sabato 31 dicembre 2011

In cerca del tutto e del niente ovvero buon 2012

Credo capiti a tutti, soprattutto dopo i momenti di massima eccitazione ed impegno, di trovarsi quasi svuotati. Insomma, uno di quei periodi in cui sembra proprio di non aver più nulla da dire o da fare. In un certo senso è questa la sensazione che sto provando in questo concludersi del 2011 e all'avvicinarsi del 2012: la primavera araba, la caduta di Berlusconi e la crisi economico/politica; la pubblicazione di un mio romanzo, il ritorno a lavorare a scuola e delle nuove classi e dei nuovi alunni con cui lavorare e crescere insieme. Tutta una serie di cambiamenti esterni e interni a me che mi hanno messo alla prova, mi hanno eccitato, sfinito, svuotato a punto. Forse è un momento di assestamento, uno di quei momenti in cui hai bisogno di assorbire tutto quello che c'è di nuovo intorno a te, capirlo, elaborarlo. Non c'è più l'avversario politico degli ultimi anni, si profila un'epoca di magra e di lotte, ci si chiede se questo paese saprà reagire come i vicini arabi o soccomberà alla sua intima stanchezza. Quando Tomasi di Lampedusa descriveva la sua Sicilia probabilmente in realtà descriveva tutta l'Italia, un paese vecchio e stanco, vittima e carnefice di se stesso; intrappolato nei suoi stereotipi senza capacità di rinnovarsi, a partire dai suoi giovani, spesso anziani dentro.
Un paese vittima della nuova barbarie, del razzismo, dell'analfabetismo di ritorno, della volgarità a cui siamo stati addestrati dai leghismi e da finti liberismi conditi solamente di interessi personali. Un paese povero culturalmente si diceva, indice ne è la difficoltà stessa con la nostra lingua, ne ho scritto già altre volte. Non è uno stato quello che non pretende che i propri abitanti sappiano comunicare in una lingua comune, fermo restando l'apertura ad altre lingue. Si confonde il multiculturalismo con uno sterile particolarismo, i leghismi a punto, quel misto di ignoranza, goliardia nei migliori dei casi, razzismi vari e volgarità quasi sempre, che sempre più fanno parte del nostro pensare e vivere comune. Va ribadito un'infinita di volte: il leghismi esiste perché l'Italia non ha saputo e voluto sviluppare un pensiero forte e comune che andasse oltre la retorica del Risorgimento. La revisione critica del nostro passato non può semplicemente ridursi al grottesco gioco sulle biografie più o meno squallide dei protagonisti della nostra indipendenza. Il dibattito non può ridursi sempre e solo al "particulare", cosa in cui siamo specializzati. La nostra cultura, i nostri intellettuali dovranno essere capaci di  sistema e sviluppare un nuovo sistema culturale capace di aggregare le diverse correnti, anche in opposizione fra di loro.
Siamo il paese dei poeti senza poesia, primo caso nella storia della nostra letteratura di autori che scrivono senza un sistema ideologico dietro che ne sostenga l'opera. Siamo del resto il paese in cui si preferisce la scrittura alla lettura, paradosso del nostro endemico narcisismo. Sempre, come al solito, del nostro "particulare".
Mi auguro di riprendere a scrivere seriamente in questo 2012 che verrà, non prima però di essermi nutrito di alcuni autori che voglio approfondire. Saramago, ancora, poi ancora Carver, Bradbury, Pennac, Benni, Pennacchi, De Luca e altri che ancora devo scoprire, immagino. Senza dimenticare gli antichi amori, Calvino, Buzzati, Borges, Tolkien.
Ars longa sed vita brevis.
Intanto lavoro, schematizzo, immagino un racconto su qualcosa che mi gira in testa, una storia tra la fantasy e la favola.
Augurandomi di saper insegnare qualcosa ai miei alunni, di esser un buon professore, di saper dare qualcosa a quei ragazzi che, malauguratamente per loro, uno stato asfittico mi ha affidato per diciotto ore settimanali. Insomma, speriamo che il 2012 sia un buon anno e che qualcosa vada finalmente come dovrebbe andare.

venerdì 30 dicembre 2011

La posizione del loto nero


Cosa accade quando si intrecciano le storie di un cavaliere errante, di una regina bianca, un piccolo regno, un loto nero e un aeroplano? Beh, quando lo avrò scritto ve lo dirò, per ora lavoro su un nuovo racconto...

Questioni generazionali

Edipo: l'uomo che il diritto antico condanna a pagare le colpe dei genitori. I suoi figli pagheranno le sue di colpe.
I moderni pensano di aver superato alcuni topoi dell'antichità, ma sarà vero? Allora perché condanniamo una generazione di europei a pagare l'incapacità e l'inettitudine dei padri?

giovedì 29 dicembre 2011

mercoledì 28 dicembre 2011

Mary Poppins e i film di Natale


Puntuale come ogni Natale arrivano i film che non possono mancare. Primo tra tutti Mary Poppins, ma anche altri: Una poltrona per due, Lady Hawke, Piccolo Lord e, soprattutto, Canto di Natale della Disney
E allora, vediamo un po' di scene da questi film.







Ma davvero è giusto che gli Italiani paghino la crisi?

Sono uno di quelli che pensa che Monti stia facendo quello che doveva fare, o meglio, quello che è stato chiamato a fare. Questo vale per Monti così come per tutto il suo governo. Li abbiamo messi lì a posta questi ministri, per prendere le decisioni che i nostri politici non avevano preso per anni. E tuttavia il dubbio credo sia legittimo. Insomma, è chiaro a noi tutti che la crisi infine la pagheranno gli Italiani del ceto medio, non certo coloro che l'hanno causata, quei politici e quei banchieri che per 15 - 20 anni hanno gestito in malo modo la cosa pubblica.
Sia chiaro: noi Italiani abbiamo concesso a queste persone di governarci come meglio credevano. Berlusconi non ha preso il potere da solo, il capitalismo sfrenato esistono perché siamo un popolo di caproni inebetiti. Tuttavia l'atto pratico della gestione della cosa pubblica non è certo stata del popolo, ma di una classe dirigente incapace.

Non so quanti hanno in mente cosa è accaduto in Islanda: per dirla in poche parole, il paese ha in pratica rifiutato di pagare la crisi bancaria aumentando le tasse, preferendo dichiarare il default. Così l'Islanda ha anche evitato di pagare il suo debito con i paesi creditori, resettando la sua condizione economica. Allo stesso tempo, per recuperare credibilità e liquidità il governo insediatosi ha perseguito i banchieri e la classe dirigente che aveva causato la crisi, espropriandone le proprietà e condannandoli penalmente. L'Islanda è oggi, in pratica unico stato europeo, in piena ripresa economica.
Cosa accade invece nell'Unione Europea? Esattamente il contrario. Si mettono al governo i banchieri, si massacra il sociale, si ammazza la classe media per proteggere gli interessi dei ceti ricchi. È questo che vogliamo?

lunedì 26 dicembre 2011

Charlie Chaplin, Il grande dittatore - Discorso all'umanità

Riprendendo un post di Vergognarsi.it, mi sembra giusto in queste giornate di festa andare a pubblicare uno dei più bei monologhi della cinematografia del passato secolo, ovvero il monologo di Charlie Chaplin ne Il grande dittatore. Un discorso di pace, di speranza e di progresso, attuale allora come oggi



domenica 25 dicembre 2011

Le canzoni e gli occhi azzurri

Il tema degli occhi è sicuramente uno fra i più inflazionati della storia della musica, eppure ci sono alcune canzoni che sono entrate nella storia. Oggi ne voglio proporre due che mi piacciono molto, tutte e due accomunate dal colore degli occhi di cui si canta, l'azzurro.

Eccovele, quale preferite voi?



La guerra dei Social Network



Guardi la nuova Timeline di Facebook e ti poni una domanda: perché? Perché la scelta di rendere complesso ciò che nasceva semplice? Nello specifico la nuova timeline di Facebook sicuramente riorganizza in maniera più graziosa le informazioni del profilo di ciascun iscritto, e tuttavia la consultazione del social network è ora senza dubbio più complessa, oserei dire intricata. È una scelta davvero poco comprensibile, forse la voglia di strafare, ma rimane il fatto che per un utente puro dei social, quello che li usa non per cazzeggiare (o non solo) ma anche e soprattutto per condividere informazioni, l'uso di Facebook è sempre meno consigliato. Inoltre, altra caratteristica che balza subito all'occhio, la nuova timeline usa una grafica totalmente discrepante rispetto alla homepage del sito, la dashboard da cui ciascun utente controlla il flusso d'informazioni, di suo già ben complicata. Insomma, una bocciatura su tutta la linea, specie se si confronta la linea rigorosa di social ben più accattivanti, quali Google+, sempre più integrato con tutti i servizi di Google


O anche solo la nuova veste grafica di Twitter


Volete sapere a cosa assomiglia il nuovo Facebook? Molti già ci avranno pensato: la grafica così piena di box tra cui è sempre più difficile districarsi ricorda, troppo da vicino, i tentativi di Myspace di rendere i suoi profili sempre più personalizzabili. E se la storia si dovesse ripetere...


“La coltura degli alberi di Natale” di Thomas Stearns Eliot

“La coltura degli alberi di Natale” di Thomas Stearns Eliot:

“La coltura degli alberi di Natale”


Vi sono molti atteggiamenti riguardo al Natale,

e alcuni li possiamo trascurare:

il torpido, il sociale, quello sfacciatamente commerciale ,

il rumoroso (essendo i bar aperti fino a mezzanotte),

e l’infantile – che non è quello del bimbo

che crede ogni candela una stella, e l’angelo dorato

spiegante l’ali alla cima dell’albero

non solo una decorazione, ma anche un angelo.

Il fanciullo di fronte all’albero di Natale:

lasciatelo dunque in spirito di meraviglia

di fronte alla Festa, a un evento accettato non come pretesto;

così che il rapimento splendido, e lo stupore

del primo albero di Natale ricordato, e le sorprese, l’incanto

dei primi doni ricevuti (ognuno

con un profumo inconfondibile e eccitante),

e l’attesa dell’oca o del tacchino, l’evento

atteso e che stupisce al suo apparire,

e reverenza e gioia non debbano

essere mai dimenticate nella più tarda esperienza,

nella stanca abitudine, nella fatica, nel tedio,

nella consapevolezza della morte, nella coscienza del fallimento.


Nella pietà del convertito

Che si potrebbe tingere di vanagloria

Spiacente a Dio e irrispettosa verso i fanciulli

(E qui ricordo con gratitudine anche

Santa Lucia, con la sua canzoncina e la sua corona di fuoco)

Così che prima della fine, l’”ottantesimo” l’ultimo, qualunque esso sia

Le accumulate memorie dell’emozione annuale

Possano concentrarsi in una grande gioia

Simile sempre a un grande timore, come nell’occasione

In cui il timore giunse ad ogni anima

Perché l’inizio ci ricorderà la fine

E la prima venuta la seconda venuta


Altre opere di T.S.Eliot presenti su Oubliette:


Siamo gli uomini vuoti


Clicca per vedere la presentazione.




“I figli di Babbo Natale”, racconto di Italo Calvino

“I figli di Babbo Natale”, racconto di Italo Calvino:

“I figli di Babbo Natale”


Non c’è epoca dell’anno più gentile e buona, per il mondo dell’industria e del commercio, che il Natale e le settimane precedenti. Sale dalle vie il tremulo suono delle zampogne; e le società anonime, fino a ieri freddamente intente a calcolare fatturato e dividendi, aprono il cuore agli affetti e al sorriso. L’unico pensiero dei Consigli d’amministrazione adesso è quello di dare gioia al prossimo, mandando doni accompagnati da messaggi d’augurio sia a ditte consorelle che a privati; ogni ditta si sente in dovere di comprare un grande stock di prodotti da una seconda ditta per fare i suoi regali alle altre ditte; le quali ditte a loro volta comprano da una ditta altri stock di regali per le altre; le finestre aziendali restano illuminate fino a tardi, specialmente quelle del magazzino, dove il personale continua le ore straordinarie a imballare pacchi e casse; al di là dei vetri appannati, sui marciapiedi ricoperti da una crosta di gelo s’inoltrano gli zampognari, discesi da buie misteriose montagne, sostano ai crocicchi del centro, un po’ abbagliati dalle troppe luci, dalle vetrine troppo adorne, e a capo chino danno fiato ai loro strumenti; a quel suono tra gli uomini d’affari le grevi contesed’interessi si placano e lasciano il posto ad una nuova gara: a chi presenta nel modo più grazioso il dono più cospicuo e originale.


Alla Sbav quell’anno l’Ufficio Relazioni Pubbliche propose che alle persone di maggior riguardo le strenne fossero recapitate a domicilio da un uomo vestito da Babbo Natale. L’idea suscitò l’approvazione unanime dei dirigenti. Fu comprata un’acconciatura da Babbo Natale completa: barba bianca, berretto e pastrano rossi bordati di pelliccia, stivaloni.

Si cominciò a provare a quale dei fattorini andava meglio, ma uno era troppo basso di statura e la barba gli toccava per terra, uno era troppo robusto e non gli entrava il cappotto, un altro troppo giovane, un altro invece troppo vecchio e non valeva la pena di truccarlo.


Mentre il capo dell’Ufficio Personale faceva chiamare altri possibili Babbi Natali dai vari reparti, i dirigenti radunati cercavano di sviluppare l’idea: l’Ufficio Relazioni Umane voleva che anche il pacco-strenna alle maestranze fosse consegnato da Babbo Natale in una cerimonia collettiva; l’Ufficio Commerciale voleva fargli fare anche un giro dei negozi; l’Ufficio Pubblicità si preoccupava che facesse risaltare il nome della ditta, magari reggendo appesi a un filo quattro palloncini con le lettere S, B, A, V.


Tutti erano presi dall’atmosfera alacre e cordiale che si espandeva per la città festosa e produttiva; nulla è più bello che sentire scorrere intorno il flusso dei beni materiali e insieme del bene che ognuno vuole agli altri; e questo, questo soprattutto – come ci ricorda il suono, firulí firulí, delle zampogne -, è ciò che conta. In magazzino, il bene – materiale e spirituale – passava per le mani di Marcovaldo in quanto merce da caricare e scaricare. E non solo caricando e scaricando egli prendeva parte alla festa generale, ma anche pensando che in fondo a quel labirinto di centinaia di migliaia di pacchi lo attendeva un pacco solo suo, preparatogli dall’Ufficio Relazioni Umane; e ancora di più facendo il conto di quanto gli spettava a fine mese tra «tredicesima mensilità » e «ore straordinarie ».

Con qui soldi, avrebbe potuto correre anche lui per i negozi, a comprare comprare comprare per regalare regalare regalare, come imponevano i più sinceri sentimenti suoi e gli interessi generali dell’industria e del commercio.


Il capo dell’Ufficio Personale entrò in magazzino con una barba finta in mano: – Ehi, tu! – disse a Marcovaldo. – Prova un po’ come stai con questa barba. Benissimo! Il Natale sei tu. Vieni di sopra, spicciati. Avrai un premio speciale se farai cinquanta consegne a domicilio al giorno. Marcovaldo camuffato da Babbo Natale percorreva la città, sulla sella del motofurgoncino carico di pacchi involti in carta variopinta, legati con bei nastri e adorni di rametti di vischio e d’agrifoglio. La barba d’ovatta bianca gli faceva un po’ di pizzicorino ma serviva a proteggergli la gola dall’aria. La prima corsa la fece a casa sua, perché non resisteva alla tentazione di fare una sorpresa ai suoi bambini.


«Dapprincipio, – pensava, non mi riconosceranno. Chissà come rideranno, dopo! »

I bambini stavano giocando per la scala. Si voltarono appena. - Ciao papà.

Marcovaldo ci rimase male. – Mah… Non vedete come sono vestito?

- E come vuoi essere vestito? – disse Pietruccio. – Da Babbo Natale, no?

- E m’avete riconosciuto subito?

- Ci vuol tanto! Abbiamo riconosciuto anche il signor Sigismondo che era truccato meglio di te!

- E il cognato della portinaia!

- E il padre dei gemelli che stanno di fronte!

- E lo zio di Ernestina quella con le trecce!


- Tutti vestiti da Babbo Natale? – chiese Marcovaldo, e la delusione nella sua voce non era soltanto per la mancata sorpresa familiare, ma perché sentiva in qualche modo colpito il prestigio aziendale.


- Certo, tal quale come te, uffa, – risposero i bambini, – da Babbo Natale, al solito, con la barba finta, – e voltandogli le spalle, si rimisero a badare ai loro giochi.

Era capitato che agli Uffici Relazioni Pubbliche di molte ditte era venuta contemporaneamente la stessa idea; e avevano reclutato una gran quantità di persone, per lo più disoccupati, pensionati, ambulanti, per vestirli col pastrano rosso e la barba di bambagia.

I bambini dopo essersi divertiti le prime volte a riconoscere sotto quella mascheratura conoscenti e persone del quartiere, dopo un po’ ci avevano fatto l’abitudine e non ci badavano più.

Si sarebbe detto che il gioco cui erano intenti li appassionasse molto. S’erano radunati su un pianerottolo, seduti in cerchio.

- Si può sapere cosa state complottando? – chiese Marcovaldo.

- Lasciaci in pace, papà, dobbiamo preparare i regali.

- Regali per chi?

- Per un bambino povero. Dobbiamo cercare un bambino povero e fargli dei regali.

- Ma chi ve l’ha detto?

- C’è nel libro di lettura.

Marcovaldo stava per dire: «Siete voi i bambini poveri!», ma durante quella settimana s’era talmente persuaso a considerarsi un abitante del Paese della Cuccagna, dove tutti compravano e se la godevano e si facevano regali, che non gli pareva buona educazione parlare di povertà, e preferì dichiarare:

- Bambini poveri non ne esistono più!

S’alzò Michelino e chiese: – È per questo, papà, che non ci porti regali?

Marcovaldo si sentí stringere il cuore.

- Ora devo guadagnare degli straordinari, – disse in fretta, – e poi ve li porto.

- Li guadagni come? – chiese Filippetto.

- Portando dei regali, – fece Marcovaldo.

- A noi?

- No, ad altri.

- Perché non a noi? Faresti prima..

Marcovaldo cercò di spiegare: – Perché io non sono mica il Babbo Natale delle Relazioni Umane: io sono il Babbo Natale delle Relazioni Pubbliche. Avete capito?


- No.

- Pazienza. – Ma siccome voleva in qualche modo farsi perdonare d’esser venuto a mani vuote, pensò di prendersi Michelino e portarselo dietro nel suo giro di consegne.

- Se stai buono puoi venire a vedere tuo padre che porta i regali alla gente, – disse, inforcando la sella del motofurgoncino.

- Andiamo, forse troverò un bambino povero, – disse Michelino e saltò su, aggrappandosi alle spalle del padre.

Per le vie della città Marcovaldo non faceva che incontrare altri Babbi Natale rossi e bianchi, uguali identici a lui, che pilotavano camioncini o motofurgoncini o che aprivano le portiere dei negozi ai clienti carichi di pacchi o li aiutavano a portare le compere fino all’automobile. E tutti questi Babbi Natale avevano un’aria concentrata e indaffarata, come fossero addetti al servizio di manutenzione dell’enorme macchinario delle Feste.


E Marcovaldo, tal quale come loro, correva da un indirizzo all’altro segnato sull’elenco, scendeva di sella, smistava i pacchi del furgoncino, ne prendeva uno, lo presentava a chi apriva la porta scandendo la frase:

- La Sbav augura Buon Natale e felice anno nuovo,- e prendeva la mancia.

Questa mancia poteva essere anche ragguardevole e Marcovaldo avrebbe potuto dirsi soddisfatto, ma qualcosa gli mancava. Ogni volta, prima di suonare a una porta, seguito da Michelino, pregustava la meraviglia di chi aprendo si sarebbe visto davanti Babbo Natale in persona; si aspettava feste, curiosità, gratitudine. E ogni volta era accolto come il postino che porta il giornale tutti i giorni.

Suonò alla porta di una casa lussuosa. Aperse una governante.


- Uh, ancora un altro pacco, da chi viene?

- La Sbav augura…

- Be’, portate qua, – e precedette il Babbo Natale per un corridoio tutto arazzi, tappeti e vasi di maiolica. Michelino, con tanto d’occhi, andava dietro al padre.

La governante aperse una porta a vetri. Entrarono in una sala dal soffitto alto alto, tanto che ci stava dentro un grande abete. Era un albero di Natale illuminato da bolle di vetro di tutti i colori, e ai suoi rami erano appesi regali e dolci di tutte le fogge. Al soffitto erano pesanti lampadari di cristallo, e i rami più alti dell’abete s’impigliavano nei pendagli scintillanti. Sopra un gran tavolo erano disposte cristallerie, argenterie, scatole di canditi e cassette di bottiglie. I giocattoli, sparsi su di un grande tappeto, erano tanti come in un negozio di giocattoli, soprattutto complicati congegni elettronici e modelli di astronavi. Su quel tappeto, in un angolo sgombro, c’era un bambino, sdraiato bocconi, di circa nove anni, con un’aria imbronciata e annoiata. Sfogliava un libro illustrato, come se tutto quel che era li intorno non lo riguardasse.

- Gianfranco, su, Gianfranco, – disse la governante, – hai visto che è tornato Babbo Natale con un altro regalo?

- Trecentododici, – sospirò il bambino – senz’alzare gli occhi dal libro. – Metta lí.

- È il trecentododicesimo regalo che arriva, – disse la governante. – Gianfranco è cosí bravo, tiene il conto, non ne perde uno, la sua gran passione è contare.


In punta di piedi Marcovaldo e Michelino lasciarono la casa.

- Papà, quel bambino è un bambino povero? – chiese Michelino.

Marcovaldo era intento a riordinare il carico del furgoncino e non rispose subito. Ma dopo un momento, s’affrettò a protestare:

- Povero? Che dici? Sai chi è suo padre? È il presidente dell’Unione Incremento Vendite Natalizie! Il commendator…

S’interruppe, perché non vedeva Michelino. Michelino, Michelino! Dove sei? Era sparito.

«Sta’ a vedere che ha visto passare un altro Babbo Natale, l’ha scambiato per me e gli è andato dietro… » Marcovaldo continuò il suo giro, ma era un po’ in pensiero e non vedeva l’ora di tornare a casa.

A casa, ritrovò Michelino insieme ai suoi fratelli, buono buono.

- Di’ un po’, tu: dove t’eri cacciato?

- A casa, a prendere i regali… Si, i regali per quel bambino povero…

- Eh! Chi?

- Quello che se ne stava cosi triste.. – quello della villa con l’albero di Natale…

- A lui? Ma che regali potevi fargli, tu a lui?

- Oh, li avevamo preparati bene… tre regali, involti in carta argentata.

Intervennero i fratellini. Siamo andati tutti insieme a portarglieli! Avessi visto come era contento!

- Figuriamoci! – disse Marcovaldo. – Aveva proprio bisogno dei vostri regali, per essere contento!

- Sí, sí dei nostri… È corso subito a strappare la carta per vedere cos’erano…

- E cos’erano?

- Il primo era un martello: quel martello grosso, tondo, di legno…

- E lui?

- Saltava dalla gioia! L’ha afferrato e ha cominciato a usarlo!

- Come?

- Ha spaccato tutti i giocattoli! E tutta la cristalleria! Poi ha preso il secondo regalo…

- Cos’era?

- Un tirasassi. Dovevi vederlo, che contentezza… Ha fracassato tutte le bolle di vetro dell’albero di Natale. Poi è passato ai lampadari…

- Basta, basta, non voglio più sentire! E… il terzo regalo?

- Non avevamo più niente da regalare, cosi abbiamo involto nella carta argentata un pacchetto di fiammiferi da cucina. È stato il regalo che l’ha fatto più felice. Diceva: « I fiammiferi non me li lasciano mai toccare! » Ha cominciato ad accenderli, e…

- E…?

- …ha dato fuoco a tutto!


Marcovaldo aveva le mani nei capelli. – Sono rovinato!

L’indomani, presentandosi in ditta, sentiva addensarsi la tempesta. Si rivesti da Babbo Natale, in fretta in fretta, caricò sul furgoncino i pacchi da consegnare, già meravigliato che nessuno gli avesse ancora detto niente, quando vide venire verso di lui tre capiufficio, quello delle Relazioni Pubbliche, quello della Pubblicità e quello dell’Ufficio Commerciale.

- Alt! – gli dissero, – scaricare tutto; subito!

«Ci siamo! » si disse Marcovaldo e già si vedeva licenziato.

- Presto! Bisogna sostituire i pacchi! – dissero i Capiufficio. – L’Unione Incremento Vendite Natalizie ha aperto una campagna per il lancio del Regalo Distruttivo!

- Cosi tutt’a un tratto… – commentò uno di loro. Avrebbero potuto pensarci prima…

- È stata una scoperta improvvisa del presidente, – spiegò un altro. – Pare che il suo bambino abbia ricevuto degli articoli-regalo modernissimi, credo giapponesi, e per la prima volta lo si è visto divertirsi…

- Quel che più conta, – aggiunse il terzo, – è che il Regalo Distruttivo serve a distruggere articoli d’ogni genere: quel che ci vuole per accelerare il ritmo dei consumi e ridare vivacità al mercato… Tutto in un tempo brevissimo e alla portata d’un bambino… Il presidente dell’Unione ha visto aprirsi un nuovo orizzonte, è ai sette cieli dell’entusiasmo…

- Ma questo bambino, – chiese Marcovaldo con un filo di voce, – ha distrutto veramente molta roba?

- Fare un calcolo, sia pur approssimativo, è difficile, dato che la casa è incendiata…


Marcovaldo tornò nella via illuminata come fosse notte, affollata di mamme e bambini e zii e nonni e pacchi e palloni e cavalli a dondolo e alberi di Natale e Babbi Natale e polli e tacchini e panettoni e bottiglie e zampognari e spazzacamini e venditrici di caldarroste che facevano saltare padellate di castagne sul tondo fornello nero ardente.

E la città sembrava più piccola, raccolta in un’ampolla luminosa, sepolta nel cuore buio d’un bosco, tra i tronchi centenari dei castagni e un infinito manto di neve. Da qualche parte del buio s’udiva l’ululo del lupo; i leprotti avevano una tana sepolta nella neve, nella calda terra rossa sotto uno strato di ricci di castagna.


Uscì un leprotto, bianco, sulla neve, mosse le orecchie, corse sotto la luna, ma era bianco e non lo si vedeva, come se non ci fosse. Solo le zampette lasciavano un’impronta leggera sulla neve, come foglioline di trifoglio. Neanche il lupo si vedeva, perché era nero e stava nel buio nero del bosco. Solo se apriva la bocca, si vedevano i denti bianchi e aguzzi.

C’era una linea in cui finiva il bosco tutto nero e cominciava la neve tutta bianca. Il leprotto correva di qua ed il lupo di là.

Il lupo vedeva sulla neve le impronte del leprotto e le inseguiva, ma tenendosi sempre sul nero, per non essere visto. Nel punto in cui le impronte si fermavano doveva esserci il leprotto, e il lupo usci dal nero, spalancò la gola rossa e i denti aguzzi, e morse il vento.

Il leprotto era poco più in là, invisibile; si strofinò un orecchio con una zampa, e scappò saltando.

È qua? È là? no, è un po’ più in là?

Si vedeva solo la distesa di neve bianca come questa pagina.


- Altre opere di Italo Calvino presenti su Oubliette:


Il principe granchio


Clicca per vedere la presentazione.



Buon Natale!



Buon Natale a tutti quelli che mi leggono, a quelli che mi vogliono bene, a quelli che non mi sopportano e a quelli che quanto meno mi tollerano. Buon Natale ai miei alunni, quelli vecchi e quelli nuovi, ai miei colleghi, quelli con cui ho trascorso bei momenti e quelli con cui spero di trascorrerne. Buon Natale a chi ho amato e alle persone di cui me ne frega assai poco. Buon Natale a chi mi ha amato e a coloro che, mio malgrado, proprio non mi hanno sopportato.
Buon Natale ad amici e parenti, vicini e lontani, persino ai conoscenti
Insomma, avete capito il senso di questo post

giovedì 22 dicembre 2011

Il 2011 in fotografie

Il 2011 in fotografie:

Scegliere le più belle foto dell’anno che finisce tra le moltissime che il Post ha pubblicato e anche tra quelle che ci erano sfuggite è stato un lavoro lungo e doloroso: ne avremmo scelte centinaia, intuendo o conoscendo di ognuna la straordinaria resa alle dimensioni estese che il Post ha voluto dedicare nel suo ridisegno della scorsa primavera, e di cui siamo molto contenti. Alla fine una selezione l’abbiamo fatta, cercando di raccontare le storie più importanti dell’anno ma privilegiando l’effetto fotografico, con qualche sacrificio sulle prime. Non diciamo tutte le solite cose sulla forza delle immagini e sulla loro bellezza, quelle cose che conosciamo tutti da quando abbiamo cominciato a sfogliare dei libri guardando le figure. Però le pensiamo, ogni volta. Buon 2011 passato, intanto.



Virginia Beach, Stati Uniti
Harlingen, Germania
Utoya, Norvegia
Londra, Regno Unito
Arp 273
Lokayasutharam, Thailandia
Tripoli, Libia
Medan, Indonesia
Abbottabad, Pakistan
Minamisanriku, Giappone
Tagajo, Giappone
Davis, Stati Uniti
Reno, Stati Uniti
Prakash Nagar, India
Santiago, Cile
New York, Stati Uniti
Oakland, Stati Uniti
Turchia
Kabul, Afghanistan
Abbottabad, Pakistan
Vicksburg, Stati Uniti
Minsk, Bielorussia
San Carlos de Bariloche, Argentina
Corea del Sud
Londra, Regno Unito
Londra, Regno Unito
Isole Frenandez, Cile
Tel Aviv, Israele
Dadaab, Kenya
Los Angeles, Stati Uniti
Srinagar, India
Roma
Perth, Australia
Temelin, Repubblica Ceca
Sudafrica
Bin Jawaad, Libia
Kesennuma, Giappone
Minamisanriku, Giappone
Christchurch, Nuova Zelanda
Roma
Tulsa, Stati Uniti
Mosca, Russia
Londra, Regno Unito
Ghatal, India
Il Cairo, Egitto
Joplin, Stati Uniti
Bangkok, Thailandia
Roma
Santiago, Cile
New Delhi, India
Vancouver, Canada
Afghanistan
Sirte, Libia
North Carolina, Stati Uniti
New York, Stati Uniti
Vicksburg, Stati Uniti
Ajdabiyah, Libia
Chicago, Stati Uniti
Misurata, Libia
New York, Stati Uniti

The Pitt, R. Scott Gemmill

The Pitt, ideata da R. Scott Gemmill, è una serie TV messa in onda su HBO e prodotta da Warner Bros, con protagonista Noah Wyle....