ed il suo operato in favore dei diritti umani in tutto il mondo, ma davvero in pochi sanno che Amnesty si muove anche nel nostro paese per il progresso o il riconoscimento dei diritti di quanti, per svariati motivi, in Italia sono sfruttati o discriminati.
Proprio per questo è con grande piacere, anche se, viste le circostanze, sembra un ossimoro, che promuovo l'iniziativa di ricordatichedevirispondere.it che promuove un appello suddiviso in 10 punti per introdurre anche in Italia il reato di tortura, fermare discriminazioni e femminicidio, proteggere i rifugiati politici, difendere i diritti umani e creare un'istituzione indipendente che si dedichi alla loro difesa, combattere l'omofobia, garantire condizioni degne nelle carceri, costringere l'Italia ad una lotta sera contro la pena di morte nel mondo, garantire il controllo sul commercio delle armi e imporre alle nostre multinazionali il rispetto dei diritti umani ovunque esse producano.
Si tratta di appelli importanti, soprattutto se guardiamo ai dati del Rapporto per i diritti umani del 2013. Appelli che non posso non condividere

domenica 10 novembre 2013

Katsuhiro Otomo, Akira

Akira, di Katsuhiro Otomo, tratto dall'omonima graphic novel dello stesso autore, è uno dei capolavori del cinema fantascientifico dei tardi anni ottanta. Quanto di buono e allo stesso tempo angosciante la fantascienza aveva saputo immaginare dopo la Seconda Guerra Mondiale e l'Olocausto nucleare di Hiroshima e Nagasaki, assieme all'emergere del filone cyberpunk, tutto emerge nell'opera di Otomo, assieme ad una verve mistica e ad un bisogno di purezza primigenia che richiamano tanti capolavori del genere, Blande Runner in primis.
Tetsuo, uno sbandato qualsiasi appartenente ad una gang di motociclisti, si trova coinvolto un una serie di esperimenti volti a scoprire l'energia primordiale che sta alla base della vita stessa. Alla sua ricerca si dedicano i suoi amici, Kaneda in primis, che dovranno fare i conti con una realtà inaspettata: una volta affiorati i suoi poteri, del Tetsuo che conoscono non rimarrà nulla, mentre il nuovo Tetsuo, incarnazione di un potere distruttivo e privo di controllo, seminerà il panico. L'unica speranza, se così si può chiamare, è data dall'intervento di Akira, anch'egli figlio degli stessi esperimenti che hanno portato Tetsuo alla follia e che ha raggiunto l'energia primigenia, pur venendo da essa consumato. Akira, ritornato alla vita, ferma Tetsuo, dopo che l'intero film è stato percorso dalla messianica attesa del suo ritorno. Ma l'avvento e la nuova dipartita di Akira non sono prive di conseguenze. Alla scomparsa di Akira di Neo-Tokyo non restano che le macerie, e i raggi di luce che compaiono allo sparire delle nubi non fanno altro che ricordare che il compito dei sopravvissuti sarà la rinascita.
In Akira quindi troviamo mescolarsi molte delle suggestioni della fine del ventesimo secolo: lo scoppio delle violente  proteste giovanili all'affacciarsi della crisi economica degli anni novanta, un mondo di disadattati al margine della società, l'attesa di una redenzione che provenga da istanze spirituali, la paura di un nuovo olocausto bellico, l'orrore per una politica corrotta e impotente.
Akira racchiude tanto di quanto è stato e in parte è ancora l'uomo dell'Occidente post-industriale, smarrito e impaurito, figlio della tecnica e a caccia di qualcosa che possa ancora nutrire la sua speranza.
Akira è quindi una pietra miliare della fantascienza moderna, un fumetto da leggere e un film da vedere assolutamente per chiunque voglia capire un po' meglio il perché in certi casi la storia di genere possa assurgere al grado di capolavoro.

L'espansione militare della Repubblica romana

L'evoluzione dell'Antico Egitto

Le Piramidi

La dinastia Giulio-Claudia


sabato 9 novembre 2013

Corsi online, MOOC e autoaggiornamento

Chi fa il mio mestiere già da anni i sente parlare di corsi online d'aggiornamento, spesso utili solamente per garantirsi qualche punto in più in graduatoria, ma che di aggiornamento hanno ben poco. In realtà il web può fornire molti strumenti a chi vuole aggiornare le sue competenze disciplinari e didattiche.
Negli ultimi mesi si è parlato molto di Mooc (Massive Online Open Courses) e di un portale, EDX.org, realizzato da un consorzio di università internazionali, che garantisce l'accesso a numerosi corsi online, in lingua inglese, di notevole qualità, totalmente gratuiti e con certificazione finale di frequenza. In realtà EDX non è il solo portale a fornire questo tipo di servizio, anzi spulciando in rete i siti che permettono la frequenza a corsi di livello universitario senza costi e con certificazione finale iniziano a crescere di numero.
Fra i vari mi fa piacere citarne qualcuno. In primis il portale OPENCULTURE, che spesso raccoglie e aggiorna l'elenco di corsi online frequentabili, anche se va detto che in molti casi si tratta di letture e podcast, spesso già catalogati in servizi simili come ItunesU della Apple.
Portali simili a quello di EDX sono invece Udacity, Iversity e Coursera. Tutti questi siti presentano un ricco elenco di corsi, riguardanti sia le scienze umane che quelle esatte. Addirittura in qualche caso è possibile rintracciare corsi non in lingua inglese. Coursera poi, a differenza di tutti i portali citati in precedenza, è anche dotato di apposite applicazioni per smartphone e tablet, che rendono più semplice la fruizione dei corsi anche in mobilità.
A ben cercare sia lo studente appena entrato all'Università che la persona già titolata potranno trovare corsi adatti alla loro voglia di tenersi informati e di aggiornarsi, con il non trascurabile vantaggio della multimedialità e della gestione autonoma dei tempi, pur dovendo rispettare un calendario di massima di chiusura dei corsi e dovendo comunque sostenere delle prove d'esame per conseguire le certificazioni.

giovedì 7 novembre 2013

Su Berlusconi, gli Ebrei, le leggi razziali e le persecuzioni

Tutti sappiamo che Silvio Berlusconi è un maestro nell'arte dell'uso della parola, giocando finché si può con i gangli della sua ambiguità. Non sorprendono affatto quindi le frasi riportate dall'ultimo libro di Bruno Vespa con cui compara la condizione della sua famiglia alle persecuzioni hitleriane degli Ebrei. Non sorprendono perché Berlusconi, forte dell'ambiguità del suo messaggio, l'ha potuto subitamente rettificare; ma intanto l'ha detto.
Occorre però andare oltre, e ricordare come sia un falso storico sostenere che l'appoggio e la solidarietà di Berlusconi verso le comunità ebraiche sia assoluta. Sono ancora ben impresse nelle menti di molti le numerose circostanze in cui Silvio Berlusconi ha sminuito le colpe del Fascismo, riducendole a sparuti errori, difatti falsificando la storia: si pensi solamente al fatto che le leggi razziali vengono promulgate qualche mese prima in Italia e poi in Germania.
Silvio Berlusconi ha a più riprese paragonato il suo governo e la sua persona al governo e alla persona di Benito Mussolini, ingigantendone i meriti, se mai ce ne furono, pur di poter sfruttarne tematiche e posizioni ideologiche a fini propagandistici, e questo paragone sulla famiglia Berlusconi non è che l'ultimo atto di una spregiudicata manipolazione della storia che comincia con il riuso de Il principe di Machiavelli, prosegue con la santificazione di uno spregiudicato corrotto e corruttore come Bettino Craxi, passa attraverso i controversi rapporti con la mafia, fino alle continue comparazioni con un'età dell'oro del Fascismo del tutto inesistente.
Un uomo che ha fatto e continua a fare male alla civiltà di questo paese, dando il largo ad ogni possibile populismo e processo di imbarbarimento della vita civile dello stato. Un cancro che s continua, in maniera ingiustificata, ad evitare di estirpare.

domenica 3 novembre 2013

Imparare ad essere umani

Penso che il motivo per cui spesso sono molto attento ai dati statistici è che dietro quei numeri ci sono delle persone. Ci facciammo caso poche volte, me solo pensassimo a quanto è radicale l'intervento dell'uomo sulla realtà intorno a noi, forse ci renderemmo conto di quanto l'antropizzazione voglia dire vedere uomini in ogni fenomeno di cui parliamo.
Così quando parlo dei dati sulla disoccupazione, in realtà parlo dell'uomo seduto di fronte a me in treno; quando discuto dei migranti, parlo dei ragazzi cinesi che abitano vicino al mio monolocale; quando parlo dei migranti, ho davanti ai miei occhi i kieimille viaggi dalla Sicilia verso il nord Italia e viceversa per prendere servizio ogni anno in qualche nuovo paesino.
Il rpblema, come diceva Arrigonii, è he dovremmo imparare ad essere umani.

In Grecia si uccide

In Grecia si uccide. Dovevamo aspettarcelo, dovevamo immaginare che primao poi sarebbe successo. Prima ha cominciato Alba Dorata, e ora che l'organizzazione neofasccista è decapitata somo gli xenofobi ad essere ccolpiti. Per strada, in piazza, dove capita.
La globalizzazione dei capitali, ei mercati, una gestione dissennata dell'eonomia che calpesta gli uomini non può non avere conseguenze. Anche nella ricca e colta Europa, anche nella patria ella filosofia.  Perché la fame viene prima di ogni cosa, e chi sa parlare alla pancia della gente, per garantire i propri interessi, questo lo sa bene.
E così la parabola di Alba Dorata diviene una metafora: un'organizzazione paramilitare che finge di parlare alla gente ma che, come sempre, vive di poteri forti che la sorreggono e della paura che sa cavalcare. Come la destra estrema, come il grillismo.
Quella della Grecia che ripone la sua fiducia in un partito xenofobo, strillone, violento, sarà davvero un'alba dorata o un triste crepuscolo

Dicce qualcosa di sinistra

Dicci qualcosa di sinistra. Che non sia solo uno slogan, che non sia solamente una frase luminiosa e piena d'ingegno suggerita da questo o quel comunicatore. Renzi, abi pietà di noi e dicci qualcosa realmente di sinistra. Parlaci del tuo programma, cosa vuoi fare davvvero, leggi, dati, provvedimenti, alleanze, idee.
Perché nel tuo calderone c'è di tutto, tanta destra, tanta politica delle figure carismatiche, e non per niente nel tuo progetto il PD non dovrà esssere altro cache un corollario di Matteo Renzi e dri suoi cambiamenti di idea a seconda dell'orientamento dell'elettorato. Ma di sinistra c'è ben poco, e io di un'Italia che vota l'uomo anziché le idee ne ho piene le balle.

Il grillismo

Cos'è il grillismo esattamente? Che idee esprime realmente, al di là delle urla e degli schiamazzi di Grillo? Il grillismo è di fatto un movimento popolare guidato da un potere forte, quello mediatico di Casaleggio, privo di un vero programma, senza un'adeguata unità ideologia, rivolto solo al consenso, a dire quello che la gente vuole sentirsi dire, senza considerare se questo possa essere un bene o un male. Se "la gente" volesse la castrazione chimica, pena di morte, respingimenti, limitazione della libertà d'espressione, Casaleggio e Grillo, sulla base del loro agire fino ad oggi, sarebbero pronti ad appoggiarli.
Becera destra, la nostra Alba Dorata, che  come Alba Dorata nasce tra le piazze e i social network. Buona per protestare, ma senza proposte coerenti, come l'attuale legislatura dimostra.

The Pitt, R. Scott Gemmill

The Pitt, ideata da R. Scott Gemmill, è una serie TV messa in onda su HBO e prodotta da Warner Bros, con protagonista Noah Wyle....