domenica 30 novembre 2014

Opinioni, tesi e argomentazioni: l'ignoranza italiana della logica deduttiva

In questo mio intervento di oggi cercherò di chiarire quale sia la differenza tra un'opionione e una tesi argomentata. Per fare ciò partirò dalle definizioni di opinione, tesi e argomentazione fornite dal dizionario Treccani online, per discutere poi di come nel nostro paese ci sia al riguardo tutt'ora molta confusione.
opinióne (ant. oppinióne) s. f. [dal lat. opinio -onis, affine a opinari «opinare»]. –


1. Concetto che una o più persone si formano riguardo a particolari fatti, fenomeni, manifestazioni, quando, mancando un criterio di certezza assoluta per giudicare della loro natura (o delle loro cause, delle loro qualità, ecc.), si propone un’interpretazione personale che si ritiene esatta e a cui si dà perciò il proprio assenso, ammettendo tuttavia la possibilità di ingannarsi nel giudicarla tale: fino a che non sia dimostrata la verità, tutte le o. possono essere ugualmente vere o false; o. valida, probabile, assurda; l’o. dei più, della maggioranza; o. radicata,inveterata; è ormai o. invalsa, prevalente, comune, generale, unanime,universale; formarsi un’o. propria; dire, esprimere la propria o.; io la penso così,ma, ripeto, questa è solo una mia o. (o una semplice o., nulla più che un’o.);secondo la mia modesta o., oppure la mia debole o. sarebbe che ..., modi di presentare modestamente il proprio giudizio, di esprimere un parere o di affacciare una proposta; non mi sono fatto ancora un’o. in merito; sono convinto della mia o.; mi confermo sempre più nella mia o.; nonostante la smentita dei fatti, rimango della mia o.; anche questa è un’o., frase (spesso iron.) con cui ci si mostra disposti ad accordare credito alle ipotesi e ai giudizî altrui; qual è la tua o. in proposito?; ha delle o. tutte sue; non è possibile rimuoverlo dalla sua o.; difendere, sostenere le proprie o.; confutare, combattere un’o.; voler imporre agli altri le proprie o.;conflitto d’opinioni; accedere, aderire all’o. di qualcuno; condivido la tua o.; credo che anche tu sia della mia o., che anche tu la pensi come me. In partic., essere d’o. (o dell’o.), espressione con cui s’introduce la manifestazione del proprio punto di vista circa provvedimenti da prendere, sulla condotta da seguire, e sim.: sono d’o.che si debba insistere ancora (cfr. le locuz. equivalenti essere del parere, essere d’avviso); non sono di questa o., per affermare chiaramente il proprio disaccordo su quanto altri giudica o propone o ritiene opportuno. Nel linguaggio giur. è dettao. comune l’opinione prevalente dei giuristi in una determinata questione di diritto. È direttamente contrapposto a «fatto certo, positivo» nella frase prov. l’aritmetica(o la matematica) non è un’o., a proposito di verità inoppugnabili o fatti certi e provati, che bisogna accettare per quello che sono. Talora ha senso più vicino a convinzione, principio, soprattutto in materia morale, religiosa, politica, sociale:avere o. sospette, poco ortodosse; gente che cambia opinioni a ogni mutar di vento; non avere opinioni, essere privo di personalità morale; professare un’o., manifestarla abitualmente e francamente con le parole e nei fatti; avere il coraggio delle proprie o., sostenerle a viso aperto e comportarsi in modo coerente con esse;reati di o., denominazione di una categoria di reati, che comprende gran parte dei delitti contro la personalità dello stato, con particolare riferimento ai reati di propaganda e apologia sovversiva, nonché di vilipendio della Repubblica e delle istituzioni costituzionali. Con valore collettivo, l’o. corrente, l’o. dominante, l’atteggiamento ideologico, politico, morale, prevalente in un determinato momento storico: fu dunque il segretario dell’o. dominante, il poeta del buon successo (F. De Sanctis, con riferimento a V. Monti).


2. Stima, considerazione che si ha di una persona (cfr. l’uso analogo di concetto):ho buona o. di lui; non ho mai avuto grande o. delle sue capacità; ha un’alta o. di sé, del proprio ingegno, e sim., di persona presuntuosa.


3. Opinione pubblica: il giudizio e il modo di pensare collettivo della maggioranza dei cittadini, o anche questa maggioranza stessa, in quanto ha esigenze, convinzioni, atteggiamenti mentali comuni: avvenimenti che muovono, che interessano l’o. pubblica; l’o. pubblica ha diritto di essere informata; i giornali si fanno spesso interpreti dell’o. pubblica; guidare, influenzare, condizionare l’o.pubblica; essere assolto, condannato dall’o. pubblica. In qualche caso l’espressione allude piuttosto ai pregiudizî, alle convenzioni sociali: essere schiavo dell’o.pubblica; sfidare l’o. pubblica, disinteressarsi del giudizio della gente. Con riferimento all’opinione pubblica, sondaggio d’opinione, indagine statistica compiuta su un campione della popolazione per saggiare opinioni e reazioni su argomenti varî (divorzio, partiti, elezioni, personaggi pubblici e sim.).

tèṡi s. f. [dal lat. thesis, gr. ϑέσις (propr. «posizione, cosa che viene posta»), der. del tema di τίϑημι «porre, collocare»]. –


1.


a. Proposizione di argomento filosofico, teologico, scientifico, o attinente a un problema di critica letteraria o artistica, che si enuncia e si discute per dimostrarne la verità contro altre proposizioni contrarie: le 95 t. di Lutero, da lui affisse alla porta della chiesa d’Ognissanti di Wittenberg; enunciare, formulare una t.;svolgere, discutere, provare una t.; con sign. più ampio e generico, idea, opinione, valutazione personale: sostenere la propria t.; confutare, demolire una t.; secondo la t. di ..., stando alla t. di ... ; una t. insostenibile, una t. inconfutabile, ecc.Commedia, dramma, romanzo a tesi, nel linguaggio della critica letteraria, opere nelle quali l’autore si propone programmaticamente la dimostrazione di una tesi morale, sociale, politica, ecc.


b. In filosofia, affermazione e posizione teorica che si contrappone a un’altra, l’antitesi, in un’antinomia che nel pensiero kantiano e postkantiano idealistico e materialistico viene dialetticamente superata e composta nella sintesi.

argomentazióne s. f. [dal lat. argumentatio -onis]. –


1. L’argomentare; serie di argomenti a dimostrazione di un assunto: nel calore dell’a.; a. contorta, cavillosa; sono a. che non reggono.


2. Nella logica, con sign. più specifico, un insieme ordinato di proposizioni, una delle quali è posta come dedotta dalle altre.

Come si evince dalle definizioni, la prima e più evidente differenza fra un'opinione e una tesi è il criterio di veridicità: l'opinione, anche se di buon senso, esclude la possibilità di verifica della veridicità di quanto espresso. In questo senso, possiamo immaginare un insieme di opinioni, anche discordanti o antitetiche fra di loro, come un insieme di elementi di pari valore. Proprio per l'assenza della possibilità di verifica, l'opinione non assume nessun criterio scientifico, limitandosi ad uno stadio prescientifico, di impressione.

La tesi trova invece la sua stessa ragione di esistere nella possibilità di verifica. Una tesi esiste solo se dimostrabile, tramite argomentazioni che agiscono sugli ordini qualitativi e quantitativi. Non esiste tesi senza dati verificabili e, almeno nel campo delle scienze esatte, riproducibili. Una tesi, se verificata, non sta sullo stesso piano di tutte le tesi possibili sullo stesso argomento. Così come possiamo immaginare un'insieme di opinioni come un piano orizzontale in cui tutti gli elementi stanno sullo stesso livello, la tesi sta su un piano verticale più in alto rispetto alle opinioni, possiede un maggiore valore, dato dalla verificabilità delle sue premesse.

La tesi esiste solo se è in grado di confutare la sua antitesi. Se l'insieme delle opinioni esiste come un “et-et”, quello delle tesi è un “aut-aut”, o l'una o l'altra.

Ne consegue anche un altro principio: di fronte alla impossibilità di accreditare in maniera assoluta una tesi nei confronti dell'antitesi, il ricercatore dovrà prendere in considerazione la possibilità che non siano le tesi malformulate, ma che al contrario sia il quesito a cui la tesi risponde ad essere malposto.

La tesi fonda la sua forza euristica sulle argomentazioni che la reggono, da cui la tesi nasce per deduzione. Più le argomentazioni saranno probanti, incontrovertibili e riproducibili, maggiore sarà la forza della tesi. In questo senso si pone, in ordine d'importanza, la distinzione tra argomentazioni di autorità e di fatto. Le prime rappresentano, dal latino auctoritas, l'autorità di chi ci ha preceduto e studiato l'argomento: ipse dixit. Al di là della forza data dalla stessa importanza dell'autorità citata, le argomentazioni di autorità non possiedono un particolare valore euristico.

Maggiore importanza hanno invece le argomentazioni di fatto: rientrano in questo insieme i dati materiali raccolti, frutto di esperimenti, di raccolta documentaria, i dati statistici, archeologici, le notizie riportate dalle fonti, etc. Dalla comparazione di questi dati, corroborata dall'autorità delle argomentazioni di fatto, si deduce una tesi che ha nel processo che l'ha generata il suo stesso valore euristico, oltre alla possibilità di divenire essa stessa argomentazione alla base di nuove e successive tesi, in una catena euristica virtualmente infinita.

Questo metodo, nato nell'ambito delle scienze esatte ma applicabile con rigore metodo a qualsiasi ambito del sapere, dalle scienze storiche agli studi sociali, noi chiamiamo metodo logico-deduttivo e metodo scientifico.

Ogni metodo che non voglia basarsi sulla deduzione logica fondata su dati misurabili e/o riproducibili non è da considerarsi un sapere scientifico, fermandosi ad un livello ascientifico o prescientifico.

Data una definizione di opinione, argomentazione e tesi, procedo ora ad affrontare il problema della scarsa consapevolezza delle differenze fra questi concetti, e i metodi che sottendono, nel nostro paese.

Questo metodo scientifico di cui si è sopra parlato, sebbene trovi le sue basi già nel sillogismo aristotelico e nella tradizione filosofica occidentale, nasce e si sviluppa tra le scienze esatte, trovando, soprattutto in Italia, una storica resistenza nell'applicazione alle scienze umane. Rivalità tra intellettuali, prevalenza di un sapere induttivo, autorità della verità rivelata, sono tutte cause della scarsa conoscenza e rilevanza nel corso dei secoli del metodo scientifico. Si può pensare che la stessa grande influenza sul nostro mondo culturale sull'immaginario collettivo di personaggi, per il resto meritori, come Leopardi e la sua poetica dell'indefinito, Verga e il Verismo italiano, lontani dagli scopi progressivi del Naturalismo francese, Pascoli e D'Annunzio e tutta la poetica del simbolismo fondata su un processo conoscitivo analogico e alogico, abbiano fondato un sostanziale rifiuto nelle classi dirigenti italiane tra Ottocento e Novecento di un rigoroso metodo di ricerca euristico. Non diversa l'influenza di altre autorità che hanno influito sull'immaginario collettivo nostrano, come Montale, nel Novecento. In questo contesto vanno ovviamente poste delle eccezioni: per non citarne altre, quella di Manzoni e della sua ricerca storica e quella di Calvino, con la sua definizione di esattezza.

Ma questi esempi possono valere per le classi sociali più alte, per delle élite; per quanto riguarda le classi sociali meno colte, l'incapacità di distinguere tra opinione e tesi, con tutti i fraintendimenti e i misconoscimenti della realtà che ne seguono, nascono da due fattori: il sistema dell'istruzione italiana e il mondo dell'informazione.

Partendo da quest'ultimo, è evidente la pratica diffusa di accreditare come fatti delle semplici opinioni, di modificare dati o evitare di citarli in maniera corretta per rendere più credibile una notizia di scarso fondamento o uno scoop: si pensi alla recente polemica sulle presunte correlazioni tra vaccinazioni obbligatorie e autismo, polemica nata sulla carta stampata e su siti internet privi di ogni preparazione metodologica e scientifica, in cui i dati vengono volutamente omessi o amplificati con lo scopo di procurare allarme, vendere più copie, ricevere più contatti, etc..

Ancora più grave è la scarsa pratica con il metodo logico-deduttivo o scientifico di chi si occupa di formazione nella nostra scuola. A causa di quelle influenze già citate sopra, per lungo tempo la scuola pubblica italiana ha posto al centro del suo sistema di formazione lo studio umanistico, compiendo una scelta, di per sé non inefficace, ma che ha messo da parte la diffusione del metodo scientifico, tra docenti e discenti.

Al contrario di quanto avviene negli altri paesi sviluppati, nella nostra scuola fino alle soglie degli anni 2000 si è potuto scientemente non insegnare, se non nello studio delle scienze esatte, l'uso della logica deduttiva, l'uso e l'analisi dell'argomentazione. Di più: molti dei nostri insegnanti, essi stessi ignoranti del metodo deduttivo, sono ancora oggi refrattari alla sua acquisizione e alla sua trasmissione.

L'ignoranza del metodo logico-deduttivo, le scarse competenze logico-linguistiche e matematiche rendono oggi l'Italia il fanalino di coda fra i paesi sviluppati, ponendo le basi tristemente reali per i dati emersi nello studio Ipsos MORI sull'ignoranza della realtà diffusa nella nostra popolazione.

sabato 22 novembre 2014

Sette anni fa

Sette anni fa a quest'ora mi arrabattavo con il mio primo incarico da docente, la neve era già alta attorno a me in Valtellina e dei colleghi mi facevano da chioccia, amorevolmente. Sette anni fa a quest'ora iniziavo a scrivere il mio primo romanzo.

Oggi mi arrabatto a Verona nel tentativo di far piacere Dante e Pascoli a dei futuri cuochi, in sala insegnanti spiego il lavoro a docenti appena abilitatisi, a casa aspetto mia moglie e, quando e se rimane il tempo, tento di scrivere il mio secondo romanzo (che poi non sarebbe il secondo, contando gli scritti giovanili giustamente buttati nel dimenticatoio).

Per dire che il tempo passa e lo sento tutto, dentro, nelle ossa e nel cuore.

mercoledì 19 novembre 2014

Divina Commedia, genesi e struttura - presentazione




foto: wikipedia

Divina Commedia, genesi e struttura




foto: wikipedia

Diverso è bello

Malgrado ciò che ne dicono coloro che sbandierano la natura in ogni dove, ma che poi della natura sanno poco, la diversità è  cio che garantisce la vita. Se pensiamo all'evoluzione della specie Homo, senza la biodiversità, senza le variazioni genetiche che ci contraddistinguono, noi oggi non saremmo qui. Nella storia della nostra specie la sopravvivenza ad alcune malattie è dovuta proprio al mantenimento di diverse varietà dei nostri geni, diversità che ha consentito di resistere anche alle mutazioni di virus e batteri. Un caso celebre nella letteratura antropologica è quello dei diversi geni adattatisi a resistere alla malaria e che, in circostanze ben precise, sono anche causa dell'anemia e della talassemia. Del resto con i progressi della genetica stiamo anche apprendendo come funzioni l'invecchiamento, e ciò che ne viene fuori è come certi geni, che in gioventù sono assolutamente vantaggiosi per l'uomo, siamo poi causa nella maturità delle malattie neurologiche.
Le variazioni genetiche e il mantenimento di questa biodiversità sono stati talmente importanti da sopravvivere per milioni di anni: pochi sanno che fra le etnie dell'Africa spesso ci sono differenze nel patrimonio genetico comparabili a quelle che ci dividono dall'Homo Erectus.

La domanda da porsi, a questo punto, è, se questa diversità è stata ed è la nostra salvezza nella mostra evoluzione biologica, perché non dovrebbe essere così anche per la nostra evoluzione culturale? Perché non dovrebbe essere vantaggioso mantenere e proteggere la diversità culturale, una riserva di risorse da adoperare nelle diverse circostanze della nostra storia?
Basta passeggiare per le nostre strade per notare il fastidio nei confronti delle diversità, che si tratti di diversità sessuale, di ceto sociale, di etnia o di religione. Sotto la maschera dell'integrazione si nasconde la sottomissione: il migrante in casa nostra deve accettare i nostri usi e costumi, la nostra religione, le nostre leggi. Deve essere noi, senza diversità. I gay sono malati, ma si possono curare, e comunque farebbero bene a non mostrarsi. I poveri vestiti da poveri fanno un po' schifo, magari si vestano un po' meglio. Nel frattempo rinunciamo, inconsapevolmente, a delle risorse da giocarci nell'evoluzione della nostra cultura, della nostra società, al patrimonio e all'apporto di idee di queste diversità. Rinunciamo a ringiovanire la nostra cultura, pensiamo che la chiusura autistica possa risolvere i nostri problemi. Quando un giorno la diversità non busserà semplicemente alla nostra porta, ma, trasportata dalla fiumana della storia, ci piomberà addosso, saremo un po'più disarmati, più inconsapevoli, più incapaci di dialogare.
Per carità, sono scelte.

Politici a loro insaputa

Doveva capitare, era ovvio, e in un certo senso dispiace pure vedere come la stampa ci si sia buttata sopra, quasi non si aspettasse altro; del resto la contestazione di Grillo a Genova già avrebbe dovuto insegnare qualcosa, e l'antipatia suscitata trattando la stampa in toto come dei prezzolati ha fatto il resto. E così la contestazione della cittadina e parlamentare Taverna del M5S non stupisce, al massimo, se l'occasione non fosse tragica, fa sorridere. Come diceva Marx, la storia si ripete, ma la prima volta si mostra come tragedia, la seconda come farsa. Farsesca è apparsa la scena, la contestazione di gente che vive una situazione drammatica, sebbene io non ne condivida motivazioni e scelte, e questa parlamentare, una donna di cui nessuno davvero conosce le capacità, al di là della dote d"urlare, che sapeva solo offendersi e ripetere che lei, no, non è una politica.
Mia cara parlamentare Taverna, che tanto ti offendi per questo titolo, siete voi pentastellati la causa del vostro male, voi che per calcolo politico avete rifiutato di cambiare il paese, consegnando il PD e il paese a Renzi e alla destra. Voi rifiutate di essere chiamati politici, ma voi lo siete, avete giocato al gioco della politica, e avete perso. Voi ora venite fischiati, perché  tra sbagliare e vivere di rendita avete scelto la seconda, senza per altro farvi bene i conti. Dando così, sempre che ancora ce ne fosse bisogno, dimostrazione del vostro essere dilettanti allo sbaraglio, buoni ad urlare, e poco altro.
Forse ha ragione cittadina Taverna, lei del titolo di parlamentare non è neanche degna.

Foto: termometropolitico.it

venerdì 14 novembre 2014

Indigeni e coloni Greci in Sicilia tra il 750 e il 450, secondo De Angelis

Nel saggio Equations of culture: the meeting of Natives and Greeks in Sicily (fa. 750-450 b. C.), (link ) contenuto nel volume Ancient West And East, edito nel 2003, il prof. Franco De Angelis mette in luce l'influenza delle popolazioni indigene della Magna Grecia e della Sicilia su i coloni Greci, partendo da delle considerazioni molto interessanti: in primo luogo che l'interpretazione della colonizzazione greca sia stata per troppo tempo figlia della colonizzazione moderna e delle colonie britanniche fra Ottocento e Novecento; inoltre, che materialmente i coloni Greci erano spesso così numericamente inferiori rispetto agli indigeni da non poter non giungere ad accordi con essi.
Da queste considerazioni nascono varie conseguenze, in primis sull'analisi delle strutture politiche, religiose, economiche e urbanistiche delle colonie greche. Si ipotizza pertanto che la perdurante presenza della tirannia nelle colonie sia dovuta alla convivenza con popolazioni abituate a governi di una singola autorità, dato anche il vantaggio di trattare in questo modo alla pari con i vicini Fenici. De Angelis ipotizza poi che la precoce struttura ortogonale delle colonie sia dovuta alla necessità di garantire rapporti egalitari tra indigeni e coloni, come dimostrano i reperti archeologici che attestano la convivenza fra le diverse etnie. Convivenza dimostrata anche dai ritrovamenti nelle necropoli, in particolare dalle attestazioni di culti familiari, più ancora delle scarse prove di mescolanza fra divinità greche e indigene. Infine, data la fama della Sicilia come di una terra particolarmente fertile, si ipotizza che i coloni Greci abbiano, nelle colonie, fatto proprie le tecniche agricole degli indigeni, con cui del resto sono dimostrabili continui scambi commerciali. In conclusione  l'autore quindi conclude che il rapporto fra colonizzati e colonizzatori, ben lungi dall'essere stato il rapporto a senso unico fino a poco tempo fa descritto, con una popolazione nettamente più avanzata dell'altra, può probabilmente essere stato un rapporto biunivoco in cui le due diverse etnie si sono, fruttuosamente, influenzate a vicenda.   

Foto: wikimedia

giovedì 13 novembre 2014

Chi ha usato questo letto, Raymond Carver

Chi ha usato questo letto è una raccolta di racconti di Raymond Carver, forse la sua più importante. La raccolta, purtroppo giunta poco prima della morte dello scrittore, segna anche un momento di svolta nella poetica dell'autore, da tempo impegnato a trovare nuove vie per la sua espressività tra i versi della poesia più che nella prosa. La ricerca della parola esatta che squadri il reale porta, in conclusione della raccolta, Carver a intraprendere nuove vie al di fuori degli ambienti e dei personaggi che ha sempre analizzato. Lontano dall'America della provincia e dal mondo proletario, Carver torna alla Russia di Cechov, non per celebrare uno dei suoi autori preferiti, ma per scoprire la realtà delle piccole cose nell'umile cameriere che serve la sua famiglia nel giorno della morte.
Non possiamo sapere verso dove si sarebbe diretta la creatività di Carver se il cancro non l'avesse portato, sappiamo che i suoi racconti hanno rifondato un genere, che sono una lettura obbligatoria per chi voglia conoscere come la realtà possa ancora essere conosciuta in un'epoca, la nostra, in cui i dettami del postmodernismo negano l'esistenza stessa.

L'argumentum ad populum, quando la maggioranza non ha ragione

L'argumentum ad populum, il sostenere che si ha ragione perché c'è una maggioranza che lo conferma: questa fallacia logica è tipica della (mala)politica italiana, un fraintendimento (voluto o frutto d'ignoranza) della democrazia. Se vogliamo dietro ci sta l'idea degenere che il politico non debba fare altro che tradurre in realtà il volere del popolo, qualunque esso sia.

Così, giusto per ricordare la storia becera di questa argomentazione, a partire dal 1933, a colpi di maggioranza il regime hitleriano promulgò le leggi razziali che colpirono il primo luogo, ma non solo gli Ebrei. Era la maggioranza a volerlo. A partire dal 1938 lo stesso fece l'Italia di Mussolini, tra l'altro spesso andando oltre il dettato hitleriano, in una sorta di malato spirito di competizione. Anche allora era la folla a volerlo.

Torniamo indietro nel tempo: a partire dal Medioevo e per lungo tempo, sempre gli Ebrei furono considerati la razza maledetta, i presunti uccisori del Cristo, tanto da essere esclusi da ogni forma di tutela e di rappresentanza. Era la maggioranza a volerlo.

Fu la maggioranza a scegliere la crocifissione di Gesù di Nazareth

Era una grande maggioranza dei cittadini ateniesi ad essere d'accordo alla condanna a morte di Socrate.

Fu la maggioranza a votare la distruzione della piccola isola di Melo da parte di Atene.

Se volete continuiamo.


Appleseed Alpha, Masamune Shirow


Appleseed Alpha è un film d'animazione tratto dal manga Apleseed di Masamune Shirow, pubblicato nel 1985. In effetti Appleseed Alpha è una sorta di reboot della serie, riprende i personaggi originali della serie ma modifica parecchi dettagli.
L'impatto visivo del film è notevole, una buona realizzazione al computer permette di dare maggiore profondità ai personaggi e alle vicende, rendendo più attuale un comparto visivo che, altrimenti, avrebbe potuto soffrire lo scorrere del tempo. Il genere, il cyberpunk, ha del resto nel corso di questi trent'anni perso parte del suo appeal.
Proprio di questo limite soffre il film, dato che ciò che poteva apparire nel 1985 fantascientifico, sembra ad uno spettatore di oggi abbastanza scontato. Il mondo di Appleseed in cui droidi e uomini vivono assieme un un pianeta post terza guerra mondiale sembra qualcosa di ampiamente sfruttato, così ciò che poteva un tempo semrbrare originale, oggi appare annacquato. Per essere poi una storia ambientata in un mondo cyberpunk, sembra agli occhi dello spettatore contemporaneo praticamente assente qualcosa che associamo in maniera indissolubile al genere, ovvero la rete.
Il film poi soffre di ritmi spesso troppo lenti che, assieme a quanto detto, ne minano la fruibilità. Nel complesso Appleseed Alpha rimane una visione consigliata agli amanti del genere e della serie originale; per il resto dei possibili spettatori, meglio rivolgersi ad altro.


foto, sonyentertainmentnetwork.com/

mercoledì 12 novembre 2014

Giorgio Napolitano e la sua carriera politica

Recenti indiscrezioni né confermate né smentite sostengono in maniera sempre più insistente che il Presidente Giorgio Napolitano lascerà il suo incarico a Gennaio.
Cosa pensare di questo presidente?
Il giudizio politico su Napolitano presidente deve, a mio avviso, prescindere dalla carriera politica precedente. Nel suo passato politico Giorgio Napolitano non era di certo esente da macchie, basti pensare ai suoi commenti sull'intervento armati russo in Ungheria.
Appare invece pretestuoso accusare Napolitano per la presunta trattativa stato/mafia: il compito di un politico non è quello di ritirarsi in mondi astratti e ideali, ma di sporcarsi le mani; se trattare con la mafia avesse realmente impedito le tragedie successive, allora avrebbe potuto essere definito un successo. Ciò che mancò non fu la buona volontà, semmai la lungimiranza politica e la capacità di analisi, di fronte ad un interlocutore, la mafia, che trattava per mantenere vivo il suo status quo.
Il Giorgio Napolitano politico è anche quello delle prime leggi sull'immigrazione clandestina, con i retaggi culturali che ne sono seguiti.
Il Giorgio Napolitano presidente è stato però altro. Un servitore dello stato, in condizioni difficili, che ha fatto del suo meglio. Forse non abbastanza, ma non si può negare al presidente il tentativo di accompagnare l'Italia in una difficilissima transizione.
Di Napolitano presidente si ricorderanno le ingerenze politiche, forse: la sopportazione di Berlusconi fino all'evidente tentativo di eliminarlo politicamente; il tentativo di un governo tecnico di pacificazione, la rielezione e il pesantissimo discorso di insediamento al secondo mandato, l'accusa all'intera classe dirigente italiana di cui è lui stesso parte. Di lì in poi un uomo solo al comando durante i tentativi di insediare un governo, il fallimento Bersani, il debole governo Letta e, ora, l'uomo della provvidenza Renzi.
Oggi, sempre più un corpo estraneo al nuovo corso, Napolitano si avvicina alle dimissioni, conscio che il suo tempo in politica si è ormai esaurito e che una nuova epoca e nuovi volti, non per forza migliori dei precedenti, salgono alla ribalta.

Il mondo di Raymond Carver

Ci sono alcuni autori che, una volta che hai iniziato a conoscerli, ti accompagnano per lungo tempo, pian piano ti conducono nel loro mondo, ti aiutano a ragionare e a vedere i fatti in maniera sempre un po' diversa da quella a cui sei abituato. Questo è il caso di Raymond Carver, colui che per molti ha reinventato il racconto moderno.
Una caratteristica costante del racconto di Carver è la narrazione in prima persona. Questa scelta stilistica ovviamente facilita l'immedesimazione del lettore con il narratore. Quasi sempre i narratori dei racconti di Carver ne sono anche i protagonisti, sempre immersi in vicende che si snodano negli ambienti urbani della piccola provincia americana a cavallo degli anni '80. Pochi tratti fisici, perché ciò che conta è l'analisi psicologica, sempre approfondita, sfrondata di tutto ciò che può essere eccessivo. Un linguaggio piano, quasi basico, privato di ogni orpello retorico, che vuole giungere al succo della vicenda, non perché pretenda di coglierne la realtà, quello di Carver non è mero realismo, ma per giungere al paradosso nella maniera più limpida possibile.
Ciò che è chiaro alla fine di ogni racconto di Carver è come l'incomprensione sia sempre dietro l'angolo, come non sia data mai realmente la possibilità di esprimere e sentire l'amore o l'affetto altrui, come la realtà stessa nella sua materialità inquini fino a distruggere ogni prospettiva sentimentale, spirituale o metafisica
Quello di Carver è un mondo di piccole cose, di lavori da niente, di disoccupati, di disadattati, di alcol, a volte di canne, di macchine. È un mondo in cui televisione e radio sono lo sfondo perenne, in cui le strade dell'America profonda sono il paesaggio, in cui la vita quotidiana è il rumore di fondo che, costante, impedisce ogni profondità fino alla rottura dell'equilibrio; fino a quando un dettaglio, un'immagine, una parola, una lettera, un documentario, qualcosa non buca lo schermo di un mondo stilizzato per risplenderne l'irrazionalita.
L'io narrante dei racconti di Carver ne è quasi sempre una proiezione autobiografica, ma questo non deve far pensare che nei suo racconti l'autore scriva la sua autobiografia. Piuttosto Carver, come dovrebbe fare ogni buon scrittore, parla di ciò che conosce bene, di affetti conchiusi, di soldi che non bastano mai, di lavori ripetitivi. Proprio per la conoscenza che ha di questo mondo, finali come quello di Cattedrale divengono ancora più emblematici, la riscoperta di un senso in un mondo, quello della fine del Novecento, che di senso, anche per noi uomini del Ventunesimo secolo, sembra non averne.

venerdì 7 novembre 2014

Ma la Buona scuola funziona?

Leggo da più parti che il confronto pubblico lanciato dal governo Renzi sulla buona scuola non starebbe poi dando i risultati tanto attesi. Dopo qualche mese dal lancio dell'iniziativa, le proposte postate sul sito sono circa 60.000. A fronte di un corpo docenti italiano che supera le 720 mila unità. Considerato che in molte scuole c'è stata una vera e propria imposizione da parte dei dirigenti scolastici su i collegi docenti per aderire all'iniziativa, si capisce come l'attenzione nei confronti della consultazione sia in realtà minima.
I perché credo siano tanti:  in primis i docenti, naturalmente refrattari ad ogni tentativo di sovvertire l'ordine, nel bene o nel male, perché di riforme/tagli sulla loro pelle ne hanno viste già tante e perché spesso difendono quelle poche posizioni che hanno acquisito negli anni, senza neanche accorgersi o chiedersi se si tratti di un bene o di un male. L'interesse poi delle famiglie e degli studenti è stato praticamente nullo, e se vogliamo, per fortuna, visto che le proposte più strampalate postate sul sito sembrano venire proprio da chi è estraneo al sistema dell'istruzione e non ne conosce lo specifico.
Ma forse c'è qualcosa di più, ovvero un nuovo bisogno di demandare la decisione a chi dovrebbe saperne di più, a chi è competente.
Non è un mistero che il grande limite del sistema dell'istruzione italiana è stato lo scarso riconoscimento, nel corso degli anni, della competenza e della professionalità dei docenti, anche da parte dei docenti stessi. Forse il fallimento della Buona scuola può essere interpretato così: non solo, speriamo, la mera apatia dell'italiano, ma il riconoscimento che su un argomento complesso come l'istruzione le soluzioni non possono essere le semplici toppe proposte da questo o da quello, ma l'unica speranza è avere un'idea di scuola, di cosa pensiamo i nostri ragazzi debbano essere dopo il loro percorso di studi, cosa debbano sapere, saper essere e sapere fare. Non robetta.

giovedì 6 novembre 2014

Discutiamo del rapporto tra internet e democrazia



Mi sembra giusto discutere di questo video. Non posso non apprezzare la scelta open source che, al contrario di quanto avvenuto in Italia, garantisce la piena trasparenza di un sistema così strutturato. Però, come detto nella conferenza, prima che strumentale, la questione è culturale. Pensiamo ai dati della recente ricerca Ipsos MORI, allo sfasamento tra dati reali relativi, per esempio, alla società italiana, e la percezione diffusa. Ora, pensiamo anche di dare uno strumento decisionale come questo ad una società in cui diffusamente la percezione del reale sia distorta. Cosa accadrebbe? È lecito pensare che un rappresentante, al di là delle sue competenze specifiche, debba sempre seguire il voto di una folla di persone che, plausibilmente, non è altrettanto competente? Lasciando la decisione in mano ad un sistema che, almeno in teoria, potrebbe coinvolgere l'intera società, quanto è alto il rischio corporativista? Mi vengono in mente i comuni medievali, una democrazia per molti aspetti diretta e di fatto bloccata dai corporativismi, per questo dovette prima prevedere consigli decisionali più ristretti, poi addirittura la presenza di un'istituzione esterna come il Podestà.
L'accesso all'informazione garantisce la competenza? Inoltre, il digital divide non rischia di escludere alcune fasce di reddito e di età dal processo decisionale e, invece, sovrarappresentare altre?
In Italia assistiamo ad un nuovo fenomeno: pensiamo alla consultazione sulla Buona Scuola, con un numero di partecipanti relativamente basso. Possiamo ipotizzare influisca la disillusione, ma forse inizia a subentrare, dopo il fallimento politico diffuso del M5S una nuova consapevolezza, che non tutti sanno o devono essere competenti au tutto, ma, proprio per questo, non spetterà a tutti decidere su tutto. 


mercoledì 5 novembre 2014

La similitudine nella poesia simbolista


Per chi avesse problemi con Prezi, ecco le slides su su slideshare

La similitudine nella poesia simbolista

Fra poco Stefano Cucchi si sarà picchiato da solo

Sento con un certo disgusto le parole del segretario del SAPPE alla Zanzara sulla morte di Stefano Cucchi, parole con cui annuncia tra l'altro la denuncia a Ilaria Cucchi, rea di avere leso la reputazione della polizia penitenziaria. Tra le altre cose Donato Capace non ha potuto fare a meno di accusare la famiglia Cucchi di avere abbandonato il figlio.
E anche fosse?
Questo dà diritto di picchiarlo mentre è recluso?
Questo dà diritto di tenerlo recluso fingendo che sia un senzatetto albanese?
Questo dà diritto ai diversi tentativi di insabbiamento del caso?
Questo dà diritto alla diffamazione della famiglia?
La cosa più spregevole di tutto ciò è come un giudizio morale su un ragazzo serva a coprire gli errori della polizia e dei medici. Evidentemente la morte di un ragazzo che "aveva intrapreso una brutta strada" vale di meno di quella di un figlio di una buona famiglia, e non merita giustizia.


martedì 4 novembre 2014

Ciò che gli Italiani non sanno

È qualcosa che viene denunciato su questo blog già da anni, ovvero l'ignoranza diffusa nel nostro paese. Non mi riferisco al non sapere la data di nascita o di morte di questo o quel poeta, tutto ciò sarebbe nozionismo, ma al fraintendimento sistematico della realtà.
A riprova di quanto detto svariate volte, su un po' tutti i giornali sono comparsi i dati allarmanti di una ricerca Ipsos MORI che dimostra, su campioni provenienti dalla gran parte dei paesi sviluppati, come gli Italiani siano coloro che conoscono meno la realtà che li circonda, dando ovviamente largo spazio quindi a paure e complottismi.
Due dati su tutti: la disoccupazione reale del nostro paese si attesta al 12,6 %, quella percepita ad un pauroso 49 %; il dato sulla presenza di immigrati è altrettanto imbarazzante, con un 30% percepito sulla popolazione totale italiana, a fronte di un 7% reale, di cui appena il 4% di Musulmani.

Insomma, si aprono tutta una serie di questioni, in primis su come gli Italiani si informano, su come vagliano le loro informazioni; ma c'è poi da discutere di come i media italiani agiscano, manipolando i dati e le informazioni, in funzione del rapido successo e dello scandalo; andrebbe poi aperto un capitolo sulle reali competenze acquisite nella scuola pubblica italiana, soprattutto per quanto riguarda l'analisi e la comprensione dei testi.

Si tratta di dati allarmanti, ovviamente, su cui occorre riflettere con attenzione; da sempre un popolo ignorante è un popolo facilmente sottomesso e soggiogato da questo o quel potere, da questa o quella paura o da questo o quell'entusiasmo

Update
Ritengo che il problema sia complesso e che non si possa risolvere se non agendo su più piani, a partire dall'istruzione, continuando per i mezzi d'informazione di massa, finendo per coinvolgere la stessa classe politica e la società civile; non è solo il problema delle competenze nell'uso e nella comprensione della lingua, competenze che oggi la scuola fatica a dare; non è neanche un problema della sola informazione, perché ci fossero le competenze di cui sopra sarebbe facile smascherare chi manipola le informazioni; ma non è solo un problema di istruzione e informazione, perché c'è una classe dirigente che sulla propaganda perenne ha vissuto per anni, così come c'è una società civile, nel suo complesso, che ha smarrito l'idea di rappresentanza, ora semplicemente delegando al potente di turno, ora gettandosi in avventati, sconclusionati e disinformati attivismi.

Repertori per la Flipped Classroom

Siti per i video e per le videolezioni:
http://www.raiscuola.rai.it/, permette di organizzare i video assemblando delle lezioni, a cui puoi aggiungere anche voci da wikipedia

http://ed.ted.com/ come raiscuola permette di assemblare lezioni, da TED e da Youtube, aggiungendo domande a risposta aperta e a risposta chiusa, a te arriveranno le risposte.

https://www.khanacademy.org/ da cui tutto ha avuto inizio...

http://new.ovo.com/, brevi video di carattere enciclopedico

Approfondimenti

http://www.pearson.it/digital-literacy corso della pearson che fornisce utili spunti.

https://itunes.apple.com/it/course/per-una-didattica-innovativa/id733494225  materiali vari sulla classe capovolta, provenienti dalle sperimentazioni dell'ITIS Majorana

Applicazioni

Prezi http://prezi.com/user/unur3bpse_rq/ (questa è la mia pagina) ottimo per fare delle slides e presentazioni un po' più fighe del solito
Deck.in http://deck.in/ altro sito per realizzare belle slides
slideshare http://www.slideshare.net/sebastianocuffari/ (sempre la mia pagina) per mettere slides o cercarne di già fatte
mindomo https://www.mindomo.com/it/ per realizzare mappe concettuali
mindmeister http://www.mindmeister.com/it anche questo per realizzare mappe concettuali
Lucidchart https://www.lucidchart.com/ il più completo per realizzare mappe concettuali
lucidpress https://www.lucidpress.com/ per realizzare testi impaginati come se fossero delle riviste
Socrative http://www.socrative.com/ per realizzare questionari online, anche in modalità molto simili a dei videogiochi, molto coinvolgente per gli alunni
Questbase http://www.questbase.com/ anche questo per realizzare questionari online
Zunal http://zunal.com/ sito per realizzare webquest

su tutti, fondamentale
Google drive
permette di creare documenti condivisi, anche in contemporanea, archiviare 15 giga di documenti sempre visibili da ovunque e qualunque dispositivo

foto:stelliniudine.gov.it

Il simbolismo


lunedì 3 novembre 2014

Rai Scuola - la belle époque

Rai Scuola - la belle époque

Ottomani: la fine di un impero

I genocidi degli Armeni


Il Giappone nell'epoca Meiji

Rai Scuola - La Russia degli Zar

Rai Scuola - La Russia degli Zar

Giosuè Carducci



Per chi avesse problemi con Prezi, ecco la presentazione su Slideshare
link

domenica 2 novembre 2014

Libramente si fa rivista su Flipboard

Giusto per darvi una comunicazione, da oggi questo blog diventa anche una rivista su Flipboard link o sull'immagine, la potete scaricare cliccando sul


The Pitt, R. Scott Gemmill

The Pitt, ideata da R. Scott Gemmill, è una serie TV messa in onda su HBO e prodotta da Warner Bros, con protagonista Noah Wyle....