sabato 30 marzo 2013
Non chiederci la parola, Eugenio Montale
l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un polveroso prato.
Ah l'uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l'ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!
Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
Il male di vivere, Eugenio Montale
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l’incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.
Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua della sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.
venerdì 29 marzo 2013
E se Bersani fallisce
mercoledì 27 marzo 2013
Grillo non sa cosa sia la credibilità
Medea, Pier Paolo Pasolini
lunedì 25 marzo 2013
domenica 24 marzo 2013
Fahrenheit 451, Ray Bradbury e Francois Truffaut
Se due grandi del loro genere si uniscono per una collaborazione, non per forza e non sempre ne viene fuori un buon prodotto. Questo perché i due grandi in questione possono avere vedute molto discordanti, personalità talmente forti da giungere ad un interminabile scontro. Così non è, per fortuna, per quel che riguarda Fahrenheit 451, trasposizione filmica diretta da Truffaut del famoso libro di Ray Bradbury.
Il libro di Bradbury presenta, come tutti sanno, una città futuribile in cui la letteratura è divenuta illegale e proibita, tanto da rendere comune le pratiche di roghi pubblici dei libri o gli arresti per chi venisse colto a leggendo possederne. Un mondo quindi senza memoria e senza informazione, in cui tutto ciò che si conosce è ciò che la Grande Famiglia, il governo dispotico, concede di sapere. Un mondo quindi in cui il bombardamento d'informazioni è pilotato, tanto da anestetizzare il senso critico della gente.
In questo mondo il risveglio civile coincide con la volontà di trasgressione, con la volontà di conoscenza. Trasgredisce qui non chi fa uso di eccitanti o tranquillanti, ormai l'unico strumento per vivere e provare emozioni in una società lobotomizzata dalla televisione, ma al contrario chi ricerca il suo tempo, chi accoglie il bisogno del silenzio e dello spazio personale, della lettura come atto di conoscenza.
Truffaut riesce a pieno a rendere questo mondo di Bradbury, fra le mille citazioni libresche e il bisogno assillante di mettere in luce un'esigenza, quella della riflessione sulla trasmissione delle informazioni, della memoria e del senso critico nel mondo contemporaneo. La domanda, vedendo oggi questo film o leggendo oggi il romanzo, di fronte ad una società sempre più liquida e bombardata da informazioni spesso di dubbia fonte, sia tra la carta stampata che dalle tv e dalla rete, la domanda, dicevamo, è quale sarebbe la riscrittura oggi di Fahrenheit 451. È il libro oggi destinato a sparire o, peggio, è l'atto di conoscenza critica che sembra sempre più lontano dai nostri orizzonti?
giovedì 21 marzo 2013
La letteratura è la mia vendetta, Claudio Magris e Mario Vargas Llosa
Di rado si ha la possibilità di leggere una perorazione tanto appassionata della letteratura, come in questo esile volume edito dalla Mondadori nella collana Libellule. Anche perché di rado si può assistere al dialogare di un premio Nobel come Llosa e una fonte continua di spunti qual è Claudio Magris. E così nelle purtroppo poche pagine di questo libro i due autori discutono di alcuni spunti, a cavallo in realtà tra letteratura e politica (in tutto ciò il titolo del volume sembra cadere un po' a sproposito), alternandosi in acute analisi sulle specificità del romanzo, il tema del viaggio, il tempo del racconto e il tempo della vita, sino all'attualita della politica e ai nuovi populismi.
Il romanzo è stato il genere più censurato, perseguitato e proibito. Senza eccezioni. Nelle dittature religiose, nelle dittature politiche, di estrema destra o di estrema sinistra, compaiono sempre la censura, i tentativi di controllare il mondo della fantasia, dell'invenzione. Come se tutti regimi vedessero nella letteratura un pericolo per la loro esistenza. E non sbagliano. C'è un rischio nel lasciare che una società produca letteratura e s'impregni di letteratura. Una società impregnata di letteratura è più difficile da manipolare da parte del potere, è più difficile da sottomettere e da ingannare, perché l'inquietudine con cui torniamo nel mondo dopo esserci confrontati con una grande opera letteraria crea cittadini critici, indipendenti e più liberi i quanti non vivono quell'esperienza.
Claudio Magris in particolare ci delizia qui con alcune delle più belle pagine sul valore della letteratura come forma d'interpretazione di quanto c'è di insondabile nella vita, sino alla scoperta, alla messa in luce di demoni che l'autore stesso non può sapere di avere in corpo, qualcosa che risulta ignoto alla razionalità della saggistica ma che esprime una parte, non la sola, certo, dell'essere umano. È in questa sua profonda e quasi inconscia funzione conoscitiva che la letteratura si fa nemica di ogni forma di ignoranza e sfruttamento.
Già in Omero, d'altronde, Ulisse ritorna sì a Itaca, ma per ripartire un'altra volta, come dice nella scena mirabile in cui - dopo l'orribile, vittoriosa e sanguinosa conclusione del suo ritorno - c'è quell'indimenticabile colloquio coniugale tra lui e Penelope [...] Gli Ulissi che ci ha dato la letteratura post-omerica - non solo Dante, ma tanti altri autori - sono quasi sempre invece personaggi che si perdono per stada, che diventano altri rispetto a se stessi, che non riescono (o non vogliono) ritornare a se stessi. Ogni odissea pone la grande domanda: se si attraversi la vita diventando ancora più se stessi, cioè trasformandosi e cambiando ma restando fedeli alla propria identità, oppure se ci si perda e ci si snaturi.
il personaggio di Ulisse fornisce alcuni dei più bei spunti del volume, e sicuramente i due autori trovano nel tema del viaggio un argomento congeniale. Ulisse nelle sue mille incarnazioni e nelle sue infinite declinazioni reca con se la meraviglia della scoperta e il bisogno di pace, l'anelito all'ignoto e il desiderio del ritorno. Nel suo cantarsi ed essere cantato Ulisse rappresenta la scrittura che si fa riscrittura del reale, mentre essa stessa entra a farne parte, in un gioco modernissimo e vecchio di migliaia di anni, come dice Llosa
Una cosa affascinante dell'Odissea è che Ulisse non solo vive le sue avventure, ma le racconta due volte: alla corte dei Feaci e a Penelope. E le racconta in modo che ci siano contraddizioni con i fatti che gli sono accaduti, cosicché nel poema c'è un elemento di fantasia che rappresenta ciò che è la letteratura.
iIl tempo, un altro dei grandi temi della letteratura mondiale, viene analizzato dai due autori con commenti di suggestiva bellezza, così lo spazio della letteratura diviene composto di tempo impuro, come lo chiamava Svevo, un tempo in cui
Vivo adesso ricordandomi di qualcosa di passato, che non è solo un ricordo, come ad esempio un numero di telefono, ma è qualcosa (un evento, una passione) che cambia e mi cambia, nel momento in cui lo sto ricordando, rendendomi un po' diverso e diventando esso stesso un po' diverso nell'istante in cui lo integro nuovamente in me, mentre al tempo stesso io mi proietto nel futuro sporgendomi in avanti e portandomi dietro cose lontane divenute nuovamente vicine e quindi, in una certa misura, un po' differenti.
Un tempo che è come un utero, le cui dimensioni sono diverse a seconda di quello che contiene, ma è sempre realtà, non metafora. Un libro ricco, quindi, questo di Magris e Llosa, che riavvicina alla bellezza della letteratura guardandola un po' da lontano, ma sempre con un occhio vigile e innamorato.
mercoledì 20 marzo 2013
Roberto Bolaño, Amuleto
E li sentii cantare, li sento cantare ancora adesso che non sono più nella valle, piano piano, appena un mormorio quasi impercettibile, i bambini più belli dell'America Latina, i bambini denutriti e quelli ben nutriti, quelli che avevano avuto tutto e quelli che non avevano avuto niente, che canto meraviglioso usciva dalle loro labbra, che meraviglia anche loro, che bellezza, benché stessero marciando spalla a spalla verso la morte, li sentii cantare e diventai pazza, li sentii cantare e non potei fare niente per fermarli, ero troppo lontana e non avevo la forza di scendere a valle, di mettermi in mezzo al prato e dr loro di fermarsi, perché stavano marciando verso una meta certa. L'unica cosa che potei fare fu alzarmi in piedi, tremante, e ascoltare fino all'ultimo sospiro il loro canto, ascoltare sempre il loro canto, perché loro vennero inghiottiti dall'abisso ma il canto rimase nell'aria della valle, nella foschia della valle che al tramonto risaliva le pendici e le vette.
Pensai: malgrado tutta la mia astuzia e tutti i miei sacrifici, sono perduta. Pensai: che gesto poetico distruggere i miei scritti. Pensai: sarebbe stato meglio ingoiarli, ora sono perduta. Pensai: la vanità della scrittura, la vanità della distruzione. Pensai: è perché ho scritto che ho resistito. Pensai: è perché ho distrutto quello che ho scritto che mi scopriranno, mi picchieranno, mi stupreranno, mi uccideranno. Pensai: i due fatti sono collegati, scrivere e distruggere, nascondersi ed essere scoperta. Poi mi sedetti sulla tazza e chiusi gli occhi. Poi mi addormentai. Poi mi svegliai.
sabato 16 marzo 2013
Ernest Hemingway, Fiesta
giovedì 14 marzo 2013
Tanto gentile e tanto onesto pare. Pare.
venerdì 8 marzo 2013
Contro il dogmatismo grillino
Cronaca di una gita: day three
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade
Ho tanta
stanchezza
sulle spalle
Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata
Qui
non si sente
altro
che il caldo buono
Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare.
-- Giuseppe Ungaretti, Natale
La città delle immagini, dove antico e moderno si rincorrono in un susseguirsi di forme e di luci, dove tutto scorre senza tempo. La città delle luci e delle ombre, delle epifanie, delle conversioni. Colonnati e marmi incorniciano la fede e la violenza, i gladiatori sono gli eroi, come i santi, gli imperatori delle sacre famiglie che sverginano suore e vestali. Tutto è bene e male nella Roma dei papi e dell'Impero, perché bene e male non sono che lo stesso scudo osservato da troppo vicino o troppo lontano, mentre il futuro della città compare come una conversione tra i sogni di Enea e le croci di Pietro. E su tutti un letto di spine d'acacia.
giovedì 7 marzo 2013
Cronaca di una gita: day two
C'è qualcosa che rende inquieto intercettore moderno osservando sacro e profano che si mescolano nel generare alcune delle più belle opere della storia, ed in queste lo scatto di vita dell'artista che, di nascosto, segna nel tempo la sua esistenza, il suo spirito, le sue idee. Quante volte passeggiò Socrate fra le strade di Atene insieme a Platone, Alcibiade, Crizia e tutti gli altri suoi discepoli? Quante volte Diogene urlò cercando un uomo? Forse che lo si potrà trovare solo dove lui non v'è più?
martedì 5 marzo 2013
Cronaca di una gita: day one
Sono le quattro del mattino, la sveglia suona, la colazione rapida e poi via, sotto la doccia. La partenza si avvicina.
Il treno delle cinque e trenta viaggia puntuale ed è incredibile scoprire quanta gente viaggi verso Milano a quell'ora. Il cambio e poi via verso Lodi, in attesa di un Intercity che, in sei ore, ci porterà a Roma.
Arriviamo alle tredici, già devastati: dopo aver scaricato i bagagli, ci incamminiamo verso il museo dell'Ara Pacis. L'edificio, eccessivo, soverchia la classica e un po' retorica bellezza del monumento, sminuendola.
Camminando per la città si rimane estasiati per la barocca bellezza della Roma dei papi, per i millenni di storia che si rincorrono e accavallano, per il caos calmo di una città maestosa e sonnolenta, in cui le memorie si stratificano senza cancellarsi, le nature si mischiano in una Roma caciarona e raffinata, inno alla decadenza e alla vita.
Semplicemente meravigliosa, come la volta del Pantheon e le sue leggende, come la fontana di Trevi e le sue forme, come le mille piazze e le scalinate di Piazza di Spagna.
Insomma, Roma
venerdì 1 marzo 2013
Uno vale uno di 'sta m...
Quando i Greci, 2500 anni fa inventarono la democrazia, avevano ben chiaro una cosa: c'è differenza fra democrazia e demagogia. La democrazia sin dai suoi albori è quel regime politico in cui tutti hanno libertà, diritto e dovere di voto, libertà e diritto di parola, ma in cui le competenze vengono riconosciute. Ecco che, in democrazia, se dovrò eleggere i rappresentati li sceglierò consultando il numero più alto possibile di elettori, che voteranno liberamente sulla base dei loro interessi, delle loro idee, del loro credo.
In democrazia però uno non vale sempre uno: ci sono occasioni in cui a decidere non è la maggioranza, ma il più competente. Non credo che a qualcuno potrebbe venire in mente di far scegliere il sito per una centrale nucleare ad un pastore, se ha a disposizione un ingegnere o un fisico per prendere la decisione. Allo stesso modo, pur vivendo in democrazia, non sono gli alunni a decidere cosa si studierà oggi, ma il docente, perché più competente. Non sono gli operai in fabbrica a suggerire cosa produrre, ma gli esperti di marketing. Non è il paziente ad operare, ma il medico. Non sempre, per fortuna, uno vale uno.
Nel motto oltranzista dell'uni vale uno, cavallo di Troia del M5S per espugnare il Parlamento, possiamo ora leggere ampi tratti di demagogia. Il risultato è che, come già a Parma, una masnada di incompetenti nel diritto sederanno ora alla Camera e al Senato, decideranno per tutti, pur non rappresentando nessuno. Vorrei sapere come fa a rappresentarmi una studentessa venticinquenne, non ancora laureata, non avendo fatto esperienza del mondo del lavoro. Il suo uno non vale uno, non può valerlo, vale in realtà di meno dell'uno dell'insegnante che ancora la sta formando, per esempio, e che quindi si presume sia più competente di lei.
L'amministrazione di Parma ha dovuto prendere ripetizioni di diritto, per dirla cordialmente, prima di accorgersi di non poter realizzare gran parte del suo programma. Crocetta in Sicilia occhieggia in maniera imbarazzante a questa demagogia, a questo populismo. E in questo non c'è nulla di diverso ontologicamente dal troiaio berlusconiano, in cui la scelta, la cooptazione, almeno avvenivano per altri meriti, quelli a letto. Almeno il mignottificio di Berlusconi qualche abilità, squallida e degradante, ce l'aveva.
Qui invece ci troviamo di fronte a gente che ha portato avanti delle istanze spesso irrealizzabili, cooptati da Grillo, senza una linea comune, senza voce in capitolo sulle decisioni da prendere in Parlamento. Un bel nugolo di nulla insaporito dalle urla genovesi e dalla caciara di chi, pur essendolo da anni, si vergogna di essere un clown.
Un losco figuro che già ha messo sotto scacco il paese, lo sottopone al suo ricatto. Sotto la maschera del moralizzatore tace il fatto che nel suo movimento è un despota, che non lascia libertà di espressione ai suoi adepti, che punta all'incasso lasciando per mesi l'Italia nella situazione di stallo in cui si trova per poi poter urlare ancora contro la casta e l'inciucio. Un politico che trae la sua forza da vent'anni di puttanate berlusconiane, che di esse raccoglie il peggio, senza lasciar vedere spazi di miglioramento o, quanto meno, lasciar intravedere la possibilità di ricredersi su questi giudizi.
The Pitt, R. Scott Gemmill
The Pitt, ideata da R. Scott Gemmill, è una serie TV messa in onda su HBO e prodotta da Warner Bros, con protagonista Noah Wyle....
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Quella che leggete è la mia risposta alla lettera del collega Matteo Radaelli , pubblicata sul Corriere della sera giorno 2 settembre e onl...
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Per chi si chiedesse come fare ad allontanarsi dai social network dei broligarchi di Trump, un po' di alternative: 1. Friendica , la cos...
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http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/7/7f/Tomba_Della_Fustigazione.jpg La sessualità nell’antichità viene spesso considerata ...









