mercoledì 29 febbraio 2012

The Fantastic Flying Books of Mr. Morris Lessmore

 

Ovvero il cortometraggio che ha vinto, meritatamente, agli ultimi premi Oscar. Da vedere, una storia magica sul valore dei libri e della narrazione di storie.

martedì 28 febbraio 2012

Lo stato sociale, lo sviluppo economico e la decrescita


Uno dei temi più dibattuti in questo momento sulla rete è il tema della sopravvivenza dello stato sociale tipico dell'Europa. Per farla breve, da più parti del mondo economico giunge ormai la lagnanza che la crisi che ci troviamo a vivere dipenda, fra le altre cose, da uno stato sociale eccessivamente sviluppato nel Vecchio Continente. Viene suggerito quindi, per risolvere la crisi, di ridurre i diritti garantiti dallo stato sociale, in modo da rendere l'Europa rapidamente di nuovo concorrenziale nei confronti di continenti più "agili" sul mercato del lavoro quali Americhe e Asia.
C'è subito da fare una premessa: la crisi che viviamo nasce dai mercati e segue gli andamenti dei mercati. Non è una crisi di produzione, semmai di sovrapproduzione. Inoltre la crisi che viviamo segue un modello di sviluppo economico lineare, in cui, secondo chi propone il taglio dello stato sociale, tornando ad un livello concorrenziale l'Europa potrà nuovamente contendere ai paesi emergenti il predominio economico e lo sfruttamento di risorse concepite come infinite.
Sappiamo tuttavia bene che le risorse che il pianeta può fornire non sono di certo infinite, che la ricchezza così come viene prodotta e distribuita dall'odierno sistema economico non è certo ripartita egualmente fra i diversi strati sociali. Ad una minoranza ricca presente in ogni paese e continente segue una grande maggioranza silenziosa che fatica per arrivare alla fine del mese e, anche quando il progresso economico ha migliorato le condizioni sociali dei diversi ceti, questo è avvenuto per l'intervento della politica, non certo per un semplice e lineare processo di acquisizione di ricchezze.
Insomma, se la crisi è economica, tuttavia la politica non può e non deve rimanere assoggettata ad essa.
In particolare, il ragionamento che prevede il taglio dello stato sociale fa cilecca proprio dal punto di vista logico e mette in luce tutta la sua malafede. Sarebbe come dire che, oggi che siamo sette miliardi, nel momento in cui la distribuzione egualitaria del cibo in giro per il pianeta è sempre più complicata, per rendere concorrenziale i paesi più poveri sarebbe anche il caso di soprassedere sul cannibalismo. Oppure, lì dove la popolazione sia "eccessiva" (secondo quali criteri? chi può permettersi di giudicare cosa sia eticamente corretto? gli economisti, i banchieri?) sia lecita una selezione della specie per rendere più "agile" uno stato.
Lo stato sociale, anziché cancellato, va esportato, come modello di vera dignità umana. I diritti umani non sono un inutile orpello ma la dimostrazione che il progresso umano non è fatto solo di opulenza, di cieco sviluppo tecnologico, ma è soprattutto sviluppo di civiltà.
Un processo lineare di crescita che non tenga conto di una equa ridistribuzione delle risorse e delle ricchezze è un processo cieco, inutile, di certo non è un progresso. 
L'uomo del ventunesimo secolo ha bisogno di riformare la sua idea di progresso prima ancora di riformare il suo stato sociale. È ipotizzabile un mondo in cui chi gestisce la cosa pubblica e le ricchezze mondiali ben poco fa per rispondere all'annosa questione di cosa potranno fare le future generazioni di fronte allo sfacelo che stiamo causando? Cosa accadrà quando fra trenta - quarant'anni, in nome di un progresso cieco e lineare, non sostenibile, avremo esaurito gran parte delle risorse presenti su questo pianeta? Allora cosa faremo? Diremo che quei pochi diritti umani che saranno ancora garantiti saranno un inutile orpello di fronte alla necessità di mantenere ancora gli stati e le multinazionali concorrenziali?

Umberto Saba, Trieste

"Ho attraversato tutta la città.

Poi ho salita un'erta,
popolosa in principio, in là deserta,
chiusa da un muricciolo:
un cantuccio in cui solo
siedo; e mi pare che dove esso termina
termini la città.

Trieste ha una scontrosa
grazia. Se piace,

è come un ragazzaccio aspro e vorace,
con gli occhi azzurri e mani troppo grandi
per regalare un fiore;
come un amore
con gelosia.
Da quest'erta ogni chiesa, ogni sua via
scopro, se mena all'ingombrata spiaggia,
o alla collina cui, sulla sassosa
cima, una casa, l'ultima, s'aggrappa.
Intorno
circola ad ogni cosa
un'aria strana, un'aria tormentosa,
l'aria natia.

La mia città che in ogni parte è viva,
ha il cantuccio a me fatto, alla mia vita
pensosa e schiva."


lunedì 27 febbraio 2012

The Show Must Go Off - Alessandro Barrico - 28/01/2012 Avvarad.eu

The Show Must Go Off - Alessandro Baricco - 21/01/2012 Satarlanda.eu

LUCIANA LITTIZZETTO - 26/02/2012 Che tempo che fa

Massimo Gramellini - Che tempo che fa 25/02/2012

Parliamo di Terzacultura


Oggi su twitter si discute di un tema molto interessante, ovvero della cosiddetta terza cultura.
  1. Oggi su Twitter è nata una discussione molto interessante a partire da questo articolo. Cos'è la terza cultura? Ce lo dice John Brockman, agente lettario e divulgatore americano, l'uomo che diffonde le grandi pubblicazioni di alcuni fra i più importanti scienziati americani. La terza cultura sarebbe il ritorno all'antica unità dei saperi, fondata sull'empiria, sull'esperienza e sul desiderio di apertura delle conoscenze ad ogni ambito, da quello più prettamente scientifico agli studi umanistici, dalle scienze esatte basate sul protocollo e l'esperimento fino alle arti. Un ritorno al passato, in un certo senso. Se pensiamo all'antichità il saggio era capace di spaziare in vari ambiti della conoscenza, stesso discorso per quanto riguarda il dotto del medioevo, fra tutti Dante. La distinzione dei saperi è tipicamente moderna, la specializzazione è una delle tendenze degli ultimi due secoli, figlia forse, o più probabilmente artefice, del fordismo. Da un lato scienze umane, dall'altro scienze esatte, in un reciproco rapporto di sospetto e di disistima. Con alcune dovute eccezioni, certo, ma la tendenza è stata questa, soprattutto in un paese culturalmente provinciale come il nostro. Come si può capire dare una vera definizione di cosa sia la terza cultura è complicato: intanto si rischia un appiattimento sulle posizioni delle scienze esatte, considerate proprio per il loro metodo empirico le scienze elette, omettendo come molti spunti per questi studi siano invece venuti dagli altri saperi. D'altro canto gli umanisti di vecchia concezione hanno sempre guardato in malo modo un mondo che fondamentalmente non capivano, costringendo talora le loro materie in un metodo empirico di facciata che invece non reggeva al confronto diretto con saperi meglio definibili nell'ambito del protocollo.
    Ibridazione dei saperi? Sapere del nuovo millennio, lì dove l'interconnessione delle informazioni è tanta e tale che non si può più fare a meno di essere uomini sociali? Una nuova figura di umanista, un nuovo umanesimo?Su tutto i dati riportati dallo stesso Brockman nella sua intervista per la Stampa, ovvero, la consapevolezza che parliamo sempre di una cultura d'elité
    «Quelli che stanno uscendo, come“The God Delusion” di RichardDawkins, “Letter to a Christian Nation” di Sam Harris, “Social Intelligence” di Daniel Goleman, tutti nella lista del “New York Times”. Sono la prova che un pubblico attento esiste. Ma è appena il 5% della popolazione.Il95%degliamericani-285milioni di persone - non vuole saperenulladinulla»
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    Fare cultura significa non dividere a compartimenti stagni le diverse discipline #RogerMalina #terzacultura
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    l’intellettuale tradizionale, la cui cultura è spesso “non empirica” è ormai in declino bit.ly/xOANqU #DcSc #TerzaCultura
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    La lotta tra cervello empirico e creativo: la contraddizione come fonte della #TerzaCultura l'esperienza di @ArtNitebit.ly/xOANqU
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    #terzacultura prolifica è la filosofia politica contemporanea. Che ripensa i concetti di libertà, cultura, giustizia nel mondo globale.
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    Qui l'intervista a John Brockman che spiega in italiano alla STAMPA cos'è la #TerzaCulturabrockman.com/press/LaStamp...
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    RT @chiarelettere: @ArtNite @tempoxme_libri letto... quindi #TerzaCultura come unione di arti e scienze? Un pensiero ibrido?
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    RT @ArtNite: La distinzione tra arti e scienze è fittizia, un retaggio culturale da abbandonare #DcSc bit.ly/xOANqU#TerzaCultura
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    @tempoxme_libri @Svagaia anche Italo Calvino #terzacultura
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    E. B. Tylor in "Primitive Culture" scardina il concetto di cultura dominante alle fine del XIX sec. #terzacultura
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    @Svagaia @VicioCiminello Anche Giordano Bruno mi sembra che a buon diritto possa entrare nella nostra biblioteca di #TerzaCultura.
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    @VicioCiminello Certo! Come dimenticare Eco ... continuamo a citare casi di #TerzaCultura in letteratura?Cataloghiamo una ricca biblioteca?
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    @trust1870 @tempoxme_libri @ArtNite Levi-Strauss è sempre nei miei pensieri #terzacultura
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    @VicioCiminello Mi pare di capire che è proprio la letteratura il campo in cui è più difficile trovare tracce di #TerzaCultura. Sbaglio?
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    @LibriamoTutti @ArtNite La #TerzaCultura dovrebbe essere un approccio al reale,compiuto e unificante come realizzato già da Levi e altri.
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    RT @LibriamoTutti: @ArtNite il nuovo umanista ha bisogno di essere collettivo,non tuttologo,un uso intelligente della potenza della comunicazione #TerzaCultura
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    La #terzacultura é non averne mai abbastanza di Sapere Conoscere Imparare
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    RT @ArtNite: Le arti e le scienze si stanno unendo di nuovo in un’unica cultura, la #TerzaCultura #DcSc bit.ly/xOANqU
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    Wittgenstein, Leonardo, Braudel. La #terzacultura è solo per menti elette? Per noi comuni mortali, potrebbe essere un ideale cui tendere.

The Pitt, R. Scott Gemmill

The Pitt, ideata da R. Scott Gemmill, è una serie TV messa in onda su HBO e prodotta da Warner Bros, con protagonista Noah Wyle....