Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar esce per la prima volta nel "lontano" 1951. Il romanzo riprende il filone del romanzo storico, figlio di profondo studio della letteratura storiografica a cui l'autrice può attingere.
Il romanzo, scritto in prima persona, assume la forma di una lunga lettera dell'imperatore morente al futuro imperatore Marco Aurelio. Attraverso questa scrittura all'apparenza intima e personale l'autrice traccia un quadro della Roma del II secolo d. C. all'apice della sua forza e della sua grandezza, sotto l'imperatore che più a lungo, dopo Ottaviano, ne aveva saputo fino a quel momento garantire la pace. Al contempo il romanzo disegna il profilo dell'imperatore e in questo maggiormente si osserva la distanza tra la cultura storiografica dell'autrice e gli studi più recenti su Adriano e sulla sua epoca. Ugualmente Yourcenar non può attingere a tante conoscenze sulla cultura materiale romana che affioreranno dagli studi archeologici dei decenni successivi.
Nondimeno il romanzo mantiene la sua potenza: è vero che a tratti l'idealizzazione della figura dell'imperatore Adriano arriva ad essere stucchevole, ma lo scritto si mantiene vivo e vitale nel rapportro tra Adriano e la figura di Antinoo, così come nel delineare l'incarico di imperatore come magistratura e responsabilità, affrontata non con l'ascetismo degli stoici, bensì semmai con un pragmatico gusto del vivere.
Vale la pena di leggere questo romanzo a settant'anni dalla sua pubblicazione? Complessivamente sì, ma con un'avvertenza: ciò che oggi funziona meglio dell'opera è ciò che meno avrebbe dovuto rappresentarla come romanzo storico, la ricostruzione poetica della psiche di un uomo che, evidentemente, per decenni ha affascinato l'autrice, mentre è nella ricostruzione storica che Memorie di Adriano risulta oggi più deficitario.

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