Leggere Confessione di Tolstoj è un'esperienza. Per chi, come me, professa il suo ateismo, questa lettura è a tratti frustrante, snervante. Si ha talora l'impressione che la scrittura dell'autore voglia nascondere una malafede di fondo: anziché il viaggio di un ritorno alla fede, si ha talora l'impressione di una fede che vuole autogiustificarsi nella sua consapevole irrazionalità delineando un viaggio di progressivo riavvicinamento, passando dalle strettoie della fede e della filosofia.
Eppure non si può non rimanere ammirati dalla lucida consapevolezza di uno scrittore che, pur ritornato ad una fece sincera e profonda, non fa mistero di riconoscere la difficoltà nell'accettare quanto di dogmatico, misterioso e folkloristico è presente, nel suo caso, nella fede cristiana. Pratiche eppure accettate in nome di una fece popolare ben più sincera e profonda, a detta di Tolstoj, rispetto alla visione intellettualistica a cui rischiava di giungere il suo percorso.
Una riflessione profonda, che la si condivida o no, in un dialogo serrato tra ragione e spirito religioso.
martedì 26 novembre 2013
Dialogando con Tolstoj, Confessione
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