Quando, agli esordi degli anni '90 del Ventesimo secolo, usciva Castelli di rabbia di Alessandro Baricco, il libro poteva realmente apparire come una novità nel panorama letterario dell'epoca. Gli anni '80 infatti erano stati, per la narrativa italiana, un'epoca di conformismo e massificazione: d'improvviso nel panorama letterario mainstream questo giovane, appena sopra i trent'anni, si proponeva come riformatore (rottamatore?), causando con la sua opera prima una serie di fraintendimenti che, forse, falseranno la sua opera successiva. Baricco, infatti, nel suo Castelli di rabbia appare come un ardito sperimentatore (e la sua storia letteraria invece lo mostrerà poi un solerte colezionista di idee altrui), sia dal punto di vista tematico, che sui piani della struttura e della lingua. Come nella migliore tradizione postmoderna, ciò che prevale in Castelli di rabbia è l'aspetto ludico: Baricco gioca; il problema sta nel fatto che gioca da solo. La vicenda ra
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