mercoledì 27 agosto 2025

L'uso di Claude da parte di docenti e studenti: due report e tante questioni aperte


Negli ultimi mesi Anthropic ha pubblicato due report molto interessanti (qui e qui) che ci aiutano a capire come l’intelligenza artificiale stia entrando nei contesti educativi: da un lato viene analizzato l’uso da parte degli studenti universitari, dall’altro quello dei docenti. Insieme, queste due ricerche offrono uno spaccato prezioso di come AI e didattica si stiano ridefinendo reciprocamente.

L’analisi di oltre 500.000 conversazioni studentesche, rese anonime, tra utenti e Claude.ai mostra che l’IA non viene usata solo per compiti “meccanici”, anzi, ma anche e soprattutto per attività di ordine superiore secondo la tassonomia di Bloom.

Gli studenti STEM, in particolare quelli di Informatica, sono i primi ad adottare gli strumenti AI come Claude. I laureati in Informatica rappresentano solo il 5,4% dei laureati statunitensi, ma costituiscono il 36,8% delle conversazioni degli studenti su Claude.ai. Le Scienze Naturali e la Matematica mostrano anche una sovrarappresentazione (15,2% delle conversazioni contro il 9,2% dei laureati). Al contrario, gli studenti di Economia, Professioni Sanitarie e Scienze Umanistiche mostrano tassi di adozione inferiori rispetto ai loro numeri di iscrizione, suggerendo un'integrazione più lenta dell'IA nei loro flussi di lavoro accademici. In ogni caso non sorprende che i primi utilizzatori di Claude siano gli studenti STEM, in particolare informatici e matematici, mentre in ambito umanistico e sanitario l’adozione è più lenta.

I ricercatori hanno identificato quattro modelli di interazione, ciascuno presente in circa la stessa misura (23-29% delle conversazioni):

  1. risoluzione diretta dei problemi: l'utente cerca una soluzione o una spiegazione rapida.
  2. creazione diretta di output: l'utente mira a produrre output più lunghi (es. saggi).
  3. risoluzione collaborativa dei problemi: l'utente dialoga attivamente con l'IA per risolvere problemi.
  4. creazione collaborativa di output: l'utente si impegna in un dialogo per creare contenuti.

Quasi la metà (circa il 47%) delle conversazioni sono state delle conversazioni"dirette", sollevando interrogativi sull'integrità accademica e lo sviluppo delle competenze. Esempi preoccupanti includono richieste come "fornire risposte a domande a scelta multipla sull'apprendimento automatico" e "riscrivere testi di marketing e aziendali per evitare il rilevamento del plagio".

Facendo riferimento alla tassonomia di Bloom, le due funzioni prevalenti nelle conversazioni analizzate sono:

  • creare (39,8%): progettare materiali di studio, scrivere testi, generare domande d’esame.
  • analizzare (30,2%): scomporre concetti, risolvere problemi complessi, fare debug di codice.

Compiti cognitivi di ordine inferiore come Applicare (10,9%), Comprendere (10,0%) e Ricordare (1,8%) sono meno prevalenti. Questa "piramide invertita" solleva preoccupazioni che gli studenti possano esternalizzare compiti cognitivi critici, potenzialmente ostacolando lo sviluppo di competenze fondamentali. 

Questa dinamica apre ad opportunità (pensiamo all’apprendimento attivo con spiegazioni passo passo), ma solleva anche interrogativi cruciali: quanto gli studenti rischiano di delegare competenze critiche all’IA? E come ridefinire valutazioni e politiche anti-plagio in un contesto in cui un saggio ben scritto o un problema complesso possono essere risolti in pochi secondi?

Sul fronte dei professori universitari, Anthropic ha analizzato 74.000 conversazioni di docenti e intervistato 22 membri della Northeastern University. Emergono usi diversificati:

  • curriculum e materiali didattici (57%): i docenti conversano con Claude per progettare programmi, creare simulazioni e giochi educativi, sviluppare strumenti interattivi con Claude Artifacts.
  • ricerca accademica (13%): le interazioni con Claude sono servite per ottere supporto alla scrittura e all’analisi.
  • valutazione degli studenti (7%): le conversazioni hanno avuto come scopo la valutazione degli studenti in parte automatizzata, ma qui restano forti resistenze etiche e di qualità.
Alcuni docenti della facoltà della Northeastern hanno anche riferito di usare l'IA per il proprio apprendimento (29% del loro tempo con l'IA).

Una scoperta significativa è l'uso della funzione Artifacts di Claude per creare materiali didattici interattivi e funzionali. Esempi includono giochi educativi interattivi, strumenti di valutazione (es. quiz HTML con feedback automatico, rubriche di valutazione), dashboard di visualizzazione dati e strumenti di apprendimento specifici per materia (es. giochi di stechiometria chimica). Come ha affermato un docente: "Ciò che era proibitivamente costoso (in termini di tempo) da fare [prima] ora diventa possibile. Simulazioni personalizzate, illustrazioni, esperimenti interattivi. Wow. Molto più coinvolgente per gli studenti."

Gli educatori bilanciano l'aumento dell'IA (uso collaborativo) e l'automazione (delega completa dei compiti). Nel primo caso rientrano compiti che richiedono un contesto significativo, creatività o interazione diretta con gli studenti, come l'insegnamento universitario e l'istruzione in aula (77,4% aumento), la scrittura di proposte di ricerca (70,0%) e la consulenza accademica (67,5%). "È la conversazione con l'LLM che è preziosa, non la prima risposta. Questo è anche ciò che cerco di insegnare agli studenti. Usalo come partner di pensiero, non come sostituto del pensiero." Vedono una delega quasi totale invece compiti amministrativi di routine, come la gestione delle finanze delle istituzioni educative (65,0% automazione), la gestione delle iscrizioni (44,7%) e il mantenimento dei registri degli studenti e la valutazione delle prestazioni accademiche (48,9%).

Nonostante la valutazione degli studenti sia il terzo uso più comune dell'IA tra gli educatori (7% delle conversazioni), è anche il secondo compito più "automation-heavy", con il 48,9% delle conversazioni legate alla valutazione che mostrano modelli di automazione. Ciò contrasta con il parere dei docenti intervistati, che l'hanno considerata l'area in cui l'IA era meno efficace e hanno espresso preoccupazioni etiche. "Eticamente e praticamente, sono molto diffidente nell'usare [strumenti AI] per valutare o consigliare gli studenti in qualsiasi modo... eticamente, gli studenti non pagano la retta per il tempo dell'LLM, pagano per il mio tempo. È mio obbligo morale fare un buon lavoro (con l'assistenza, forse, degli LLM)."

Non mancano le tensioni. Molti professori stanno ripensando radicalmente valutazioni e consegne: se un compito può essere svolto da un’IA, forse non è più un buon compito. Un docente ha dichiarato: "L'IA mi sta costringendo a cambiare totalmente il modo in cui insegno. Sto spendendo molti sforzi per capire come affrontare il problema del carico cognitivo." Le competenze di valutazione dei contenuti generati dall'IA stanno diventando cruciali. Molti educatori stanno ridisegnando i compiti per renderli meno suscettibili all'IA. "Se Claude o uno strumento AI simile può completare un compito, non mi preoccupo che gli studenti copino; mi preoccupo che non stiamo facendo il nostro lavoro di educatori."

Mettendo insieme i due report, vediamo una doppia dinamica: gli studenti usano Claude per accelerare e arricchire il loro studio, ma rischiano di cadere nella dipendenza cognitiva; i docenti sperimentano l’IA come strumento di creatività e gestione, ma sono chiamati a ridefinire il senso stesso di valutazione e apprendimento. Entrambi i fronti condividono una sfida: non sostituire, ma trasformare. L’IA diventa davvero un alleato educativo quando non si limita a fornire risposte, ma stimola nuove domande e permette a studenti e insegnanti di concentrare tempo ed energie sulle dimensioni più autentiche e formative del processo di apprendimento.

sabato 23 agosto 2025

Considera l'aragosta, David Foster Wallace


Considera l'aragosta, pubblicato per la prima volta nel 2005, raccoglie una serie di saggi, alcuni dei quali nati come reportage giornalistici, scritti da David Foster Wallace tra il 1994 e il 2005. La raccolta e composita e finisce per trattare temi e argomenti molto diversi: 
- in Il figlio grosso e rosso Wallace, inviato da Rolling Stone agli awards del cinema porno, analizza le idiosincrasie della pornografia contemporanea e del vasto mondo che ruota attorno a questo filone della cinematografia, evidenziandone caratteristiche e contraddizioni.
- in La fine di qualcosa senz'altro, verrebbe da pensare, a partire dalla recensione di Verso la fine del tempo di John Updike, Wallace propone una delle sue prime profonde critiche alla letteratura postmoderna.
- in Alcune considerazioni sulla comicità di Kafka che forse dovevano essere tagliate ulteriormente Wallace invece torna ad un tema tipicamente postmoderno, analizzando come quest'aspetto sia tipico anche di uno degli autori più iconici della letteratura modernista, Franz Kafka.
- In Autorità e uso della lingua (ovvero, Politica e lingua inglese è ridondante) Wallace si esercita in un saggio di linguistica a partire dalla recensione di un dizionario, mettendo a paragone le posizioni grammaticali e lessicali prescrittiviste, a cui Wallace parzialmente aderisce, e quelle descrittiviste dei filoni della linguistica più progressista. Nel saggio, pur accettando in larga parte le premesse del filone descrittivista sugli abusi della lingua nel confermare e nel rafforzare stereotipi e discriminazioni sociali, Wallace aderisce alle critiche al politicamente corretto nella lingua, che finisce, ai suoi occhi, per essere censoreo come gli usi che vuole abbattere senza realmente riuscire a modificare la società che la lingua descrive.
- In La vista da casa della sig.ra Thompson Wallace descrive il momento in cui ha avuto notizia, come tutti gli altri, degli attentati del giorno 11 settembre 2001 mentre si trovava in una piccola cittadina di provincia, finendo per vivere a casa della vicina, la signora Thompson, un incredibile momento di socializzazione collettiva.
- Come Tracy Austin mi ha spezzato il cuore spiega come la lettura dell'atuobiografia della tennista Tracy Austin spinga l'autore a riflettere sull'iconicità della vita dei grandi campioni dello sport, come questa iconicità finisca per impedire di osservare la banalità di tanta parte del loro vivere e del loro essere, e di come la conoscenza di quella banalità rischi di distruggere l'eccezionalità delle loro doti.
- Forza, Simba - Sette giorni in Cammino con un Anticandidato è ilnreportage, di nuovo per Rolling Stone, che conduce Wallace a seguire la campagna per le primarie di John McCain. Wallace quindi discute di politica e di politici, attratto e impaurito dalla figura di McCain, dalla sua essenza allo stesso tempo populista e sincera. Nella sua riflessione sulla sincerità politica di McCain, Wallace qui si avvicina molto a riflessioni che saranno tipicamente metamoderne.
- Considera l'aragosta, altro reportage giornalistico, porta Wallace ad una grande fiera sul prodotto di punta del Maine. Qui l'autore finisce per ragionare di coscienza, diritto degli umani a causare sofferenza alle altre creature e di specismo.
- Il Dostoevskij di Joseph Frank è una recensione di un'importante biografia di Dostoevskij. Wallace descrive la sua esperienza come lettore del grande autore russo, come la biografia dell'autore ha influenzato la sua produzione, e come i temi trattati da Dostoevskij nascondano la sua natura apparentemente spregevole.
- Commentatore è un altro reportage giornalistico di Wallace presso una stazione radio per seguire il lavoro del commentatore radiofonico John Ziegler. In questo caso Wallace osserva l'operato di un uomo, Ziegler, che anticipa figure oggi tipiche nel mondo dei podcast populisti della destra o dell'estrema destra americana. Effettivamente il fenomeno che oggi osserviamo era già in essere nelle stazioni radio private americane 25 anni fa. Wallace evidenzia come il successo dei commentatori di destra nasca da ragioni precise:
1. I conduttori di destra semplificano la visione del mondo, rendendola immediatamente fruibile.
2. Il formato radiofonico funziona perché è un prodotto venduto a chi desidera ascolti emotivi e rassicuranti.
3. La motivazione non è ideologica ma commerciale: più ascolti = più profitti.
4. Le tecniche retoriche—parole forti, attacco, emozione—creano dipendenza e rafforzano i pregiudizi.
5. Non si cerca un dibattito aperto, ma un eco chamber che confermi le proprie opinioni.

Dalla raccolta di saggi emerge la predisposizione all'osservazione di Wallace, la sua abilità retorica e la sua competenza linguistica. Soprattutto ciò che si osserva è l'incredibile profondità dell'analisi condotta da Wallace, la sua capacità di porre dubbi, di non proporre certezze e di cercare ragioni. Wallace si dimostra uno dei migliori osservatori del suo tempo, in grado di anticipare la ricerca filosofica post-postmodernista, confermandosi una delle perdite più gravi per la letteratura e la cultura mondiale.

mercoledì 13 agosto 2025

Gundam: Requiem for Vengeance


Gundam: Requiem for Vengeance è una serie anime ambientata nel variegato mondo di Gundam e distribuita da Netflix.

La serie consta di 6 episodi ed è ambientata nell'Universal Century, ovvero la linea temporale principale di questa produzione che ormai si avvia verso il mezzo secolo di vita; in particolare le vicende narrate si sviluppano durante la Guerra di un anno, la stessa raccontata nella prima e celebre serie del 1979, quando la colonia spaziale Side 3 si è autoproclamata Principato di Zion e ha iniziato una guerra contro la Federazione terrestre per ottenere l'indipendenza. Il contesto è già noto ai lettori e agli spettatori di Gundam, i quali, in particolare, ricorderanno il protagonista della prima serie, Amuro, un ragazzo dotato di poteri psichici (appartenente ad una evoluzione dell'essere umano, chiamata Newtype) che finisce per pilotare la nuova e potente arma della Federazione, i Mobilesuit Gundam, dei mecha di dimensioni ciclopiche capaci di armeggiare la potenza delle armi nucleari. Amuro si scontrava con l'esercito di Zion, nel quale spiccava la figura di Char Arznable, storica nemesi del protagonista, anch'egli un Newtype, che vuole raggiungere la vittoria per Zion prima che la Federazione possa dispiegare il pieno potere dei Gundam, di cui è venuto a conoscenza.

Se la serie del 1979 sviluppava quindi la vicenda dal punto di vista della Federazione terrestre, in questo caso invece la storia verrà narrata con gli occhi di una pilota dell'esercito di Zion, Iria Solari: anche lei è una Newtype, pilota dei meno moderni mecha di Zion, gli Zaku. Iria è a capo di un plotone di piloti, i Red Wolf. Insieme ai suoi uomini Iria combatte sulla terra, dopo che Zion ha tentato con un blitz un'invasione per ottenere con la forza la propria indipendenza; le cose si mettono male quando però sul campo di battaglia compare un nuovo tipo di mecha dalla parte della federazione, più resistente e veloce, e munito di armi molto più potenti: si tratta di un Gundam.
Le sei puntate della serie vedono quindi il mondo di Iria sfaldarsi e sparire: lei, una violinista che ha deciso di arruolarsi dopo che un raid dei federali aveva ucciso suo marito, era scesa in guerra con il solo desiderio dell'indipendenza e sperando così di dare un futuro migliore al bambino che ha lasciato nello spazio, ma ora è costretta ad osservare la propria impotenza mentre il Gundam, apparentemente indistruttibile e imbattibile, le sta portando via tutte le persone verso le quali si sente responsabile.
Nelle ultime puntate assistiamo quindi ad un inatteso incontro durante un tentativo di infiltrazione tra le schiere federali: Iria si imbatte nel pilota del gundam, anch'egli un Newtype, ma poco più che un bambino (come Amuro...) che è stato costretto alla guerra per i suoi poteri. Fallito il tentativo di infiltrazione, ad Iria non resta che accompagnare i suoi pochi compagni sopravvissuti nel tentativo di ritirata, e scendere ancora una volta sul campo di battaglia con il suo Zaku disastrato per scontrarsi contro il Gundam. Iria infine riesce a convincere il ragazzo, che rimane senza nome, a desistere dallo scontro, che i Federali hanno già vinto, concedendo ai soldati di Zion la ritirata. Ma proprio mentre Iria e il pilota del Gundam sembrano essere giunti alla conclusione che, pur su schieramenti opposti, non sono altro che pedine degli eventi costretti alla guerra dalla necessità e dalle loro caratteristiche, un altro Zaku colpisce a tradimento il Gundam, distruggendolo e uccidendo il ragazzo.
Iria finirà quindi per non seguire il contingente di Zion in ritirata e si nasconderà in Africa, insieme ad altri apolidi e transfughi che si tengono lontani dallo scontro perenne tra Zion e la Federazione.

Gundam: Requiem for Vengeance quindi racconta nuovamente una storia già nota, ma, come spesso accade in Gundam, lo fa per evidenziare come dietro le apparenze, le ideologie, la propaganda, la politica, i desideri e gli inganni che spingono gli uomini sono gli stessi; Gundam: Requiem for Vengeance mostra come spesso il volto del nemico sia semplicemente il nostro volto riflesso, e come la guerra non sia (solo) il luogo del valore militare e dell'eroismo, ma sia soprattutto un mare di violenza indiscriminata, di codardia, di incomprensioni e rabbia, di morti civili e di sfruttamento.
L'unica nota stonata della serie è la computer grafica: il mecha design e le scene di azione dei mobilesuit funzionano, ma l'animazione computerizzata toglie espressività ai personaggi, non rendendo loro giustizia rispetto ad altri protagonisti delle numerose serie di Gundam disegnate in maniera tradizionale, finendo per appiattirli in modo monodimensionale al di là delle emozioni che invece si sarebbero dovute trasmettere.

Per il resto Gundam: Requiem for Vengeance è invece una serie sicuramente consigliata, anche e forse soprattutto a coloro che vogliono avvicinarsi alla complessità delle vicende raccontate nelle serie di Gundam, soprattutto per la relativa lunghezza e per il numero degli episodi (6 in tutto) che consentono di concludere la visione anche solo in un pomeriggio. 

venerdì 1 agosto 2025

La fabbrica dei voti, Cristiano Corsini


La fabbrica dei voti di Cristiano Corsini si presenta come un'opera fondamentale per comprendere le dinamiche profonde che governano la valutazione nel sistema educativo italiano. Il volume, che funge da prequel al precedente "La valutazione che educa" dello stesso autore, offre una disamina accurata e metodologicamente rigorosa di uno dei nodi più critici della pratica didattica contemporanea.

Il libro si articola in una progressione logica che parte dalle premesse storiche e metodologiche della valutazione per giungere a una proposta concreta di rinnovamento. Corsini costruisce il suo ragionamento con la precisione di chi conosce profondamente sia la teoria pedagogica che la realtà quotidiana delle aule scolastiche, offrendo al lettore gli strumenti necessari per comprendere la complessità del fenomeno valutativo.

L'approccio adottato dall'autore è quello di chi non si accontenta di denunciare le criticità, ma si impegna a fornire alternative concrete e scientificamente fondate. La ricchezza del riferimento alla letteratura specialistica conferisce al testo un'autorevolezza che lo distingue dalla pubblicistica più superficiale sul tema.

La distinzione operata da Corsini tra valutazione "diseducativa" e valutazione "educativa" rappresenta il nucleo teorico più significativo dell'opera. La prima, caratterizzata da automatismi, stereotipi consolidati e scarsa consapevolezza metodologica, viene descritta come il prodotto di una formazione docente insufficiente e di pratiche didattiche non riflessive. Questa forma di valutazione, ancora troppo diffusa nelle scuole, si limita alla certificazione e alla selezione, perdendo di vista la sua funzione primaria di strumento educativo.

Al contrario, la valutazione educativa proposta dall'autore si fonda su principi descrittivi e trasformativi, dove il momento valutativo diventa occasione di crescita tanto per l'alunno quanto per l'insegnante. Questa prospettiva richiede una preparazione pedagogica solida e una consapevolezza metodologica che Corsini considera imprescindibili per ogni professionista dell'educazione.

Il volume si rivela particolarmente prezioso per tutti quegli insegnanti che desiderano superare l'approccio tradizionale alla valutazione, spesso limitato alla misurazione numerica delle prestazioni. Corsini dimostra come sia possibile e necessario trasformare la valutazione da momento di giudizio finale a processo continuo di accompagnamento e sostegno all'apprendimento.

La proposta dell'autore non è utopica ma pragmatica: si basa su evidenze scientifiche consolidate e offre indicazioni operative concrete. Il riferimento al manifesto del CVE (Coordinamento per la Valutazione Educativa) nelle pagine conclusive rappresenta un ulteriore elemento di concretezza, fornendo ai lettori un punto di riferimento per l'implementazione pratica dei principi teorici esposti.

"La fabbrica dei voti" non si limita alla denuncia delle disfunzioni del sistema valutativo, ma si propone come strumento di formazione e trasformazione professionale. La forza del libro risiede nella capacità di coniugare rigore scientifico e applicabilità pratica, offrendo ai docenti un percorso di crescita professionale fondato su basi solide.

L'opera di Corsini si inserisce in un dibattito pedagogico di grande attualità, contribuendo a quella riflessione critica sulla scuola italiana che appare sempre più urgente e necessaria. La prospettiva adottata dall'autore, che considera la valutazione come strumento di promozione dell'apprendimento piuttosto che come meccanismo di selezione, rappresenta un cambio di paradigma significativo per la cultura scolastica del nostro Paese.

"La fabbrica dei voti" è un libro che ogni professionista dell'educazione dovrebbe leggere e meditare. Corsini offre una lettura della valutazione scolastica che va oltre i luoghi comuni e le pratiche consolidate, proponendo un approccio metodologicamente fondato e pedagogicamente orientato. Il volume rappresenta un contributo essenziale per tutti coloro che credono nella possibilità di una scuola più equa, inclusiva e realmente educativa.

La lettura di quest'opera dovrebbe essere considerata non solo come un momento di arricchimento culturale, ma come un investimento nella propria crescita professionale e nella qualità del servizio educativo offerto alle nuove generazioni.

The Pitt, R. Scott Gemmill

The Pitt, ideata da R. Scott Gemmill, è una serie TV messa in onda su HBO e prodotta da Warner Bros, con protagonista Noah Wyle....