In La sopravvivenza delle civiltà Eric H. Cline ricostruisce il passaggio dall’Età del Bronzo all’Età del Ferro nel Mediterraneo orientale, illustrando con rigore e chiarezza le vicende delle maggiori potenze di quel tempo . Attraverso uno sguardo d’insieme che spazia dall’Egeo all’Egitto, dall’Assiria al Levante, l’autore mostra come alcune società—come quella ittita e micenea—siano pressoché scomparse o radicalmente trasformate, mentre altre, come gli Egizi, hanno temporaneamente ripiegato su se stesse, e popoli emergenti quali Assiri, Babilonesi e Cananei hanno saputo rifiorire fino alla nascita dei primi regni ebraici .
Cline eccelle nel descrivere le dinamiche politiche, sociali ed economiche che hanno portato al collasso di palazzi e dinastie micenee e ittite, basandosi su una vasta mole di fonti archeologiche e testi coevi .
- Ittiti e Micenei: emergono come casi emblematici di civiltà palaziali che, a causa di fattori combinati quali siccità, terremoti e crisi interne, hanno subito un crollo rapido e irreversibile .
- Egitto: dopo aver subito attacchi esterni e turbolenze interne, si ritrae in un periodo di relativa chiusura, pur mantenendo un’identità culturale riconoscibile .
- Assiri, Babilonesi e Cananei: sfruttano il vuoto di potere lasciato nel Levante e in Mesopotamia per consolidare nuove strutture statuali e sistemi di alleanze che poseranno le basi dei regni che seguiranno .
- Regni ebraici: Cline dedica particolare attenzione agli albori dei regni di Israele e Giuda, chiarendo come questi abbiano tratto vantaggio dalla riorganizzazione geopolitica dell’area .
Questa ricostruzione dettagliata confuta il concetto di un’“età buia” di totale regressione, mostrando invece una fase di autentico rimescolamento che prepara nuove evoluzioni culturali, tecnologiche e politiche .
Un altro punto di forza del saggio è l’analisi critica dei miti tradizionali, su tutti quello dell’“invasione dorica”, mostrato come una narrazione in gran parte priva di fondamento archeologico e oggi considerata un “miraggio” dalla maggior parte degli studiosi . Cline riprende gli esiti delle più recenti scoperte archeologiche per dimostrare che il passaggio alla protogeometria e all’età del ferro dipese da processi interni di innovazione e scambio, più che da ondate migratorie incontrollate.
Nelle pagine finali Cline si misura con la teoria della resilienza degli Stati moderni, cercando un parallelo fra antiche rinascite e capacità di reazione dei sistemi odierni . Sebbene l’intento sia ambizioso, il confronto risulta in parte forzato, poiché l’autore stesso ammette i limiti metodologici nel trasporre concetti elaborati per società iper-specializzate su contesti statuali contemporanei .
Resta comunque merito di Cline aver stimolato il dibattito sull’importanza di studiare collassi e riemersioni storiche per comprendere le sfide ambientali, economiche e sociali che caratterizzano il nostro tempo .
La sopravvivenza delle civiltà si distingue per la chiarezza espositiva e l’ampiezza del quadro ricostruito, rendendolo un testo fondamentale per chi desideri approfondire il collasso e la resilienza delle antiche società mediterranee. Pur mostrando qualche incertezza nell’accostare teorie moderne di resilienza agli eventi del passato, il volume offre una panoramica vivida ed esaustiva, capace di rovesciare antichi stereotipi e di stimolare nuove riflessioni sulla fragilità delle civiltà.
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