mercoledì 29 ottobre 2025

Principesse e principessi, studentesse e studentessi

Scrollando su Instagram mi sono imbattuto in questo intervento del linguista Manolo Trinci, a commento di un intervento dell'onorevole Anna Laura Orrico, del M5S


https://youtube.com/shorts/RPljUJAK5ks?si=VHDrZR_C3B1h0PUA

Secondo me Trinci non coglie (detta meglio, non vuole cogliere) cosa sta accadendo in quell'intervento, e favorisce sulle sue pagine social una facile ironia sulla questione che non contestualizza e non favorisce il dibattito sulla scelta linguistica dell'onorevole. Per essere chiari: delle due l'una, o la scelta di usare studentessi è un lapsus, o è una scelta. È possibile sospettare che l'onorevole abbia scelto di usare studentessi proprio per le ragioni spiegate nel video, ovvero evidenziare il senso del suffisso in -essa, per cui oggi si sceglie di non adoperare il suffisso in -essa per riferirsi alle donne impegnate in mestieri e ruoli non riferibili con termini ambigenere o invariabili. Insomma, l'onorevole avrebbe voluto creare un momento di dissonanza cognitiva per evidenziare come tranquillamente adoperiamo termini che nascono come offensivi o discriminatori, e che ci accorgiamo della loro natura solo quando quei termini (o le regole per cui sono nati) vengono estesi a chi normalmente è esente da quella discriminazione. Da dove nasce questa ipotesi? Dal fatto che ho preso l'abitudine di farlo anche io. Ogni mattina, quando entro in classe, saluto i miei alunni chiamandoli "principesse e principessi", partendo da un rapporto amichevole ma non amicale che abbiamo costruito nella durata del nostro percorso. E ovviamente la prima volta in cui mi hanno sentito pronunciare la parola "principessi" si sono guardati e mi hanno corretto, no prof. si dice principi. Questo ci ha portati a riprendere un discorso che avevamo già fatto in prima superiore parlando della convenzionalità del linguaggio, del Manifesto delle parole ostili e dell'uso discriminatorio, anche non voluto, delle parole adoperate senza riflessione.
Hanno colto? Non tutti, certo, ma l'insegnamento non si misura solo sui risultati immediati; contano anche i semi che hai piantato e che germoglieranno nel corso degli anni, a poco a poco, con pazienza dovuta.

 

mercoledì 22 ottobre 2025

L'arte di complicare le cose, o delle linee guida sull'IA a scuola


L'IA è arrivata nel mondo della scuola. È arrivata malgrado la scuola, ed è arrivata perché la realtà si mangia ogni paravento ideologico, prima o poi, soprattutto se la realtà è assistita dall'interesse delle grandi aziende. Il punto è che gli studenti la usano, questa IA, e la usano anche i docenti, anche quelli che dicono che però non la vorrebbero in classe. Anzi, quei docenti spesso scrivono i propri proclami contro l'IA appaltando la scrittura al loro peggior nemico (immaginario).

Detto questo, dato che però parliamo sempre della scuola italiana, regolamentare vuol dire non guidare l'uso consapevole, vuol dire burocratizzare procedure e tentare di mettere una diga costruita da castori per arginare una marea oceanica.

Le scuole dovranno rivolgersi al responsabile per la privacy, valutare le necessità, progettare gli interventi amministrativi e didattici legati all'introduzione della nuova tecnologia, stabilire gli stakeholder, elaborare una lista di app da adoperare, farne una valutazione del rischio, pianifiare l'uso, scrivere la modulistica per i consensi informati e le liberatorie, adoperare, monitorare, concludere e rendicontare. Tutto bello e utile, se stai introducendo l'aratro, ma pesante e ingombrante se stai introducendo tecnologie che si modificano radicalmente nell'arco di 6 mesi.

Questa pesantezza a cosa porterà? Semplice, alla minimizzazione del rischio e alla conseguente minimizzazione della sperimentazione. Tradotto? In barba alla reale diffusione delle piattaforme, appalto delle tecnologie di Inteligenza Artificiale per la scuola alle sole due aziende già monopoliste delle piattaforme scolasiche nel nostro sistema di istruzione: Microsoft e Google. Le scuole adopereranno Copilot e Gemini, punto, non perché siano le migliori IA o le più utili, ma semplicemente perché sono quelle che minimizzano i costi di adeguamento della burocrazia.

Solo che il mondo fuori dalla scuola non usa Copilot e adopera Gemini solo per qualche sparuto uso settoriale (almeno per ora, fra sei mesi chissà).

E nell'adeguarci ad una burocrazia ridondante non facciamo in tempo a formare i docenti e gli studenti sul distant writing, sull'agenzia artificiale, sugli atti cognitivi midtended, sulla epistemia, sul collasso dei contenuti e sul collasso semantico della rete. Però abbiamo compilato le carte.

domenica 12 ottobre 2025

La polemica incomprensibile sull'ultimo episodio di Wilson di Francesco Costa

Capisco la polemica sull'ultimo episodio di Wilson e sulle parole di Costa, ma anche no, nel senso che capisco chi dice che il giornalista e il giornale si schierano già nella scelta dei temi, e che quindi la semplice pretesa ingenua della neutralità è un falso: solo che questa premessa la fa già Costa e la ammette ad inizio episodio. L'episodio parla di altro: della pretestuosa richiesta al giornale di raccontare le notizie solo in modo tale che confermino le idee del lettore. A questo, giustamente, Costa si ribella. Poi lo fa con ingenuità storiche, ma concettualmente la sua posizione è chiara e condivisibile.
Le critiche alla linea editoriale di Il Post, invece, l'idea che il tentare di spiegare nei dettagli le cose sia una posa spocchiosa, ecco, quella mi sembra ancora di più una polemica strumentale di chi, se già sa, pensa che tutti debbano sapere come ləi, (e pensare come ləi) e se non sa, pensa comunque di saperne abbastanza da non accettare posizioni diverse dalle proprie. Tenetevi Il Fatto e Libero, se preferite. 

sabato 11 ottobre 2025

Persone normali, Sally Rooney

Persone normali, di Sally Rooney, è un romanzo edito per la prima volta nel 2018. Secondo romanzo di successo dell'autrice, racconta la storia di Marianne e Connell, che conosciamo ragazzi di liceo, quando Marianne è una studentessa ricca ma esclusa dai compagni per il suo carattere eccentrico, e Connell è un ragazzo di origine sociale più modesta, ma affermato per i suoi risultati sportivi. I due in segreto hanno una relazione, solo apparentemente di carattere esclusivamente sessuale, mentre in realtà si completano reciprocamente e finiscono per spronarsi e superare assieme i propri limiti.

Tempo dopo Connell e Marianne si iscrivono al Trinity college a Dublino, dove i rapporti si invertono: qui è Marianne ad essere ammirata e desiderata, mentre Connell è uno tra tanti. Eppure i due continuano a cercarsi, a inseguirsi e a perdersi, a proteggersi da lontano. Infine i due protagonisti raggiungono una loro maturazione: finalmente adulti, non in senso anagrafico ma in senso emotivo, sono in grado di lasciarsi andare, e nel dirsi il loro amore, di prendere le distanze emotive e lavorative, lui a New York, lei a Dublino, che li renderanno degli individui completi.

La scrittura di Rooney è semplice ma non banale; l'introspezione nell'animo dei personaggi, pur non dicendo nulla di assolutamente nuovo, è approfondita e complessa; lo sviluppo della trama, che si aggira intorno a piccoli o apparentemente piccoli fatti della vita di giovani adulti, non brilla per originalità né aspira a farlo, ma intreccia fatti e analisi dei caratteri con metodo, rendendo il romanzo mai banale e invogliando il lettore a leggere. Si dice che i Millenials e la Generazione Z si possano facilmente riconoscere in questi personaggi: francamente non credo, ci sono una forte stereotipizzazione e una forte estremizzazione dei comportamenti, eppure nei piccoli dissapori e nelle beghe quotidiane Marianne e Connell possono effettivamente parlare ad ogni lettore che si avvia verso un mondo che lo vuole adulto ma lo rende adulto sempre più tardi. Insomma, Persone normali è una lettura consigliata, non un capolavoro della letteratura, ma un libro che sa intrattenere e, all'occorrenza, persino fare ragionare per qualche secondo.

venerdì 3 ottobre 2025

Fare qualcosa

Siamo un paese in cui l'ordine costituito non si tocca. Siamo un paese in cui, se vedi un senzatetto per casa, gli dai un euro per lavarti la coscienza, ma non muovi un dito perché lui trovi lavoro e alloggio; anzi, se qualcuno di sua sponte lo fa, viene visto come se si stesse occupando di cose che non gli competono, qualcuno che sta facendo troppo, sicuramente un arrivista che lo fa per farsi e sentirsi superiore agli altri.

Perché il punto è quello: l'ordine costituito non si tocca.

E così gli attivisti a favore di un'azione decisa contro lo stato di Israele e in favore di un aiuto concreto, politico e non solo umanitario, nei confronti dei palestinesi, sono un problema. Li si valuta secondo standard morali che non sono gli stessi che si adoperano in altri casi, per esempio. Così i marò che sparararono e uccisero di fronte alle acque territoriali indiane andavano difesi e riportati a casa, perché mantenevano un ordine costituito, la preminenza dei commerci italiani anche a fronte della vita dei pescatori locali, mentre gli attivisti della sumud flottilla sono stati a stento accompagnati da una fregata militare, per soccorrerli, non per proteggerli, ma solo dopo proteste di massa in tutta Italia, e lasciati a loro stessi e ai loro arresti quando, ancora in acque internazionali e poi in acque teoricamente gestite dall'autorità palestinese è avvenuto l'abbordaggio della marina israeliana.

L'ordine costituito non si tocca: noi siamo amici di Israele; l'ordine costituito non si tocca, non si riconosce lo stato di Palestina favorendone la nascita; l'ordine costituito non si tocca, si fa l'elemosina ai palestinesi con gli aiuti dei corridoi umanitari, ma non si forza la mano per rompere un assedio illegale.

E così si predica la vergogna nei confronti degli attivisti: novelli Catone arringano alla illegittimità dell'espressione del dissenso, guai a disturbare l'ordine costituito, e vergogna per coloro che anziché fare l'elemosina hanno tentato anche un'azione politica, hanno tentato di cambiare le cose. Loro vanno lasciati soli.

E allora lasciamo soli gli imprenditori che rifiutano di pagare il pizzo, lasciamo soli i ragazzi che cercano di evitare un destino da picciotti nelle cosche mafiose, i braccianti che denunciano i caporalati, gli operai che denunciano le condizioni sanitarie e di sicurezza dei posti di lavoro. L'ordine costituito non si tocca.

Ah, vero, quasi sempre lo facciamo già. 

The Pitt, R. Scott Gemmill

The Pitt, ideata da R. Scott Gemmill, è una serie TV messa in onda su HBO e prodotta da Warner Bros, con protagonista Noah Wyle....