La legge 352 del 1970 estende esplicitamente al referendum quanto previsto dall' articolo 98 del testo unico del 1957, ovvero che "Il pubblico ufficiale, l' incaricato di un pubblico servizio, l' esercente di un servizio di pubblica necessità, il ministro di qualsiasi culto, chiunque investito di un pubblico potere o funzione civile o militare, abusando delle proprie attribuzioni e nell'esercizio di esse, si adopera a costringere gli elettori a firmare una dichiarazione di presentazione di candidati o a vincolare i suffragi degli elettori a favore o in pregiudizio di determinate liste o di determinati candidati o a indurli all' astensione, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire tremila a lire 20 mila".
Ora, dato che le parole sono importanti e che troppa gente le usa a caso per sostenere le proprie posizioni, legittime o no che siano, qui siamo costretti a fare un po' di analisi del testo (e implicitamente dimostrare che tanti fra coloro che stanno sproloquiando di questo referendum sono, ahinoi, meno consapevoli della lingua di quanto credano).
Cosa c'è di fondamentale da capire? Uno, si parla di pubblici ufficiali o di chi eserciti un qualsiasi potere, che, nell'esercizio del suo potere compia abuso. Ma di che abuso si tratta, ovvero, è abuso esprimere una propria opinione, come quella sulla legittimità o no dell'astensione dal voto? Ovviamente no, perché questo violerebbe gli articoli della Costituzione che individuano nella libertà di parola e di pensiero alcuni fra i diritti umani inviolabili, e violerebbe i trattati ed il diritto internazionale a cui, come sempre detto nella Costituzione, l'Italia con il suo diritto si adegua. Quindi il politico che sostiene l'astensione non commette reato.
Infatti la sentenza è ben chiara: commette abuso il pubblico ufficiale che dovesse "costringere gli elettori a firmare una dichiarazione di presentazione di candidati o a vincolare i suffragi degli elettori a favore o in pregiudizio di determinate liste o di determinati candidati o a indurli all'astensione". Cioè? Il primo caso è quello in cui il potente di turno costringe il povero cristo a firmare per una lista, in modo che questa si possa candidare alle elezioni; il secondo è quello, ben noto, del voto di scambio, per cui si vincola il voto del solito povero cristo, per esempio in caso di favori; l'ultimo caso, infine, è quello dell'induzione, ovvero della costrizione all'astensione: avete presente cosa vuol dire costringere qualcuno a fare qualcosa? Vi è chiaro che è ben diverso dal chiedergli di fare qualcosa, suggerire o pregare?
Ecco: se c'è costrizione è reato, altrimenti no. Se conoscete pubblici ufficiali che vi stanno costringendo ad astenervi, o a votare, denunciateli. Ma se non è così, piantatela con i vostri pistolotti pseudogiuridici e moraleggianti, perché sono frutto di pressapochismo, per di più in malafede.
mercoledì 20 aprile 2016
Sulla bufala dell'induzione all'astensione, e sull'analfabetismo funzionale
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