lunedì 31 marzo 2014
domenica 30 marzo 2014
Matteo Renzi Ed Il Monstrum Del Senato
È un refrain sempre più insistente quello che di giorno in giorno sentiamo contro la riforma del Senato della Repubblica made in Matteo Renzi and Silvio Berlusconi. Oggi a levarsi contro il tentativo di riforma è lo stesso presidente del Senato Grasso, accusato poi, abbastanza vigliaccamente, di avere paura di perdere la poltrona.
Il problema di cui però non si vuole parlare è in realtà ben altro: è questa una riforma ben scritta? Aggiungo io: serve davvero la foga generale con cui si chiede l'abolizione del Senato?
Stando alla prima questione, no, non si tratta di una riforma ben scritta. Intanto perché una camera, anche se solo consultiva, non eletta, riporta indietro di secoli, quasi ci appaiono di fronte gli Stati Generali di epoca medievale, a cui si accedeva per censo e, nel caso delle classi più alte, senza elezione. Inoltre una camera composta da gente eletta per altri incarichi pone due problemi, il primo di competenza, il secondo di legittimità, dato che si violerebbe l'ovvio obbligo ad un solo incarico pubblico alla volta.
Ma poi si porrebbe un'altra questione, di merito. È davvero così inutile il Senato, ed in generale funziona davvero così male il bicameralismo perfetto? Immagino il coro unanime di sì, eppure, a rifletterci, quante volte è successo che delle leggi imperfette, pur se in tempi più lunghi, sono state via via corrette nel passaggio parlamentare da una camera all'altra? Insomma, il potere di controllo delle due camere l'una sull'altra non è un'ulteriore garanzia per la democrazia?
Si potrebbe certo pensare di semplificare, stabilire che il Senato abbia da discutere solo sulle norme più importanti, norme di natura economica, la legge di stabilità, le questioni etiche, lasciando il diritto penale per esempio ad una sola camera, quella dei deputati. Ma pensare di fare questo privando i cittadini dell'ovvio potere di controllo sui loro rappresentanti dato dall'elezione è non solo stupido, ma anche pericoloso. Tutto questo poi per la continua rincorsa al provvedimento demagogico e anti casta, ovvero il giovanilismo che si unisce al becero populismo. Insomma, un miscuglio che ha solo fini elettorali e che, con le grandi riforme che l'Italia merita e a cui uno statista dovrebbe aspirare, non ha nulla a che spartire.
Lettera aperta ad Alessandro Di Battista
Buonasera, in un suo recente post lei ha parlato di dialogo, citando tra l'altro l'etimologia del termine per spiegare le buone intenzioni sue e del movimento a cui appartiene. Proprio in quel post però esce fuori, a mio parere, per carità, il grande limite attuale suo e del movimento. Lei parla di dialogo, dice che parla con altri parlamentari, come se si trattasse di qualcosa di eccezionale, quando si dovrebbe trattare del suo lavoro. Ma non è questo il punto: lei non accetta il "però", il "ma". Lei stesso afferma di diffidare di chi afferma il ma, il però, di fronte alle sue evidenze. Ci perdoni, ma noi siamo abituati a diffidare dal pensiero unico, i ma, i però sono per noi il sale della democrazia.
Lei consce la storia greca, bene, si ricordi del dialogo fra gli Ateniesi e i Melii, di come tutta la dignità degli abitanti di quella piccola isola si risolva nei però che sanno affermare, in un dibattito, a chi vuole imporre la sua verità unica, la legge del più forte. Ecco, noi siamo a prescindere contro chi non accetta i però, a qualsiasi schieramento appartenga.
Nello stesso post, dopo essersi scagliato contro gli altri parlamentari in maniera manichea, perché non accettano il fatto che avreste ragione, abilmente lei sminuisce la gravità di un atto, il bloccare fisicamente le attività delle commissioni. Peggiore ancora è il modo in cui ciò avviene: un atto di squadrismo bello e buono sarebbe nulla di fronte al fatto che non vi si dà ragione. Forse dovremmo ridiscutere con voi le regole del gioco, cosa sia la democrazia, cosa voglia dire non dover superare certi limiti. Forse dovremmo anche ricordare che il dire che gli altri sono peggiori di noi non ci giustifica nei mostrare poi il peggio di noi stessi. Non perché gli altri violino le regole allora tale diritto appartiene anche a noi.
Riguardo alle espulsioni dei dissidenti all'interno del movimento, lei, se ricordo bene, ha parlato di una maggiore chiarezza interna: si chiama chiarezza l'imposizione di un pensiero unico senza diritto di critica? Cosa pensa lei delle nuove regole che vi sono state date da Beppe Grillo, secondo cui la rete potrà solo ratificare le sue decisioni? Cosa pensa del fatto che le multe che state sancendo contro la libertà di mandato sono incostituzionali e per tanto non valide? Come mai voi che dite di difendere la costituzione riguardo a questo punto tacete? Sa che fu il fascismo a vietare la libertà di mandato e che essa fu reintrodotta proprio per costringere i parlamentari a non abiurare alle proprie responsabilità nel momento delle decisioni e del voto in parlamento? Davvero crede che la stampa sia tutta, in toto, corrotta e venduta e che l'unico strumento di divulgazione oggettiva delle informazioni sia ad oggi un blog privato di cui non si conosce il fatturato e che è, tra l'altro, l'organo di partito di un movimento politico che annovera fra i suoi leader un imprenditore che è anche, tra l'altro, il gestore dello stesso blog? Se si fosse trattato di un altro movimento politico non avreste già parlato di conflitto d'interessi?
Infine, davvero, davvero crede che Corrado Augias sia solamente invidioso di voi, un movimento che ad oggi non ha ancora realizzato nulla, o che invece, magari quelle critiche dell'intellettuale, magari anche contestabili, non possano nascere legittimamente, di fronte alle intemperanze che provengono da parte del vostro elettorato, dei vostri sostenitori sul web e di alcuni stessi fra i vostri parlamentari? Non la sfiora mai il dubbio che la verità non stia magari sempre nel mezzo fra le vostre idee e quelle altrui, ma non sia neanche un vostro unico possesso?
Grazie mille per l'attenzione
Sebastiano Cuffari
Esci da questo corpo
Forse è un difetto di noi tutti, per carità, siamo tutti così poco abituati a discutere e metterci in gioco che difficilmente potremmo riconoscere le ragioni altrui. Però dobbiamo pure dirci chiaramente che certe volte è più facile che altre, che con alcuni profili di persone la discussione è più semplice che con altre. Così quando discutiamo con degli integralisti religiosi difficilmente ci capiterà di sentirci dire OK, forse potresti avere ragione, e di conseguenza lo stesso facciamo noi. Idem quando ci troviamo a discutere con un estremista politico, uno convinto di essere l'unico portavoce dell'onestà e della buona fede.
Sta di fatto che ogni visione manichea della realtà risulta limitante, chiusa al confronto. O si è con noi o contro di noi, non c'è alternativa. Un mondo triste e sterile, oltre che noioso. Eppure un mondo sempre più diffuso.
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