martedì 29 aprile 2014

Grillo contro i No Euro

Cito da Massimo Di Bello su Google+

Sì, è proprio Grillo che scriveva queste cose sul suo blog il 6 giugno 2005. Attaccando la Lega Nord scriveva: "L’Europa ci chiede di fare riforme strutturali e la Lega Nord si dichiara orgogliosa dei debiti accumulati e chiede di uscire dall’Euro, usato come alibi per una politica fallimentare. L’uscita dall’Euro condurrebbe il Paese alla rovina definitiva." e "Questi vogliono far fallire l’Italia per comprarsela a prezzi di saldo."
Poi a quanto pare ha capito che prendersela con l'euro poteva portargli voti e dato che è solo questo quello che gli interessa, come da lui stesso candidamente ammesso (vi ricordate il "Se durante le elezioni politiche avessimo proposto l'abolizione del reato di clandestinità... il M5S avrebbe ottenuto percentuali da prefisso telefonico"), ha cavalcato questa malsana idea che la colpa di tutti i mali sia l'euro. Usando il trucco del fantomatico referendum, in modo da prendere voti sia da quelli che ce l'hanno con l'euro sia di quelli che sanno che sarebbe una pazzia uscire dall'euro.
Vi segnalo un articolo con alcuni autorevoli pareri sull'uscita dall'euro, come: "«E' uno scenario al quale non voglio credere, perché assisteremmo a un crollo dei consumi e ci troveremmo in un clima di economia di guerra», dice Giorgio Santambrogio, direttore generale di Interdis, il gruppo distributivo con oltre 1.600 supermercati, supermercatini e cash&carry (tra cui Sidis, Dimeglio, Etè e Migross)."
http://espresso.repubblica.it/affari/2014/04/28/news/cosa-succede-se-torna-la-lira-tutti-i-rischi-di-dire-no-all-euro-1.163061
Qui il post sull'euro di Grillo:
http://www.beppegrillo.it/2005/06/informazione_da_1.html
il "prefisso telefonico":
http://www.beppegrillo.it/2013/10/reato_di_clandestinita.html

#grillo   #euro  

mercoledì 23 aprile 2014

Disinformazione spacciata per informazione

Posto qui, ma è solo uno dei tanti esempi possibili, un post a mio avviso delirante e con dati usati in maniera al limite del reato. Per intenderci, se questo fosse un articolo di giornale, avrebbe procurato una causa al suo autore, ma, trattandosi di un blog, la cosa passa in secondo piano. Per carità, questo discorso riguarda anche questo post e questo blog.

No, per dire, la libertà di parola è anche diritto al delirio, al procurato allarme e alla disinformazione? È così sbagliato pensare che per i blog, che spesso hanno più risonanza dei giornali online, si debba trovare un modo per far assumere, a chi scrive, anche la responsabilità per i dati e le informazioni manipolate che riporta? Non parlo di censura o delazione, MA di qualche strumento attraverso cui, se invento notizie, offrendo qualcuno o procuro allarme pubblico debbo essere perseguito, senza nascondermi dietro la libertà di parola o la virtualità e l'aleatorietà della rete.

lunedì 21 aprile 2014

170 anni e non sentirli: la tradizione della caccia all'untore in Italia

Come riporta in maniera molto competente il sito Vice.com e riprende ilpost.it, in Italia non è in corso o non si profila alcuna epidemia di Ebola. Tuttavia, alcuni movimenti politici, gruppi su facebook e sugli altri social network, blog, continuano a riportare con fare sempre più allarmistici questa panzana. Il motivo è semplice: si maschera dietro al rischio, al momento quasi inesistente, il desiderio di tenere lontani i migranti dalle nostre coste. Per fare ciò si ricorre a quella che è una tradizione italica, quella della caccia all'untore.

Per chi non lo sapesse, in appendice alla sua ultima edizione de I promessi sposi, Alessandro Manzoni pubblicava un importante saggio, intitolato Storia della colonna infame, in cui dimostrava come, durante l'epidemia di peste che intorno agli anni Trenta del '600 colpì Milano, la cittadinanza incolpò in maniera più o meno unanime dei perfetti innocenti, a cui vennero estorte confessioni con la tortura.
I malcapitati venivano accusati di imbrattare le pareti della città con degli unguenti che veicolavano la malattia. Ricorda qualcosa?
Comunque sia, a memoria della condanna esemplare, in centro venne eretta una colonna che, dallo studio di Manzoni, diviene eterna onta per un processo ingiusto. In particolare Manzoni dimostra come, con la tortura, si siano ottenuti solamente dei capri espiatori e non dei colpevoli, riprendendo in questo modo quanto già insegnato dal nonno Cesare Beccaria; ma Manzoni va oltre, mostrando come, a fronte di un popolino incolto che poco aveva a sapere della reale impossibilità di quelle accuse che venivano mosse, c'era anche chi, per esempio fra i giudici, aveva competenze tali da sapere che le accuse erano infondate. Eppure non si mosse, perché forse era conveniente in quella maniera.

Mi sembra chiaro che oggi ci troviamo in una situazione simile: di fronte ad un generale periodo di crisi in Italia si cercano sempre più dei capri espiatori, qualcuno che debba pagare per quanto accade (e poco conta se la visione miope non riesce a riconoscere dei processi naturali lì dove si speri nell'immutabilità degli eventi). Chi guida questa caccia alla vittima sacrificale va considerato un terrorista che, appunto, sparge il terrore fra la gente per adoperarlo a proprio uso e consumo. Il complottismo ha sempre portato dei vantaggi a qualcuno, ma mai a chi da esso viene accusato, sempre a chi, per diversi e spesso interessati motivi, muove accuse infondate e illogiche.

Foto da Ilpost.it
Ps.
Per chi fosse interessato, eccovi la Storia della colonna infame


A Salvini e Maroni, perché a dire ca$$ate siamo buoni tutti

Un commento veloce su quanto detto da Matteo Salvini, ripreso dal governatore della Lombardia Maroni, riguardo all'operazione Mare Nostrum e al salvataggio di 300 migranti.
In primis, quando si fa politica, come quando si fa informazione, la correttezza verso l'uditorio vorrebbe la massima precisione. E allora, anziché parlare di clandestini, i nostri dovrebbero correttamente parlare di migranti e rifugiati, dato che, dei 300 giunti nelle scorse ore in Sicilia, la gran parte provengono da una terra martoriata dalla guerra civile come la Siria.
In secondo luogo, quando Matteo Salvini parla dei costi dell'operazione, dovrebbe anche spiegare ai suoi elettori il perché del pattugliamento delle coste da parte della marina militare italiana. Allora diciamolo che siamo costretti a pattugliare perché impediamo ai migranti di giungere legalmente in Italia, un movimento naturale, dovuto a ragioni economiche, sociali e di semplice salvezza dalla guerra, che l'Italia, come pochi altri paesi in cui prevale un'ideologia xenofoba, tenta di impedire, di fatto facendo proliferare le mafie internazionali che questo movimento gestiscono. Per citare un dato concreto, ricordiamo che ad un Italiano il viaggio verso l'Africa costa poche centinaia di euro, ad un migrante il viaggio inverso svariate migliaia, pagate a scafisti, contrabbandieri e quant'altro. Non sarebbe più logico permettere il movimento delle persone gestendolo legalmente? O, come è politica della Lega Nord e, purtroppo, di tanti altri movimenti politici in Italia, dovremo sempre assistere ad una propaganda becera contro quei migranti che, pochi, rimangono in Italia mentre, nella maggior parte, vanno in paesi più civili o, semplicemente, attendono vicino ai confini della propria terra per poter tornare alle loro case e alle loro famiglie (basterebbe dare una lettura attenta ai dati forniti dalle organizzazioni internazionali per sapere che le cose stanno così). Ma sappiamo che Salvini non ci risponderà mai.
foto tratta dal giornale online Lettera43.it

Perché studiare la Grecia antica?

Perché studiare i Greci? I motivi possono ancora essere molti, ma il problema è la prospettiva da cui guardiamo la questione. Sfatiamo subito un mito recente: studiare il greco, come il latino, pensando di trattarli come lingue di comunicazione, è una stupidaggine, una frottola, una scusa nata a livello accademico per giustificare delle cattedre ingiustificabili. Greco e latino sono lingue morte, di cui tra l'altro conosciamo bene solo il registro formale, scritto, non certo quello di comunicazione, orale, ricostruito dagli studi. Ma queste lingue, come la storia di questi popoli, la loro civiltà, ci costringono alla riflessione: perché sono nate certe forme di organizzazione politica, tramandate fino ad oggi? Perché certi cannoni letterari e artistici? Perché l'evoluzione storica di questi popoli ha preso una china piuttosto che un'altra? Se pensiamo alla Grecia antica essa diviene poi un caso ancora più paradigmatico per l'Occidente. Pensiamo alla costante ricerca della verità di questo popolo e alla contemporanea impossibilità di stabilire un paradigma ideologico, alla mancanza di un testo religioso che sancisca una volta per tutte la religione greca, i mille dialetti, la frammentazione politica, il bisogno di integrazione con gli altri popoli e la contemporanea costituzione di un'identità nazionale. La Grecia antica è un miscuglio di contraddizioni che ci costringe a ragionare per frammenti, nel faticoso e utopico tentativo di raggiungere una unità, consapevoli però, con Protagora, che l'uomo è misura di tutte le cose e, con Socrate, che l'unica cosa che sappiamo è di non sapere.

domenica 13 aprile 2014

Sulla rete, la demagogia e il totalitarismo

C'è una cosa che fa impressione nella diffusione della rete: essa, in quest'epoca di crisi, si fa sempre più veicolo del populismo, del totalitarismo e della cultura reazionaria, come se dire qualcosa in rete la renda, in toto, condivisibile da tutti, una verità assoluta e incontrovertibile. È ovvio che non è la rete in sé ad essere populista e demagogica, essa è solo uno strumento. Ma questo strumento, in mano di chi o non è stato educato ad un compiuto senso critico, di chi, analfabeta funzionale, non riconosce e non comprende un ragionamento che non sia di corto respiro, o, al contrario, in mano a chi conosce molto bene l'arte della retorica e sa giostrarne le doti, spesso nascondendole dietro una finta parola alla buona, in questi casi lo strumento, dicevamo, dà spazio e in un certo senso dà conferma ad ogni sorta di castroneria alogica o astorica che si voglia divulgare.
Nascono così leggende metropolitane come quella delle 100 basi americane in Italia, la diffusione di malattie a causa dei migranti tenute nascoste dai governi, i complottismi vari ed eventuali. Ma in fin dei conti, se non fossero diffuse e credute per vere, queste millantate verità potrebbero essere derubricate a folklore, credenza popolare.
Poi però c'è altro: c'è il credere che il proprio caso singolo sia la regola e non l'eccezione, c'è il pensare che la condizione altrui non ci riguardi, che il negare il diritto altrui, finché non tocca noi, sia cosa di poco conto. Tutto già visto, sia chiaro: la rete, malgrado quello che si crede, non ha inventato nulla in questo senso. Vedrete operai, precari, dirigenti, tutti pronti a farsi la guerra gli uni gli altri in nome del proprio particulare, attraverso un megafono che rende ad un tempo più forte ed impersonale la loro voce. E così la responsabilità individuale si perde nel mare magnum della rete, nella voce collettiva del "siamo tutti così", "siamo la gente". L'individuo, nascosto dietro una tastiera, è convinto spesso di potersi lasciare andare all'offesa gratuita, al turpiloquio, all'esternazione iraconda e incontrollata, o peggio, alla falsità bella e buona, alla diffamazione, alla menzogna, alla reinterpretazione dei fatti a proprio vantaggio.
Sono processi conosciutissimi, lo ripeto, non certo inventati dalla rete; ma oggi, di fronte ad uno strumento che è anche, occorre ricordarlo, formidabile strumento di democratizzazione e di acculturamento, assistiamo anche a questo. Un megafono, per usare una similitudine molto usata di recente, spersonalizzante e talora violento, incontrollato e purtroppo fuorviante.


Filippo II e Alessandro Magno

La Guerra del Peloponneso

mercoledì 9 aprile 2014

#Ripwarrior

Addio Jim Hellwig, in arte Ultimate Warrior. Sei stato un mito della mia infanzia, prima che venissi a sapere tante cose su di te come uomo, prima che come intrattenitore.
Come per mano di un buon sceneggiatore te ne sei andato dopo un trionfo che ha atteso per decenni. E te ne sei andato con le tue parole più belle.

giovedì 3 aprile 2014

Un mondo senza Segre e Le Goff

Il mondo accademico, e non solo, piange in questi giorni la scomparsa di due grandi dello scorso secolo, Cesare Segre e Jacques Le Goff. Due studiosi di materie diverse, diversi tra di loro, eppure accomunati dall'aver reso gli studi umanistici, l'uno in campo letterario, l'altro in quello storico, più ricchi. Non ho mai avuto la buona sorte di incontrare nessuno di loro nella mia vita, ma nelle loro opere il loro pensiero ancora vive e continua a porre questioni e a cercare risposte, ovvero l'unica attività degna dell'uomo che vuole essere diverso dalla bestia.

Storie di corna all'ombra del Resegone - e se Manzoni avesse scritto così... Parte 1

Questa serie di post sono la libera rielaborazione  di un'interrogazione, sostenuta da un mio alunno, sull'opera di Manzoni. Spero perciò di meritare almeno la vostra pietà.

Su quel ramo del Lago di Como, insomma da quelle parti lì che tanto conoscete e che non staremo qui a descrivere nuovamente, se volete piuttosto andateci voi, ché nella stagione giusta il clima è l'ideale per un bel weekend di relax e di shopping; da quelle parti dicevamo del Lago di Como, per la precisione nella zona di Lecco, un giovanotto andava passeggiando incartato nella sua tuta nuova di acrilico, blu scuro, ma di un blu risplendente, catarifrangente, per non rischiare che allo smarrirsi del sole oltre le cime aguzze del Resegone qualche ignaro ciclista o qualche ricco in Porsche lo potesse investire. Camminava con il fare baldanzoso dei ventenni, non so se avete presente: camminano con le gambe divaricate, come se avessero sempre qualcosa che gli pizzica il culo tra le mutande; di tanto in tanto potrete osservare il suddetto deretano sudato, senza una ragione apparente, e allora i pantaloni si tingono di un colore ancora più scuro e perdono quella loro naturale vivacità per acquisirne una più smorta, tutto sommato deprimente. Il giovanotto, con il suo fiero incedere, si recava presso il don della campagna per sbrigare le ultime faccende in vista delle sue nozze. Non giungeva di certo a mani vuote: uomo di mondo, portava con sé una busta ricolma di dindini e un omaggio, tre sigarette rullate, ma di quelle buone, con una miscela speciale, ché chissà come si sentiva da solo don Abbondio con quella vecchiaia di Perpetua sempre tra le scatole. Salendo dal lago verso i sentieri via via sempre più in pendio, lo colse di sorpresa la vista di due figure: l'una poggiava con il bacino contro un muretto basso e scalcinato, i pantaloni a vita bassa, il cappellino rosso voltato all'indietro, una collana di finto oro incastonata fra il pelo del petto e la camicia sbottonata; l'altro, seduto a cavalcioni, portava una bandana fluorescente in testa, delle scarpe ricoperte di brillantini, dei pantaloni leopardati e delle cuffie, enormi, alle orecchie. Entrambi i ragazzetti, alla vista, sembravano già da lontano appartenere alla triste genia dei tamarri. Già solo all'apparire dei due, il nostro buon giovane, che certo non era un piccolo lord, ma i pantaloni leopardati proprio non li avrebbe messi, avrebbe preferito cambiare direzione, ma proprio non si poteva, così, proseguendo si trovò a passare proprio in mezzo. Giunto con il volto basso al congiungimento degli sguardi dei due tamarri protesi nel nulla, il giovane sentì un grugnito e un ansimare; alzati gli occhi, si sentì dire: - Lorè, mica ti vuoi sposare con quella? Sciallo: questo matrimonio non si può fare. Strabella la tuta! Che c'hai due euri? - Cioè? Perché non si può? Dopo si mangia una cifra e poi ci spacchiamo! - Forse non l'hai capito, meglio se non te la prendi quella lì, noi lo diciamo per te. Rischi che t'attacca qualcosa... - Oh belli... Ma il nostro non fece in tempo a finire la frase che i due tamarri erano già piombati nel più assoluto rintronamento: farfugliavano frasi senza senso, emettevano versi arcani, ravanavano il pacco. Inorridito e senza capire quello slang troppo sgrammaticato anche per lui, Lorenzo Tramaglino si avviò per proseguire nella sua strada; ma noi qui ci fermiamo per oggi: la prossima volta lo vedremo alle prese con il don, la sua perpetua, il suo oratorio, il catechismo, insomma tutto ciò che può condurre un giovane alla perdizione.

mercoledì 2 aprile 2014

Appello semiserio di un professore ai suoi alunni

Carissimi alunni, vi scrivo qui per farvi partecipi del mio dolore e del mio struggimento: mentre la tiepida notte mi avvolge coi lembi della sua tela e già l'alba dalle rosee ditta inizia a profilarsi, io concludo la correzione del tristo e logoro plico dei vostri temi. Non starò qui a raccontarvi di come, alle superiori, qualcuno di voi non abbia ancora ben chiaro che gli anni sono quelli che scorrono via, mentre la voce del verbo avere richiede, ahimè, quella sordida consonante che risponde al nome di Acca. Non vi racconterò neanche di quei componimenti che non prevedono la lettura da parte di esseri umani simili a noi, la cui vita dipenda dall'immissione di ossigeno nei polmoni e l'emissione di anidride carbonica: no, in alcuni dei vostri componimenti occorre sapere andare in apnea, ma non per scorgere le meraviglie dei fondali del Mediterraneo, semplicemente per sopravvivere all'assenza delle virgole. Del resto, c'è invece chi cosparge il suo foglio di puntini, asticelle, sorrisini e faccette buffe: uno splendido quadro degno dei pittori fiamminghi, se non fosse un tema d'italiano. Invece il mio lamento qui, la mia preghiera, si alzano per altre cause. Alunni miei diletti, quando al mattino indossate i vostri calzoni sdruciti che inneggiano a priapiche dotazioni, vista la necessità di un cavallo così basso, provate ad inserire, anche di nascosto, dovesse servire, un quaderno nel vostro zainetto. Scoprirete che non sporca, non consuma, non disturba e, addirittura, a volte torna pure utile. Non meno di una penna, quello strumento che, nel tingere, ha la capacità di rendere indelebili dei messaggi che non spariscono con lo spegnersi di uno schermo. E se poi volete strafare, che ne dite pure di qualche foglio protocollo, magari pure da piegare in due nello svolgimento del tema, perché, sapete, la carta non serve solo arrotolata da fumare o appallottolata da lanciare. E poi, miei cari, ve lo posso giurare, il corsivo non dà dipendenza, non è una malattia contagiosa da evitare, non causa cecità, calli alle mani né la proliferazione di brufoli sulla vostra cute. Insomma, lo potete aggiungere alle vostre pratiche quotidiane, dicibilli e indicibili. Sì, quei ghirigoro, quelle curve, quelle aste, quei segni convenzionali che le maestre marrane vi hanno detto essere inutili, quei segni sviluppano il vostro cervello, vi costringono alla concentrazione, la stessa che, con un po' di sarcasmo ho preteso da voi con questo mio appello.

The Pitt, R. Scott Gemmill

The Pitt, ideata da R. Scott Gemmill, è una serie TV messa in onda su HBO e prodotta da Warner Bros, con protagonista Noah Wyle....