giovedì 25 aprile 2013

Su Mariastella Gelmini, di nuovo, ministro dell'istruzione


Dopo lo psicodramma del PD, come sappiamo, si sono aperte le porte per un governo del presidente con una maggioranza agghiacciante, composta nuovamente dalle aree "moderate" di PD, PDL e Scelta Civica. Come se moderato fosse un termine di connotazione neutra, quasi un complimento. Siamo nella seconda repubblica, forse, ma non ce ne accorgiamo, dato che stiamo per morire democristiani. E a dimostrarcelo stanno i nomi che vengono fatti per il dicastero dell'istruzione, ovvero tutti uomini in quota CL, Mario Mauro o Lupi, oltre alla rientrante Mariastella Gelmini.
Proprio su questa donna, l'ex ministro, vorrei spendere due parole.
Da un punto di vista tecnico questo ministro, Gelmini, è stato il peggior ministro della storia della repubblica, con una lunghissima legislatura connotata da gaffe e scivoloni legislativi, causa di rimborsi milionari a spese dello stato.
Se guardiamo l'azione della Gelmini andiamo a scoprire che, innanzi tutto, durante il suo dicastero sono stati tagliati circa dieci miliardi di fondi per la scuola pubblica, rendendo lo stato italiano quello che spende di meno in Europa per l'istruzione, mentre sono cresciuti i fondi per le scuole paritarie e private. È stata attuata una riforma dei cicli d'istruzione confusionaria e che, mascherando il tutto con uno spirito pseudo riformista, è servita a coprire il taglio delle ore di lettere, musica e diritto dalle scuole. Senza per altro aumentare le ore delle materie scientifiche o delle lingue straniere, come più volte sbandierato in campagna elettorale. Dal punto di vista didattico quindi, le tre "I" sbandierate dal PDL, informatica, inglese, impresa, sono state un fallimento su tutta la linea, mentre nel frattempo anche le regioni culturalmente più avanzate hanno perso punti sulle competenze in italiano.
Il ministro Gelmini, insieme alla sua collaboratrice, l'ex sottosegretario Aprea, sono state le più ferme nemiche dell'attuale organizzazione del reclutamento scolastico, che ad oggi avviene tramite graduatorie. Sistema certamente farraginoso ma che ha dalla sua il merito di garantire parità di diritto al lavoro a tutti i docenti in tutta Italia. Questo sistema è stato combattuto dal ministro, dal sottosegretario e dalla Lega nord che, durante tutto l'arco legislativo, hanno cercato d'imporre norme che impedissero il trasferimento di docenti, ovviamente per impedire che i docenti meridionali si spostassero nelle graduatorie del nord Italia. Sono state così avallate prima le graduatorie di coda, con cui chi si trasferiva, pur a parità di punteggi di servizio, andava comunque in coda a chi era già presente in graduatoria, e poi, in Lombardia, la chiamata diretta dei presidi, gioco clientelare molto in auge in quota CL. tutte queste norme sono risultate INCOSTITUZIONALI e il ministro è stato condannato a risarcimenti milionari verso i ricorrenti che si sono visti negare la possibilità di lavorare lontano dalla città di nascita o di residenza, come se la necessita di spostarsi per lavorare fosse un ridicolo capriccio, quando invece di ridicolo c'è solamente l'incompetenza di chi ha legiferato.
Non per niente il ministro Gelmini era anche a favore della chiamata in graduatoria solo in base alla residenza e all'innalzamento delle ore lavorative dei docenti a 24 ore, fermo restando il mancato riconoscimento nel compenso di tutte le ore di lavoro che i docenti italiani svolgono fuori dall'aula, preparando lezioni e correggendo verifiche (si calcola, fonti europee, che i docenti di scuola secondaria superiore lavorino circa 32 ore settimanali, dato nella media europea, a fronte di un riconoscimento in busta paga di un massimo di 18 ore settimanali, uno degli stipendi più bassi nell'UE). Insomma, il ministero, seguendo una tradizione decennale, ha proseguito nello svalutare la figura dell'insegnante in Italia.
Non c'è da dimenticare che se oggi non esiste più il tempo pieno nelle scuole elementari, se i vostri bambini hanno nuovamente un solo maestro, se alle medie sono spariti i rientri pomeridiani, è tutto merito di questo ministro. E se in Italia ogni anno ci sono 50.000 iscritti all'università in meno, se poche fra le facoltà italiane stanno nei ranking internazionali delle migliori università, se la competenza sulle lingue straniere e le competenze digitali sono praticamente assenti dalla nostra scuola, se le scuole stesse caschino a pezzi, tutto ciò va ascritto in primis alla gestione Gelmini, non certo a Profumo, rimasto ministro per meno di due anni.
I dati sull'edilizia scolastica sono allarmanti: una scuola su tre andrebbe chiusa e rimessa in piedi. In questo contesto la riduzione degli insegnanti della Gelmini ha portato alla formazione delle famose classi pollaio da 35 alunni, in barba alla normativa sulla sicurezza che impone un tetto di 25 alunni, 20 se presenti disabili. Durante il prossimo incendio, quando qualcuno ci lascerà le penne, prima di incolpare insegnanti e presidi, ricordati di chi li ha messi nella condizione peggiore possibile.
Tutto ciò ovviamente tralasciando l'inconsistenza culturale di una donna che, dirigendo il dicastero dell'istruzione, è ben lontana dal mondo della ricerca, tanto da giungere alla ben nota gaffe del tunnel del Gran Sasso, ma tanto, soprattutto, da avallare ad esempio ogni anno testi per gli esami di maturità ricchissimi di errori, fino alla catastrofe invalsi di due anni fa, quando le griglie di valutazione per gli esami di terza media furono annullate perché completamente sbagliate e i docenti, a tarda notte, dovettero rivedere tutto ciò che avevano corretto, facendo da sé.
Concludiamo con gli ultimi sandali della gestione Gelmini, ovvero il concorso per dirigenti scolastici, annullato in molte regioni per la sua pessima organizzazione, dopo che centinaia di aspiranti presidi avevano già sostenuto le prove, e lo scandalo dell'assegnazione dei posti a tempo indeterminato, dei posti in ruolo, per intenderci, quando un avvocato catanese ottenne il commissariamento del ministero, già commissariato per la questione delle code, a causa dell'impossibilità da parte del ministro di giustificare il perché nella città di Brescia ci fossero state più assegnazioni di cattedre a tempo indeterminato che a Catania, pur avendo la metà del bacino d'utenza. Maliziosi voi che rispondete Brescia è la città natale del ministro

martedì 23 aprile 2013

Didattica digitale: la morte di Patroclo

DIdattica digitale: l'egemonia tebana

Didattica digitale: Filippo II e Alessandro Magno

Didattica digitale: Eurialo e Niso

Didattica digitale: Rivoluzione francese

Nuove modalità d'insegnamento: un sondaggio sulle Flipped Classroom

lunedì 22 aprile 2013

L'eroe imperfetto, Wu Ming IV

L'eroe imperfetto di Wu Ming IV è un saggio molto interessante, una riflessione di confine sul ruolo dell'eroe tra la letteratura antica e moderna. L'eroe, la figura più importante a partire dalla letteratura epica ed eroica, viene analizzata a partire dai personaggi di Achille, Odisseo, Beowulf fino ad arrivare a Lawrence d'Arabia e Samvise Gamgee.
Da questo saggio nascono alcune riflessioni molto interessanti, più o meno originali.
Riflettiamo così su come la letteratura europea nasca, tra le altre cose, dalla storia di due rapporti omosessuali, quello di Achille e Priamo e quello di Gilgamesh e di Enkidu. Emerge così il tema della diversità riconosciuta o non accettata, fino alla considerazione che l'Europa, sin dall'antichità, si raffigura come il continente coraggioso e illuminato che dove redimere prima l'Asia, poi tutto il globo, a costo di una conquista violenta.
Giungiamo così a capire come l'eroe nella letteratura epica e in quella eroica è in genere una figura narcisista, egocentrica, fondamentalmente arrogante. Una figura votata in realtà al fallimento, perché nella gloria individuale l'umile scrittore non può vedere il vero successo.
Così gli eroi per il nuovo millennio saranno Don Chisciotte e Samvise Gamgee, che con l'ironia e il disincanto, l'abnegazione sosterranno il peso di una gloria individuale ormai insostenibile, fino alla distruzione finale della figura dell'eroe classico.

sabato 20 aprile 2013

Qualche precisazione sull'elezione di Napolitano e sul no a Rodotà



Giusto per parlarci chiaro e per tentare di riportare tutto ad una riflessione razionale.
Napolitano è stato rieletto: in questa scelta del Parlamento, in sé, non c'è nulla di male. Lo ripeto, è una scelta legittima e conforme a ciò che la Costituzione prevede.
Detto questo, rimane però aperta la vera questione di fondo, quella sostanziale al di là della forma.
Le ultime elezioni hanno consegnato l'immagine di un'Italia spaccata in tre e con un movimento, piaccia o no, in forte ascesa. Movimento che incarna e entro certi limiti legittima delle richieste che sono comunque richieste concrete: un bisogno indistinto di cambiamento e di rinnovamento, una richiesta forte di politiche di sinistra (in realtà mescolate in maniera molto scomposta a politiche ultraliberiste o grettamente conservatrici) e la richiesta di maggiore trasparenza.
Sia chiaro anche che questo movimento, molto meno innocente di quello che riesce a far sembrare, si avvantaggia di un uso esperto dei nuovi media per aizzare le folle.

Il popolo del web non è l'Italia

Ma è al momento la parte più rumorosa, e comunque ne è parte. Non va sottovalutato ma neanche ignorato. Pena, il renderlo più forte e più violento.

Come dimenticare che la Primavera araba è nata sul web.

Mentre fuori dal Parlamento montavano queste esigenze in maniera grezza e controllate ad arte da un movimento che ha tutto l'interesse a spaccare il sistema parlamentare (non ce ne andremo finché non avremo il 100%...) il Parlamento, da più di un mese, non è stato capace di ragionare in maniera non semplicemente conservativa, ma propositiva.

Pensare che la richiesta di rinnovamento e di cambiamento sia solo un'invenzione del web, di Grillo, è ignorare la realtà. Non cercare di snidare i grillini, non cercare di farne venire fuori le contraddizioni, cogliere ciò che di buono c'è in loro, è stato semplicemente un comportamento criminale e patologico di una scarsissima sensibilità politica.
Bene ha fatto Bersani a tentare un dialogo, ma ha trovato all'interno del suo partito un muro di gomma di ipocrisia, di scarsa lucidità o più semplicemente di ignoranza e stupidità. Guardiamo ai Fioroni, alle Bindi, ai Renzi, tutti quegli uomini che hanno mal digerito il dialogo con il M5S, il tentativo reale di proporre qualcosa di nuovo o, semplicemente, il tentativo di fare un governo.

Mi riferisco all'anima ex democristiana del PD, arroccata su posizioni scomparse da cinquant'anni, incapace di capire che viene votata solo per una legge che non permette di scegliere i propri candidati perché, se gli elettori del PD avessero potuto scegliere, non avrebbero votato gli ex democristiani nel PD, ma semplicemente gli uomini che più rappresentano la sinistra in Italia.

Mi riferisco poi al rottamatore, Renzi, quell'ometto che in realtà vuole rottamare solo i suoi nemici nel PD, coloro che gli hanno impedito di candidarsi come Presidente del consiglio. Renzi, l'uomo che guarda a destra, l'uomo che ha impallinato Marini, l'uomo che ha bruciato Prodi tentando di tradire SEL e Vendola. Se è questo il nuovo del PD, tanto vale tornare tutti a casa.



In questo psicodramma collettivo è stato stupido non confluire sul voto per Rodotà: non perché Napolitano sia stato un cattivo presidente, ma perché Napolitano è un buon presidente per un momento sbagliato. C'era bisogno di mostrare qualcosa di nuovo, di assumersi la responsabilità di quello che si sta facendo e della situazione italiana, invece la politica si è lavata le mani del voto popolare, incapace di formare un governo e di scegliere un arbitro della partita.
Così si aizza il paese, si dà ragione a Grillo, gli si dà forza, e si dà forza alle frange estreme di ciò che si muove dentro e fuori il Parlamento.

Se si vuole ammazzare la democrazia in Italia, si è fatto tutto ciò che si doveva fare. Nelle prossime settimane, mesi, anni, ne pagheremo le conseguenze.

venerdì 19 aprile 2013

Cosa ci dice l'UE sull'uso delle nuove tecnologie nella scuola

Chi vive e lavora nelle scuole italiane sa come da molta parte della categoria degli insegnanti si guardi con malcelato scetticismo, se non con avversione, alle nuove tecnologie. Se ne sentono dire di ogni: dal fatto che le nuove tecnologie sarebbero dannose alla salute, alla poca utilità nell'apprendimento, sino alle ragioni antropologiche, ovvero che l'uso delle nuove tecnologie a scuola sia un tentativo di parlare lo stesso "dialetto" degli studenti, quando invece dovremmo innalzarli all'uso della lingua.
Personalmente, l'ho già detto più volte, penso che in primo luogo, per rimanere in metafora, non sia questione di distinzione di dialetti con una base linguistica comune, ma, in caso, di due lingue differenti, quella di chi usa dalla nascita le tecnologie e di chi non le vuole usare. Due lingue del tutto diverse tra di loro e tra cui non può avvenire comunicazione se non trovando, noi che dovremmo saperlo fare, una via, apprendendo noi in primis una seconda lingua per poi insegnarne una noi ai ragazzi. Inoltre questa lingua che i ragazzi adoperano, la conoscono spesso assai male ed in maniera del tutto istintiva. Ragion per cui andranno ancor di più educati.
Riguardo a tutto ciò siamo, come è ovvio, in netto ritardo. Ragion per cui sarebbe anche il caso di andare a leggere e conoscere ciò che l'UE ci suggerisce. Un buon trampolino di lancio sta nel partire da questo link

link

Eccovi anche lo studio dell'UE sull'uso e i problemi delle nuove tecnologie nell'istruzione in Europa

Survey of schools: ICT in Education

mercoledì 17 aprile 2013

Marini o Rodotà?

Sento da più parti levarsi gli scudi, da un lato contro Marini candidato al colle, dall'altro contro Rodotà. In un caso perché non sarebbe un uomo del rinnovamento politico, nell'altro perché spaccherebbe il paese.
Ma di che stiamo parlando? Si tratterebbe di due scelte politiche parallele e speculari. Marini, uomo per l'accordo con Berlusconi e il suo 30% di Italiani, Rodotà, uomo di sinistra, per cercare il consenso del 25% di Italiani che hanno votato Grillo. In entrambi i casi il PD compie comunque una scelta politica, politica, esatto, che non avrebbe in nessun caso a che spartire con la società civile e il rinnovamento della politica di cui parlano i giovanilismi alla Renzi o alla Grillo. Si tratta esclusivamente di una scelta tattica, verso che area vuole il PD orientare il paese e quanto a lungo vuole cercare di fare sopravvivere questa legislatura. Niente di più. Certi proclami, certi veti, sono solo il segno di maneggioni della politica che, armati dell'arma spuntata di un rinnovamento degli uomini, non realmente dei metodi, vogliono accentrare su loro stessi l'attenzione dei media, perché l'importante non è essere realmente nuovi o alternativi alla vecchia politica (figuriamoci, Renzi è il D'Alema dei nostri tempi, Grillo adopera le tecniche retoriche del peggior berlusconismo) ma solamente apparire.

venerdì 12 aprile 2013

La seconda persona, Sebastiano Valentino Cuffari

LA SECONDA PERSONA



Come ti sei sentita? È difficile descriverlo, ancor meno spiegarlo ad un estraneo. Mentre la sabbia crepitava sotto il fuoco e la notte bruciava degli ultimi scampoli d'estate, tu ti sei sentita un'estranea.

Certo, erano tutte persone che conoscevi bene, con cui avevi trascorso la tua vita sin da quando andare a mare era un'avventura da vivere insieme ai tuoi genitori, quando i capelli sapevano di salsedine e i nodi la sera venivano sciolti dalle grandi mani di tuo padre. Eri piccola allora, ruotavi nel tuo piccolo mondo intorno ai tuoi genitori, a tua sorella.

Poi sono passati gli inverni sulla tua pelle, si è fatta sempre più dura e, sebbene prima tu fossi fiera di come divenisse soda, ad un certo punto hai iniziato a rincorrerne l'elasticità d'un tempo, quando liscia scorreva sotto le carezze dei primi amori e le labbra si bagnavano nel tepore dei primi baci.

Era il tempo in cui studiare era la tua guerra quotidiana, i libri un campo di battaglia su cui si inseguivano eserciti di carte geografiche, esercizi di aritmetica e le panzane dei filosofi, quelle sì, ancora te le ricordi. Non per niente ti sei laureata in filosofia.

Quando giocavi con le bambole il mondo sembrava così semplice: la vita perfetta era rinchiusa in una casetta rosa confetto con accanto un uomo biondo canarino e delle sciarpe viola shocking; poi crescendo hai iniziato a volere di più, hai cercato di sentirti parte di una realtà in cui tutto non fosse deciso dall'alto.

Quando per la prima volta hai urlato tutta la tua rabbia verso i tuoi genitori, poi ti è passata la voglia di mangiare per tre giorni. Eri troppo orgogliosa allora, ma sai bene che lo sei ancora. Poi sono venute le lacrime, calde sulle tue gote arrossate dalla frustrazione nel dover ammettere le ragioni altrui, e nel tintinnare di quelle gocce sul tavolo della cucina ancora profumata dell'odore della pasta al forno di tua madre, nello schiocco di quella pioggia troppo umana hai iniziato a perdere di vista i fuochi della tua orbita fino ad allora, quei genitori, per iniziare a ruotare solo su te stessa.

Il giorno della laurea tuo padre piangeva come te quel giorno, ma non per gli stessi motivi. Poggiato sulla sua stampella stringeva la mano a tutti gli invitati, era frastornato, dei complimenti che gli giungevano alle orecchie non sentiva che l'eco, e non solo per i problemi all'udito che ormai lo affliggevano da anni. Tu lo osservavi di sfuggita e iniziavi a capire che un giorno avresti rimpianto tutto il tempo sprecato ad odiarlo.

Quando si è ammalato sei tornata a casa dalle tue vacanze, le prime che facevi tutta da sola per così tanto tempo. Il premio che ti eri guadagnata con tanta fatica spariva, scemava come un'ombra dinnanzi ad immagini più vivide, una sala d'aspetto, la stanza di un ospedale in cui l'odore di piedi e l'aria condizionata si mischiavano al silenzio dei pazienti e alle parole, incalzanti, di amici e parenti che mascheravano la rassegnazione in un guazzabuglio di frasi.

Era tutto nero in quei giorni e anche gli amici, quelli che si fregiavano di quel nome solo nella convenienza, sparivano, mentre la neve inciampava sul terreno cadendo giù. Tua madre si aggrappava a te come tu fossi l'albero che aveva sorretto la cupola del mondo per millenni, tua sorella era troppo impegnata con la sua nuova famiglia: un figlia stava giungendo e la stanza della nascitura veniva dipinta di muri rosa confetto, di gialli canarini e di drappi viola shocking.

In quei giorni ti sei aggrappata a lui, l'amore della tua vita, sino ad oggi, l'uomo che ti ha tenuta nel cuore e nel palmo delle sue mani. Non era né bello né forte, non spiccava fra i passanti né i le sue battute avrebbero fatto sbellicare una platea di spettatori: era semplicemente lui e il giorno in cui hai iniziato a guardarlo con nuovi occhi dopo mesi spesi ad annusarlo senza accorgertene, quel giorno ti sei impigliata in una rete che ti ha stretto e catturata come la sua preda.

Avete trascorso momenti splendidi, avete progettato un matrimonio, una famiglia, dei bambini. Avete visitato case, vi siete informati per prestiti e mutui mentre tu iniziavi a lavorare, correggevi bozze all'epoca in una piccola casa editrice di provincia. La tua relazione sembrava procedere come un treno senza fermate, dritta verso la meta, e il fischiare del treno salutava per te ogni nuovo giorno.

Poi lui ha conosciuto quella donna, è arrivata la crisi, quella che state attraversando ora, quella che non ti ha fatto più ridere, che ti faceva tremare la sera quando ti addormentavi su di un letto troppo grande. Il mondo ora sembra correre senza di te, non vuole più aspettarti, o forse hai semplicemente perso il treno alla tua fermata e devi aspettare il prossimo, lì, sotto il sole di un'estate agli sgoccioli.

Hai sentito tua madre al telefono per salutarla, per dirle che questa sera lascerai come sempre l'estate facendo l'alba insieme ai tuoi amici; era assonnata, lei già andava a dormire, stanca dall'accudire suo marito. Quando stava chiudendo stava già rimboccandosi un lenzuolo e spegnendo la televisione, la sua giornata finiva quando la tua era ancora nel vivo.

Non ti piaceva più la sensazione della sabbia sotto il sedere, almeno non come un tempo. Ora il terreno ti sembrava un po' più duro, la notte un po' più fredda e la birra un po' più sciatta. La luna alta ricopriva le stelle del suo alone lucente e le sacre sponde saccheggiavano la battigia di pochi metri per pochi attimi; il rombare dei motori sulla strada poco oltre la spiaggia ti destava di tanto in tanto dal tuo torpore, molto più dello sbottare ritmato della musica dagli stereo, mentre vampate di calore dal falò ti investivano insieme all'odore acre del fumo, te lo sentivi impregnato sulla pelle.

I tuoi amici ballavano ma quei balli non erano più in loro, di certo non ti appartenevano più. Estranea improvvisamente alla vita che ti aveva racchiuso e protetta come in uno scrigno, quella sera ti sei sentita sbocciare, come una fenice dalle fiamme di un falò. Qualcosa di nuovo stava nascendo fra le tue mani, mentre il tuo primo essere spariva nella risacca del mare di ferragosto.

E così, senza salutare, ti sei alzata e sei tornata a casa per dormire

giovedì 11 aprile 2013

L'Onorevole Lombardi e i parlamentari di Non è la Rai

L'Onorevole Lombardi, passata alla cronaca perché scelta capogruppo del M5S, sembra, almeno da ciò che trapela e fa trapelare, un bel tipino. Per l'esattezza, una macchietta da filmetto di serie B, non so se avete presente, che ne so, la professorina saccente e in realtà ignorantella, la compagna di classe secchioncella in una classe di mediocri che spiccava fino all'arrivo del vero genio da un'altra scuola. Insomma, quel tipo lì.
Quel tipo di persone che non riesci a smuovere neanche di fronte all'evidenza, quelle persone per esempio che, pur essendo causa dello stallo politico come gli altri, accusano gli altri di essere Kasta, rigorosamente con la K perché sennò non fa figo, e intanto iniziano lentamente ma inesorabilmente ad adeguarsi.
Quel tipo di personaggio che in fondo nutre una sana attrazione per l'autoritarismo e che, quando può, rilascia dichiarazioni favorevoli al fascismo.
Quel tipo di personaggio che Grillo e Casaleggio non li metterebbero in discussione neanche se dicessero loro di organizzare un suicidio di massa a Montecitorio.
Quel tipo di personaggio che per non vere profanata la propria immagine è disposto a negare l'evidenza, e a preferire d'essere chiamato cittadino, anziché Onorevole.
Ma vede, Onorevole Lombardi, lei quel titolo se l'è guadagnato, l'ha voluto candidandosi, e ora se lo tiene, perché, lo sappia, i titoli in Italia si mantengono, anche dopo averli persi. Quindi sarà Onorevole a vita.
E forse non sa la nostra Onorevole Lombardi che l'essere un deputato con libertà di mandato è un diritto/dovere, perché presuppone la capacità di ragionare con la propria testa sulle singole leggi e sui singoli problemi, perché, anche questo forse non lo sa, in Italia la responsabilità delle azioni è personale.
Quindi l'Onorevole Lombardi scelga: se non desidera essere un Onorevole, allora si dimetta. Se invece lo desidera, lei assieme ai deputati di Non è la Rai guidati all'auricolare da Casaleggio, allora inizi a lavorare, innanzitutto cercando un accordo politico con quelle forze parlamentari che rappresentano il 75% di Italiani che un governo dei soli grillini non lo vogliono.
E magari ci vada pure ogni tanto a Ballarò per rendicontare quello che non fa in Parlamento, anche solo in segno di rispetto verso quel 40% di Italiani che non ha ancora un accesso alla linea ADSL.

Ode a Bersani, contro Renzi

Matteo Renzi non è fra i Grandi Elettori per la regione Toscana. Questa sarebbe la notizia. Ma a dire la verità la notizia sarebbe un'altra: perché Renzi dovrebbe esserlo? Perché non è solito che il sindaco di una città sia Grande Elettore, perché Renzi avrebbe meglio da fare, come amministrare la sua città, e perché Renzi, che dice di essere un "rottamatore", termine orrendo, e di odiare i partiti personalistici, sta di fatto tentando di rottamare una classe dirigente per imporre la propria e sta tentando di immolare il PD sull'altare della sua candidatura a Primo Ministro. Tra l'altro, dimenticando che per essere il candidato dovrebbe vincere le primarie e, toh, lui le primarie le ha perse, dopo aver fatto di tutto per farsi cucire le regole delle primarie addosso a suo uso e consumo.

Bersani è la vittima sacrificale di questo gioco politico: paga una scarsissima capacità comunicativa e l'essere l'unico leader responsabile nel nostro panorama politico. Bersani non ha promesso provvedimenti assurdi in campagna elettorale, e allora la ragione della sconfitta è la sua incapacità. Bersani è consapevole che andare oggi al voto o, peggio, accordarsi con Berlusconi porterà la vittoria dei demagoghi di destra, e allora Bersani perde tempo nell'inseguire i grillini.

Diciamocela tutta: nel PD c'è chi preferisce giocare al posizionamento interno che a governare il paese, e preferirebbe essere il leader di un partito al 15% piuttosto che un semplice dirigente di un partito al 30%. E nel frattempo consegnamo il paese ad una destra dichiarata e ad un partito fascista che si spaccia per un movimento post ideologico.

mercoledì 10 aprile 2013

Il grande Gatsby, F. Scott Fitzgerald



Il grande Gatsby, di F. Scott Fitzgerald, si inserisce nel quadro della narrativa americana degli anni 20. Una narrativa che vive l'apogeo di una generazione e di un mondo, quello nato dalle ceneri della Grande guerra. Un mondo che, visto dal nostro punto di vista, si fonda sul fraintendimento, sull'apparenza, sul bisogno di creare un'immagine di sé che segni la realtà più ancora della realtà stessa.
Gatsby è tutto questo: un uomo venuto dal nulla che, con il suo affaccendarsi in traffici illeciti e pericolosi, giunge sino allo status tanto agognato, alla fama e al successo. Ma a differenza degli altri personaggi del Romanzo, di Tom, dell'amata Daisy, Gatsby si muove in cerca di qualcosa, nel tentativo di realizzare un sogno, un desiderio a cui forse ha dato più valore di quanto realmente ne possegga. Così l'amore per Daisy è la vera molla che ha spinto Gatsby nella sua rincorsa verso il successo e la popolarità ad ogni costo: è nel frantumarsi di questo amore, nello scoprire che questo amore non è stato l'unico per Daisy, come è stato per lui, che l'apparenza costruita dal protagonista si frantuma.
Nelle vicende successive tutto viene a galla, l'inconsistenza delle vite di ciascuno emerge come una chiazza di petrolio di fronte alla Long Island che fa da ambientazione al racconto. Emerge anche tutto l'essere una storia americana, l'essere addirittura una storia del West, di personaggi che sono in fondo estranei alla malizia e alla raffinatezza della costa orientale. Nella profondità dei silenzi del nord-est americano, infine, il tutto i schiude nella sua inconsistenza.

domenica 7 aprile 2013

Le lezioni di storia medievale di Enrica Salvatori




Per coloro che volessero aggiornarsi, farsi una idea più esatta su certe discipline o per coloro che fossero semplicemente curiosi, per tutti costoro Apple e Itunes sono una manna dal cielo. In particolare ItunesU, il servizio di podcasting gestito dall'azienda del compianto Steve Jobs, consente di accedere ad una ricca bancadati di lezioni universitarie, spesso munite di testi e slides, che consentono ad un grosso pubblico l'accesso ad informazioni e conoscenze di alto livello.
In particolare un podcast veramente approfondito e curato è quello della professoressa Enrica Salvatori dell'Università di Pisa riguardo al suo corso di Storia Medievale. Il podcast è qualitativamente ottimo, le registrazioni sono molto chiare e perfettamente fruibili. La docente è molto chiara nelle sue spiegazioni e i pochi momenti in cui la lezione appare meno chiara sono gli interventi degli alunni, certamente un difetto trascurabile a fronte dell'assoluta gratuità del corso ed il livello molto alto delle lezioni messe a disposizione

giovedì 4 aprile 2013

Il populismo delle caste

Populismo è parlare di casta senza dire cos'è casta e cosa non lo è, senza spiegare perché esiste e che funzioni ha la politica, senza dire che certi privilegi esistono in funzione dell'incarico particolarmente gravoso, senza spiegare che per guidare un paese sono richieste competenze che vanno oltre il semplice buonsenso.
Populismo è parlare della casta degli immigrati, a cui sarebbero assegnate case e posti di lavoro, che non rischierebbero mai il carcere e vivrebbero a sbafo degli Italiani. Bene, Italiano, mentre dici queste cazzate un immigrato, forse un profugo di guerra (hai presente le guerre? No vero? Tu esporti democrazia, hai ragione) sta lavorando nei campi dove non vuoi lavorare perché, è giusto, pretendi tutele sindacali (ma non le pretendi per lui), sta badando a tuo nonno o tua nonna, ti sta pulendo casa o ti sta sistemando il giardino, per poi tornare la sera ad andar bene in una casa in cui vivono dieci persone che, soprattutto al sud, gli è stata affittata in nero senza garanzie (ma non temere, accade anche al nord nelle zone turistiche). Quando i suoi figli andranno a scuola, saranno un problema per gli insegnanti che non sapranno come alfabetizzarli, e tuttavia poi si lamenteranno del loro non essere alfabetizzati. Tu non parlerai con lui perché vuole inculcarti le sue idee, pensi, ma poi sarai pronto a lamentarti del suo non essere integrato. Quando si ammalerà a lui saranno riservate cure meno accurate, quando accadrà qualcosa in sua presenza lui sarà il primo sospettato, e tanto, anche se finirà in carcere, chi se ne importa, in fondo è solo un immigrato; del resto lo umiliamo anche troppo poco quando deve rinnovare il permesso di soggiorno.

martedì 2 aprile 2013

Le menzogne della notte, Gesualdo Bufalino

Le menzogne della notte di Gesualdo Bufalino rappresenta benissimo cosa è stata la letteratura italiana, almeno parte di essa, negli ultimi trent'anni. Questo romanzo si caratterizza, lungo la scia di Gadda, per il registro elevatissimo ed ironico ad un tempo della lingua, senza però le volute ripide discese dell'autore milanese nelle viscere dei linguaggi più bassi o nei dialetti. Il tutto appare costantemente sopra le righe, quasi eccessivo, comunque esorbitante rispetto alle vicende narrate.

Del resto la trama di questo breve romanzo porta in scena, è il caso di dirlo, le vicende di quattro personaggi condannati a morte. I quattro, partecipi d'un complotto contro il re, attendono l'esecuzione narrando le loro vicende ad un compagno di cella, mentre un patto crudele con il loro carnefice li porterà alla salvezza se solo uno di loro si farà delatore della congiura.

Nel gioco delle parti ciascuno dei quattro protagonisti racconta ciò che è e ciò che non è: maschera e personaggio si mescolano, le vittime si fanno carnefici e il carnefice diviene vittima, suo malgrado.

Poiché la mia vita - non meno che la vostra, o miei nemici e fratelli - non è stata che un fluido trascorrere di coscienze posticce dentro un innumerevole ME… […] io e voi, a spaiati lacerti d’un cartolario disperso; comparse, io e voi, d’una messinscena che non finisce, maschere d’un eccentrico ed esoso quiproquò”

I temi dell'inganno, del dubbio, dell'inconoscibilità del reale, tutti serpeggiano come non detti, costituendo il reale fulcro dell'opera, libro con cui Bufalino di certo colpisce, pur non avendo scritto un capolavoro e nei limiti di un testo che in ogni sua parte so mantiene fitto e uguale a se stesso, senza scossoni ne cambiamenti di registro, senza apici né colpi di scena, se non in conclusione, lì dove il disvelamento dell'inganno si manifesta, anch'esso come dubbio nell'incomprensibilità del tutto.

The Pitt, R. Scott Gemmill

The Pitt, ideata da R. Scott Gemmill, è una serie TV messa in onda su HBO e prodotta da Warner Bros, con protagonista Noah Wyle....