martedì 25 febbraio 2014

Renzi, Giannini e la scuola pubblica

In questi giorni di richiesta di fiducia, Matteo Renzi e la sua ministra dell'istruzione Giannini hanno parlato tanto di scuola. Ma se le dichiarazioni del presidente del consiglio non sembrano in realtà andare oltre i buoni propositi, ben più importanti e, per molti aspetti, preoccupanti sono le parole del ministro Giannini.
Certo Renzi ha parlato di edilizia scolastica e di recupero dello status dell'insegnante. Cose bellissime, ma precedute dall'asserzione emblematica che per cambiare la scuola non c'è bisogno di soldi, ovvero, non aspettatevi gli agognati nuovi finanziamenti.
In realtà la vera e propria dichiarazione di guerra agli insegnanti viene però dal ministro Giannini che, in pochissimi giorni, ha già rilasciato non si sa bene quante dichiarazioni ai vari quotidiani nazionali, tanto che starle dietro risulta anche abbastanza difficile. In primis la ministra ha dichiarato di voler superare il sistema degli scatti di anzianità per gli insegnanti a tempo indeterminato: occorre ricordare che ad oggi gli scatti sono l'unico strumento di avanzamento di carriera nella scuola pubblica, mentre il ministro ha insistentemente parlato di superamento di questo sistema e di valorizzazione del merito, in special modo tramite la valutazione dei risultati raggiunti tramite le prove Invalsi.
Già altre volte su questo blog ho dichiarato il mio favore per la valutazione degli insegnanti, ma questa deve essere preceduta da un sistema di formazione adeguato. In una qualsiasi azienda il dipendente viene ciclicamente aggiornato e formato a spese del datore di lavoro, non così nella scuola pubblica, dove  l'aggiornamento viene demandato all'insegnante e al suo stipendio; non c'è da stupirsi quindi se questi, quando può, lo evita.
Ancora peggio, la ministra si è detta favorevole ad un riordino dei cicli scolastici, sostenendo che il punto debole della scuola pubblica sia la Secondaria di Primo Grado e, affondo ben più velenoso, ha dichiarato di essere favorevole a delle scuole superiori di quattro anni. Come si faccia a parlare di riordino dei cicli e di accorciamento di essi senza un reale discorso approfondito sulla didattica e i programmi promossi, questo è uno dei misteri di una scuola, quella pubblica italiana, affidata a degli amministratori che di didattica quasi sempre non sanno nulla.
Difatti la ministra non ha potuto poi fare a meno di sostenere che la scuola pubblica dovrà divenire sempre più simile all'università. A parte il fatto che l'università in Italia non è certo uno dei nostri vanti, anzi, andrebbe detto che in proporzione i risultati migliori sono raggiunti dalla scuola e non dagli atenei, la ministra dimentica, come il partito che le sta dietro, che la funzione della scuola è diversa da quella dell'università, e diverse sono le caratteristiche di queste due istituzioni. Forse non ci si rende conto che insegnare in un'aula di università ad un uditorio fondamentalmente interessato non è la stessa cosa che tentare di interessare e coinvolgere aule di bambini o adolescenti; così un discorso serio sulla valutazione del docente di scuola non può basarsi esclusivamente sul mero dato della produttività. L'insegnante è figura di confine, ormai vicina a quella dell'assistente sociale, in molti casi più dedita a sopperire alle mancanze della famiglia che alla semplice trasmissione dei saperi disciplinari, pur importanti. Gli stessi saperi andranno modulati in maniera diversa a seconda dell'uditorio e del contesto, rendendo di fatto impossibile un giudizio sul prodotto. Molto più sensato valutare il processo. Ma tutto ciò non sembra interessare alla ministra che, a giudicare anche quanto detto in passato, quando definì in pratica dei fannulloni i nostri docenti, pensa ad un sistema in cui il dirigente scolastico possa ssumere i docenti tramite la chiamata diretta o concorsi locali. Il problema della scarsa trasparenza di questi concorsi, com'è del resto il caso dei concorsi a livello universitario, non sembra sfiorare il ministro, concentrata sull'idea che la scuola pubblica possa sfornare dei piccoli robot già belli e pronti per il mondo del lavoro.
In ultimo il ministro ha proposto un deciso passo indietro rispetto al programma di digitalizzazione proposto da Profumo prima e Carrozza poi. Un evidente regalo alle case editrici e l'ennesimo cumulo di ritardo rispetto al resto dell'Europa, dietro la maschera del bisogno di un contatto fisico con la carta. Raccontiamoci pure che non esiste istruzione senza la carta, ma basterebbe avere un minimo di contezza storica per sapere che non è così. Si provi a leggere due pagine che siano due di Socrate. Non riuscite? Non è colpa vostra, semplicemente Socrate pensava che la carta incancrenisse il sapere e tutto ciò che ha detto ci è pervenuto tramite i suoi discepoli che, anche loro, non lesinavano l'uso del confronto orale se, come sembra, sia nel caso di Aristotele che di Platone, le loro opere scritte non dovrebbero essere altro che delle specie di introduzioni alle loro lezioni. Insomma, dovremmo dover avere chiaro che anche l'uso della carta, come qualsiasi altra cosa umana, è un fatto storico e come tale va trattato, ovvero avendo la consapevolezza che è transeunte e che il suo superamento non sarebbe un dramma esistenziale ma solo un cambiamento come tanti altri si sono vissuti lungo tutto l'arco dell'esistenza dell'uomo.
In realtà, guardando ancora più in profondità a quanto detto dal ministro, emerge come l'interesse del primo utente della scuola, ovvero lo studente, non venga minimamente preso in considerazione. Quanto detto segue solo un ragionamento ben preciso, ovvero accontentare le richieste del mondo del lavoro, miope di fronte alla necessità di investire sulla ricerca, e agli interessi politici di questo o quel partito, questa o quella fazione. Non per niente, come detto prima, la conoscenza o la riflessione sulla didattica non emerge mai dalle dichiarazioni lette fino ad ora sui giornali.

La nascita dell'Islam

venerdì 21 febbraio 2014

Due o tre note sul nascente governo Renzi

1. Diteglielo, per favore, che la sindrome di Peter Pan è una malattia. No perché già partiamo male: cazzo, a 38 anni non sei un ragazzo! Sei un ometto, sai Renzi, e le bischerate non ti sono più concesse!

2. Bravo, bel segno di discontinuità aver tolto Bray dalla Cultura dove stava lavorando benissimo, cosa che a quel Ministero non si vedeva da anni, per mettere Franceschini, che nella sua storia ha a l'attivo, beh, insomma, che cosa ha all'attivo? Ah sì, dei nomignoli e qualche libretto, oltre alla lunga serie di fallimenti politici. Ottimo.

3. Bella mossa anche dare la scuola a Scelta Civica e alla Giannini, dopo che praticamente ogni sindacato ti aveva chiesto di non farlo. Ma non per qualcosa di personale, sai, semplicemente perché Scelta Civica e la Giannini si sono distinti negli ultimi anni per aver dato dei fannulloni alla categoria degli insegnanti e aver proposto di portare a 24 ore le ore di lavoro riconosciute (ricordiamo sempre che le ore di preparazione delle lezioni, delle verifiche e delle correzioni in Italia, solo in Italia, non vengono riconosciute come ore di lavoro...) senza aumentare gli stipendi (che poi mettendo anche le ore pomeridiane per le riunioni sarebbero 26...). No, bravo davvero, praticamente una dichiarazione di guerra alla scuola.

E se mettessimo in discussione la Fondazione Agnelli?

Sono anni che la Fondazione Agnelli propone riforme di stampo liberista per la scuola e, ogni volta che vengono applicate, ne segue un peggioramento dei risultati e un abbassamento del livello delle nostre scuole. Ma la colpa poi è sempre dei docenti fannulloni e/o degli studenti che sono sempre più svogliati/ignoranti/deconcentrati...  Ma se invece, per una volta, mettessimo in discussione la Fondazione Agnelli?

Sull'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti

Così il primo provvedimento del Parlamento in epoca Renzi è l'abolizione del finanziamento pubblico partiti. Tutto bello, come da copione, come da volontà popolare, un perfetto happy end insomma. Insomma.
Perché quando si toccano certi principi che sono sacrosanti e radicati nelle democrazie, occorrerebbe prendersi il tempo di studiare davvero cosa si sta facendo e non lasciare le decisioni alla pancia della volontà popolare. Machiavelli lo diceva,  "il popolo molte volte desidera la rovina sua ingannato da una falsa specie di bene; e come le grandi speranze e gagliarde promesse facilmente lo muovono." (Discorsi sulla prima decade di Tito Livio, I, 53). Avete raccontato al popolo che avrebbe risparmiato del denaro abolendo il finanziamento pubblico, bene, ma solo ora emerge che si tratta di un euro e cinquanta a testa all'anno. Ma al di là della cifra, di per sé pressoché simbolica, avete spiegato quali saranno le conseguenze? Proviamo a pensarci.
In una democrazia la politica ha dei costi, è inutile che ci si dica il contrario. E l'esempio del M5S, cioè del partito che più ha propugnato l'abolizione del finanziamento, lo rende ancora più evidente. Il M5S è frutto di un compromesso per certi versi (ci si augura) irripetibile. Vero è che il Movimento non ha chiesto, o meglio, non ha potuto chiedere, a norma di legge, neanche una lira per il suo finanziamento, ma esso si autofinanzia grazie alla commistione fra la ricchezza personale di un miliardario, il suo fondatore, Beppe Grillo, nonché proprietario a titolo legale, e le aziende di Casaleggio che ne gestiscono il principale canale d'informazione, il sistema di consultazione, etc. Va poi ricordato come sin da subito la raccolta di denari che ha permesso al Movimento di sopravvivere è venuta grazie al carisma, alle capacità istrioniche di Grillo, oltre che, almeno in parte, dai proventi dei suoi spettacoli. Insomma, se dovessimo immaginare la democrazia italiana organizzata sul modello del M5S dovremmo avere il coraggio di dirci che i partiti dovrebbero tutti ruotare intorno a ricchi finanziatori e mecenati che, almeno in principio, ne finanzino le attività e raccolgano attenzioni su di essi. Insomma, una democrazia che parte dall'alto, dalle élite, dalla ricchezza gentilmente concessa.
Non senza rischi, perché da che mondo è mondo, chi caccia la grana in politica vuole qualcosa in cambio. Ecco che si ripresenta uno spettro che da vent'anni cerchiamo di cacciare dalla finestra, spettro che ora ricompare dalla porta principale, quello del conflitto di interessi. Se i partiti non potranno più attingere ai finanziamenti pubblici per poter sostenere le loro attività sul territorio, a partire, banalmente, dagli affitti delle sedi (o pensiamo di abolire del tutto il confronto dal vivo, escludendo dalla vita politica quei 4 Italiani su 10 che non hanno accesso ad Internet o non sanno come si adoperi la rete?), come potranno agire se non grazie a sponsor privati sempre più interessati nell'indirizzarne le linee programmatiche ed i provvedimenti in caso di governo?
Il rischio è che per seguire l'ennesima ondata populista di un paese che non sa ragionare ma che comprende solamente le spinte a furor di popolo (si pensi solamente alla scandalosa manipolazione della realtà anche da parte di partiti politici come Fratelli d'Italia sulla questione Stamina) si stia consegnando la democrazia, imperfetta e corrotta quano vogliamo ma con degli anticorpi per i suoi mali che ora abbiamo cancellato, ad una oligarchia e a quei poteri forti che, con la scusa del combatterli, vengono così favoriti.

giovedì 20 febbraio 2014

Atene dalle origini a Pisistrato

Guerra civile in Ucraina

Magari noi non ce ne accorgiamo, troppo intenti negli autismi di Grillo e Renzi, ma alle porte della nostra Europa è scoppiata una guerra civile. Perché 50 morti in due giorni sono un bilancio di guerra.
E allora dovremmo forse osservare che cosa si sta sviluppando a Kiev; vedremmo, fra le altre cose, scontrarsi diversi e contrapposti interessi economici, vedremmo la tradizione filorussa e il desiderio di condivisione dei diritti europei.
Dovremmo allora forse riconsiderare lo sproloquio antieuropeo che tanto è di moda nel nostro paese e smettere di dare per scontati dei diritti che non lo sono stati finché non siano stati coperti dall'ombrello dell'Europa.
E forse dovremmo smettere di usare le parole con leggerezza, perché dire che non si è democratici ha delle conseguenze, due che gli avversari sono tutti fascisti o comunisti ha delle conseguenze, delegittimare le istituzioni ha delle conseguenze, come impedirne il regolare funzionamento o imbrigliare le opposizioni. Non lo abbiamo voluto vedere nei volto dei migranti arabi che provenivano dal Mediterraneo meridionale, saremo costretti a vederlo nel volto dei cittadini di Kiev?

domenica 16 febbraio 2014

Degli imperialismi di ogni tempo

A volte mi sembra che tutto ciò che ci separa dagli antichi non sia il nostro inimmaginabile progresso tecnologico, ma la nostra incapacità di guardare allo scorrere del tempo come ad una realtà che prima o poi ci fagociterà tutti, ricchi, potenti, poveri e oppressi, o più semplicemente ignavi.
Di fronte allo spettacolo di Cartagine lì li per essere distrutta dalla sua eterna rivale Roma, racconta Polibio che Scipione pianse pensando alla sorte che muta nel tempo. Ma già Tucidide ci racconta di come le ricchezze di Sparta e Atene apparissero così lontane tra di loro, malgrado il reale valore delle forze in campo. Erodoto ci racconta dello sgomento dei Grandi Re persiani innanzi ai loro stessi eserciti, E Solone ammonisce Creso, colpevole di considerarsi l'uomo più felice sulla terra, lo ammonisce dicevo di giudicare la sua vita solo al sopraggiungere della morte.
Ma su tutti è Tucidide ad indicarci come il potente non potesse non avere contezza dell'essere transeunte: nel dialogo tra Ateniesi e Melii, di fronte al rimprovero di questi ultimi, all'iinvito a pensare a quando gli Ateniesi si troveranno nella loro stessa condizione allorquando una nuova potenza sarà sorta, sono gli Ateniesi stessi a mostrare lucida coscienza: finché saranno loro i potenti, applicheranno la legge del più forte, sapendo bene che verrà il giorno in cui qualcuno lo farà con loro.

E oggi? Quale potente mostra una parvenza di questa saggezza? C'è nei nostri leader la consapevolezza che il mondo non finirà in loro e con loro?
Francamente non sembra.

John Elkan ed il bel tacere

Uno dei problemi del nostro paese, è risaputo, è la disoccupazione, in particolar modo se parliamo di quella giovanile che, soprattutto al meridione raggiunge tassi altissimi. Una disoccupazione che nasce da diverse problematiche e che ha anche, certo, una certa dose di componente culturale. Ma ridurla, come fa John Elkan, a semplice mancanza di ambizione e all'abitudione a stare a casa, ecco tutto questo mi sembra offensivo.
Forse, come detto da molti, Elkan non ha mai visto un centro per l'impiego, o forse non sa cosa voglia dire realmente trasferirsi di casa per cercare lavoro. Insomma, non come è capitato a lui, ben spesato per ogni necessità, ma magari dover pagare un affitto senza poter fornire la garanzia di una busta paga e dovendo ricorrere alla garanzia della pensione di un genitore; magari non sa Elkan dell'uso spropositato di contratti a progetto che, senza un salario minimo garantito, impediscono ogni forma di programmazione della propria vita.
Parla di occasioni non colte, Elkan. Ma se per lui occasione vuol dire uno stipendio di mille euro netti dovendo poi pagare un affitto di circa cinquecento euro, forse noi ed Elkan abbiamo idee diverse di occasione.
E faccia il favore di non parlare di meritocrazia lui che, appena laureato, per carità, al Politecnico di Milano, si è ritrovato a dirigere una multinazionale, è evidente, per i suoi meriti e per la lunga gavetta alle sue spalle che lo ha portato a ricoprire il suo incarico; incarico da cui non ha poi certo potuto fare a meno di decidere di andare a pagare le tasse altrove, perché, sembra chiaro, Italia e Italiani non le meritavano.
Elkan spieghi ad un giovane che non trova lavoro cosa c'entra la sua carriera con la meritocrazia, cosa c'entrino le carriere di suo fratello Lapo, dei suoi cugini. Spieghi come può parlare di opportunità il dirigente che ha assecondato Marchinne nella sua politica incostituzionale secondo cui un sindacato, se non è pronto a firmare i suoi diktat, perde il diritto di rappresentanza.
Insomma, Elkan spieghi perché lui, potente, non ha potuto fare a meno di ostentare il suo disprezzo verso i suoi sottoposti, evidentemente immemore di quanto già 2500 anni fa Solone insegnava al re di Lidia Creso, che tutte le sue ricchezze un giorno sarebbero scomparse e che solo allora avrebbe dovuto giudicare la sua felicità e la sua potenza.

sabato 15 febbraio 2014

Ancora, per l'ennesima volta, in favore dell'eutanasia

Premesso che l'eutanasia per i minori mi convince poco perché credo che questa debba essere una scelta lucida e consapevole, cosa che un minore non può ancora avere, detto questo dire che la legge belga servirà per scopi eugenetici è semplicemente fare cattiva e mala informazione a scopi ideologici. Non c'è una sola ragione per sostenere questa tesi se non quella di volere a prescindere smontare il concetto stesso di eutanasia. Peccato che uno stato è laico nella misura in cui permette ai suoi cittadini anche di credere che la loro vita non appartiene ad un qualsiasi dio, despota, leader carismatico o quello che volete voi, ma che sono liberi nel gestirla come vogliono nella misura in cui non sia da nocumento per gli altri. Se sono stanco di soffrire e non ci sono cure per le mie pene perché devo essere costretto a vivere? La mia vita non appartiene a nessun altro che a me stesso. E non raccontiamoci le frottole delle cure palliative: ad oggi esse non sono la soluzione ai dolori, li alleviano, ma se permettete, se devo sapere di non poter essere curato e di non poter comunque alleviare del tutto le mie sofferenze, la scelta se proseguire o piantarla lì deve essere solo mia, non di predicatori, politici, demagoghi e via dicendo.

giovedì 13 febbraio 2014

Ben felice di non averlo votato

Per carità, magari il tempo e la storia mi smentiranno, ma oggi sono ben felice di non aver votato Renzi in passato. Diciamoci cosa è accaduto oggi: con una buona dose di ipocrisia e di faccia da culo, Matteo Renzi, dopo essersi appropriato della posizione di segretario del PD per trovarsi in una situazione di vantaggio, ha fatto fuori Enrico Letta da Presidente del consiglio. Più o meno con questa motivazione: hai fatto bene (a sì?) e io ti caccio. E ti caccio perché se andiamo ora alle elezioni e mi candido io perdiamo e io ci perdo la faccia, quindi bisogna proseguire in questa legislatura fino a quando si può e con chiunque ci stia. Alla faccia di quanto raccontato negli ultimi cinque anni di smaronamento sulla rottamazione, sul no alle larghe intese e via dicendo.
In realtà Matteo Renzi pare guidato da un desiderio matto di prendere il potere: bene, ci mancava un altro presunto statista che si crede l'uomo della provvidenza, proprio quello che ci serviva dopo il puttaniere ed il comico.

lunedì 10 febbraio 2014

Domande di un lettore operaio - di Bertolt Brechet

Domande di un lettore operaio -
di Bertolt Brechet -
Tebe dalle Sette Porte, chi la costruì?
Ci sono i nomi dei re, dentro i libri.
Son stati i re a strascicarli, quei blocchi di pietra?
Babilonia, distrutta tante volte,
chi altrettante la riedificò? In quai case,
·di Lima lucente d'oro abitavano i costruttori?
Dove andarono, la sera che fu terminata la Grande Muraglia,
i muratori? Roma la grande 
è piena d'archi di trionfo. Su chi
trionfarono i Cesari?
La celebrata Bisanzio 
aveva solo palazzi per i suoi abitanti? 
Anche nella favolosa Atlantide 
la notte che il mare li inghiottì, affogavano urlando 
aiuto ai loro schiavi. .
Il giovane Alessandro conquistò l'India.
Da solo?
Cesare sconfisse i galli.
Non aveva con sé nemmeno un cuoco?
Filippo di Spagna· pianse, quando la flotta
gli fu affondata. Nessun altro pianse?
Federico II vinse la guerra dei Sette Anni. Chi,
oltre a lui, l'ha vinta?
Una vittoria ogni pagina.
Chi cucinò la cena della vittoria?
Ogni dieci anni un grand'uomo.
Chi ne pagò le spese?
Quante vicende,
tante domande.

venerdì 7 febbraio 2014

Il fraintendimento dei Mooc

In un suo articolo Tullio De Mauro ha discusso delle recenti critiche ai Mooc. In particolare la critica che mi ha colpito è una, ovvero i Mooc sarebbero difficili e perciò selettivi. Cito questo passaggio perché mi sembra l'emblema di un generale fraintendimento della didattica ai tempi della rete.
Mooc, flipped classroom, digitalizzazione diffusa, l'uso di sistemi multimediali per poter parlare ai diversi stili cognitivi: in ogni caso parliamo di strumenti e di tecniche. Strumenti e tecniche che rendono il sapere potenzialmente più diffuso ma non ne eliminano la fatica. Sia chiaro: la conoscenza richiede fatica e la cultura della fatica. Posso fare in modo che uno studente dislessico non sia costretto a leggere quantità di pagine ma possa apprendere tramite mappe concettuali e video, ma lo studente quelle mappe dovrà comunque studiarle, e bene, anche meglio dello studente con altri stili cognitivi. Un Mooc di letteratura greca permette gratuitamente un facile accesso ad un argomento specialistico, ma, giustamente, non lo rende epistemologicamente più semplice.
È un errore di prospettiva comune, è l'errore che commettono gli studenti che dopo i primi entusiasmi si scoraggiano di fronte alle difficoltà dello studio con i nuovi strumenti, ed è l'errore che commettono i docenti con i paraocchi che lanciano strali contro la multimedialità nelle aule e che dovrebbero guidare i suddetti studenti.
Lo ripeto, gli strumenti e le tecniche permettono di parlare a più persone, ma la semplificazione degli argomenti spetta all'uomo, lì dove possibile, e in corsi universitari come i Mooc sarebbe qualcosa di esecrabile.

giovedì 6 febbraio 2014

Precisazioni sullo stato della discussione teorica sull'istruzione in Italia

Così, tanto per vergognarci un po', nel mondo si discute di Mooc, flipped classroom, blended teaching, da noi discutiamo di immissioni in ruolo, INVALSI e della cancellazione dell'ora di Storia dell'arte. Forse il problema non è politico, il problema è culturale. Il problema non è l'istruzione in Italia, forse il problema è che gli Italiani non hanno un'istruzione.

martedì 4 febbraio 2014

L'età arcaica della Grecia antica

Sparta, storia e cultura

Logica a proprio uso e consumo, parte seconda

Per carità, il questore che alza le mani su una donna commette qualcosa di esecrabile, ma questo non giustifica l'Onorevole Lupo che mente dicendo che lei stava rispettando le regole, perché assalire i banchi del governo e occuparli NON è rispettare le regole.

Possibili approfondimenti

Se insegnassi in un liceo o all'Università mi piacerebbe proporre questi approfondimenti:
1 l'iconografia del dolore, fonti scritte e archeologiche sulla scena funeraria nel Mediterraneo;
2 lo stare insieme a tavola, dal sissytion al simposio, la cultura del mangiare e quella del bere nel mondo antico;
3 l'iconografia di Beatrice e la sua permanenza nell'arte e nella letteratura;
4 dall'eroe omerico all'atleta, fonti sulla nascita dei giochi panellenici;
5 la simbologia del potere, l'auto rappresentazione dell'autorità dagli Egiziani al Medioevo.
Almeno uno di questi approfondimenti potrebbe funzionare anche in un istituto tecnico a specializzazione sportiva (qualsiasi cosa voglia dire?)

domenica 2 febbraio 2014

La desolazione di Smaug

Che brutto film questo La desolazione di Smaug, seconda parte di una trilogia che non avrebbe dovuto essere per nessun motivo una trilogia.
Il film sembra trascinarsi senza un perché, o meglio, il perché è evidente a chiunque conosca il libro da cui è tratto. Semplicemente il Lo Hobbit è troppo breve e un testo troppo semplice per poter essere trasferito adirittura in una trilogia, e così Peter Jackson dà l'impressione di voler strafare facendo entrare nella vicenda degli elfi che hanno a che fare con il dettato dell'opera ben poco. Quando poi, invece, si poteva dare risalto ad altri brani dell'opera ben più importanti.
Il tutto viene confezionato quindi in malo modo, e non basta a salvare il film il finale aperto e la grandezza di un personaggio, il drago Smaug, che sovrasta tutti per profondità, tanto da rivaleggiare con il Gollum della trilogia de Il signore degli anelli. Ma Smaug si trova immerso nella pochezza della compagnia di nani che lo fronteggia, mentre Gollum aveva contro la Compagnia dell'anello e un duo, quello di Frodo e Sam, che ne facevano da esatto contraltare.
Insomma, malgrado l'anello e malgrado Smaug questo film delude, forse perché, per un tolkieniano come me, vedere un film tanto atteso discostarsi così tanto dall'opera da cui è tratto, è un colpo al cuore. Peter Jackson, ci vediamo l'anno prossimo con il terzo film, e cerca di non deluderci.

Capitan Harlock 3D

Con colpevolissimo ritardo, eccomi a parlare del film di Capitan Harlock in 3D, uscito ai primi di Gennaio, che tanto clamore ha suscitato e tanto ha fatto parlare di sé.
La prima cosa che posso dire è che il film mi è piaciuto, e pure tanto.
Certo, è vero tutto quello che si è letto in rete, ovvero che Harlock non è il vero protagonista della vicenda, che lascia spazio alla genesi di due nuovi personaggi, che uno di essi solo apparentemente ne prende il posto. Ma, come detto dal regista della pellicola, Harlock è un personaggio talmente completo che l'unico modo alternativo a questo per parlarne in una nuova pellicola poteva essere solamente la riscrittura delle sue origini, cosa che Matsumoto ci ha risparmiato, avendoci già donato il bellissimo L'Arcadia della mia giovinezza.
Insomma, in questo film si racconta il mito di Harlock: un Capitano ormai centenario, la cui vita è indissolubilmente legata a quella della sua nave, l'Arcadia. Un Capitano che si scopre anch'egli colpevole della decadenza e delle illusioni in cui gli uomini sono ormai sprofondati, ma che da queste illusioni vuole liberare, circondato da personaggi completi che, ciascuno per i propri fini, si mantengono coerenti nello svolgimento della vicenda.
Alcuni passaggi logici appaiono talora poco chiari, ma il complesso della trama regge alla riscrittura di una vicenda che ha segnato una generazione fra anni 80 e anni 90, donando ad un attimo che si ripete nel tempo il sapore dell'eternità.

The Pitt, R. Scott Gemmill

The Pitt, ideata da R. Scott Gemmill, è una serie TV messa in onda su HBO e prodotta da Warner Bros, con protagonista Noah Wyle....