venerdì 17 gennaio 2025

Sul ritorno del Latino alle medie

Sono un laureato in lettere classiche, un insegnante, e posso tranquillamente certificare che le materie che adoro, le lingue antiche e la storia antica, non servono per migliorare le competenze logiche. O meglio, lo studio di queste discipline può dare un contributo allo sviluppo di queste competenze, ma non per meriti intrinsechi. Per sviluppare competenze logiche serve studiare con metodo qualcosa, qualsiasi cosa, e chi sostiene la preminenza del latino e del greco nel miglioramento delle competenze logiche semplicemente non ha studiato nulla su questo argomento e parla a vanvera. 

C'è da sapere infatti che il metodo dell'insegnamento del latino, in un certo senso anche quello del greco antico, risente ancora delle vicissitudini storiche del XIX secolo. Questo modello non risale all'antichità o al medioevo, bensì alla Prussia ottocentesca, ed ha come fine l'addestramento all'ordine e all'obbedienza alla norma (cosa che coincide con l'affermazione del ministro Valditara, che chiede alle scuole di puntare sulla grammatica per imprimere "la cultura della regola"). L'idea è poi che il formalismo dell'insegnamento del Latino accompagni l'apprendimento della logica formale. Non esistono però al riguardo studi scientifici che avvalorino questa tesi, cosa che poi è piuttosto evidente nella riflessione novecentesca sulla reale funzione dell'insegnamento delle culture classiche, tanto che Gramsci ne predicava lo studio non come mezzo per l'acquisizione della logica formale, ma come strumento di liberazione culturale attraverso il confronto con l'altro da sé.
Se guardiamo agli studi scientifici sugli effetti dell'insegnamento del latino, scopriamo quindi che
"The question remains whether the findings from the past century can still be applied without hesitation to current Latin pedagogy. While this article does not wish to take away from the achievements of the teachers and researchers who undertook the laborious task of conducting the various tests, it must be acknowledged that any other academic field which would still rely on findings from more than ten years ago as its main body of evidence would be considered outdated. New research is therefore necessary, not only because educational contexts have changed, but also methodologies. Most of the tests conducted in the past century lacked a distinct methodology, and were instead based on ideological assumptions, some already presupposed by Classicists. While the existing findings can form a solid basis, they cannot be used as quod erat demonstrandum, but rather as a starting point for new research with modern methodologies. Two European studies point the way: Haag and Stern (2003) and the study outlined by Woolcock (2015). The clear methodologies need to be applied to future research regarding the impact of Latin". Bracke and Bradshaw (2020).

Attenzione: nessuno nega gli effetti benefici dell'insegnamento del Latino per l'acquisizione o il rafforzamento della competenza linguistica in Italiano (anche se è sindacabile, anche in questo caso, se sia il Latino in sé a rafforzare la competenza nella lingua madre o se questo effetto dipenda da un più generico confronto approfondito con una lingua altra). In discussione è invece il mito del Latino (in genere associato alla Matematica, tutta, come se poi non si dividease essa stessa in branche e pratiche diverse) come strumento di formazione del pensiero logico (e quindi il corollario implicito: tutto il resto non ha la stessa funzione, o non la adempie a dovere). Sono però proprio gli studi linguistici e di filosofia del linguaggio novecenteschi a smentire ipso facto il mito del Latino come strumento di acquisizione logica. Di quale logica stiamo parlando? Almeno andrebbe chiarito questo, che la distanza tra logica formale, logica informale e logica linguistica, declinata poi nel funzionamento delle singole lingue, è notevole, e non riconoscere il linguaggio umano, nelle forme che assume nelle varie lingue, Latino compreso, come parte della realtà ma non coincidente con la realtà e rispondente a proprie regole, vuol dire ignorare il funzionamento dello strumento di cui si predica l'insegnamento.

Venedo poi al concreto del funzionamento della scuola pubblica, mi rifaccio alle considerazioni del dirigente scolastico Bollettino che ricopio in blocco.
"𝗟𝗮𝘁𝗶𝗻𝗼 𝗮𝗹𝗹𝗲 𝗺𝗲𝗱𝗶𝗲: 𝘀ì 𝗼 𝗻𝗼?

Questo è il tema che, nella giornata di ieri, ha acceso numerose discussioni sulla scuola, soprattutto sui social media. Tuttavia, si è spesso perso di vista il vero fulcro della questione, che non riguarda – ripeto, non riguarda – la validità didattica di insegnare i rudimenti della lingua di Cesare e Cicerone a dei dodicenni.

Il Ministro Valditara ha annunciato che sarà possibile inserire il latino nel curricolo delle scuole secondarie di primo grado, a partire dalla classe seconda.
Qualcuno potrebbe obiettare che già oggi alcune scuole offrono corsi opzionali di latino, ed è vero. Si tratta di attività pomeridiane a cui partecipano gli studenti interessati a proseguire gli studi in un liceo classico o scientifico. Questi corsi hanno una duplice funzione: orientare gli alunni verso il loro futuro percorso scolastico e fornire una base utile per affrontare la nuova materia.

La proposta del Ministro, però, introduce una novità sostanziale: la possibilità di creare, all’interno della stessa scuola, sezioni in cui l’insegnamento del latino è parte integrante del curricolo, mentre altre manterrebbero il programma attuale, senza latino.

𝗡𝗼𝗻 è 𝗹𝗮 𝘀𝘁𝗲𝘀𝘀𝗮 𝗰𝗼𝘀𝗮.

Con l’attuale sistema, i criteri di formazione delle classi mirano, in linea di principio, a garantire equilibrio e omogeneità nei gruppi classe. Con la nuova normativa, invece, si potrebbero creare classi “di serie A”, composte da studenti che scelgono il latino in vista di una futura iscrizione a un liceo classico o scientifico, e classi “di serie B”, con il resto degli alunni.

Credo sia superfluo specificare chi finirà nelle prime e chi nelle seconde. Di fatto, si anticiperebbe a 11 anni quella selezione che oggi avviene a 14, al momento dell’iscrizione alle scuole superiori.

È legittimo avere opinioni diverse sull’opportunità di adottare questo modello. Personalmente, non lo condivido, anche se in altri Paesi, come la Germania, esiste e non suscita particolari polemiche. Tuttavia, il punto centrale è un altro: nessuno ha dichiarato esplicitamente di voler cambiare il sistema, rinunciando all’unicità del percorso formativo del primo ciclo d’istruzione, differenziando le classi e riformando la scuola media, magari tornando alla situazione pre-1962.

Ci si è limitati a parlare di una generica reintroduzione del latino alle medie, concentrando il dibattito su questo aspetto e ignorando quella che sarà probabilmente la conseguenza più significativa di questa misura. Il tutto, peraltro, introdotto con un decreto legge." (https://www.facebook.com/share/p/1GdcQ6fLMK/)

E con questo mi sembra di avere detto tutto.

Bracke, Evelien & Bradshaw, Ceri. (2017). The impact of learning Latin on school pupils: a review of existing data. The Language Learning Journal. 48. 1-11. 10.1080/09571736.2017.1400578. 

lunedì 13 gennaio 2025

Le lacrime degli eroi, Matteo Nucci



In Le lacrime degli eroi Matteo Nucci si concentra su un aspetto non marginale della visione omerica della vita, la concezione delle lacrime come autentica espressione dell'eroismo. Nel suo saggio l'autore intreccia magistralmente filosofia e letteratura per tracciare un percorso che dalle lacrime di Odisseo e Achille conduce fino alla razionalità platonica, rivelando quanto abbiamo perduto nel considerare l'emotività come antitesi della forza.

Nucci osserva come nell'epica omerica il vero eroe non sia colui che reprime le proprie emozioni, ma chi sappia viverle pienamente mantenendo il controllo. Achille, l'eroe per eccellenza, piange copiosamente la morte di Patroclo, ma quelle lacrime non lo rendono meno temibile - al contrario, alimentano la sua areté, la sua eccellenza guerriera; piange Teti, sua madre, prefigurandone il destino; piange Patroclo, prima di morire, nel vedere gli Achei arretrare. Lo stesso vale per Ettore, che non nasconde il proprio dolore davanti alla moglie Andromaca, e per Odisseo, le cui lacrime sulla spiaggia di Ogigia rivelano la profondità del suo desiderio di ritorno, o il cui pianto alla corte dei Feaci ne rivelano non l'inganno, bensì la dignità.

Particolarmente affascinante è l'analisi del passaggio dall'eroe omerico all'uomo razionale platonico. Nucci evidenzia come questa transizione, tradizionalmente vista come un progresso, segni in un certo senso nella visione platonica un rassegnato cedimento: la capacità di integrare pathos e controllo, emozione e ragione sono degli eroi, non degli uomini che sono venuti dopo; a questi spetterà la negazione del pathos per permettere il totale controllo della ragione. L'autore argomenta in modo convincente come alla visione omerica delle lacrime appartenga l'idea del pianto come fonte di forza e rinnovamento, una visione sofisticata e potente, che evidenzia la distanza, infine, tra umano e divino. Agli eroi spetta il pianto di fronte alla perdita, che sia perdita della libertà, degli anni migliori, della famiglia o della viita. Nulla che gli dei immortali conoscano, se non in un caso, quello di Demetra che perde la figlia Persefone, vagando per il mondo in un perenne compianto, fino a riscoprire la vita innanzi ai motti salaci di una semplice donna, Iambe.

La prosa di Nucci, elegante e appassionata approfondisce passi dell'Iliade e dell'Odissea già ben notti, ma guardandoli da un punto di vista, se non originale, almeno interessante. Il pianto di Achille, le lacrime di Ettore, il dolore di Odisseo emergono dalla sua analisi non come momenti di debolezza, ma come manifestazioni supreme di quella peculiare forma di eccellenza che i Greci chiamavano areté.

In un mondo che spesso confonde la durezza con la forza, il messaggio di Nucci è quanto mai attuale: essere eroi, nel suo significato aurorale, significa anche saper piangere, significa vivere pienamente le proprie emozioni senza esserne sopraffatti. La lezione degli eroi omerici, filtrata attraverso la sensibile interpretazione dell'autore, ci ricorda che la vera forza non sta nel negare il pathos, ma nel saperlo attraversare mantenendo salda la propria rotta.

Un libro importante, che arricchisce la nostra comprensione del mondo antico e, al contempo, ci offre strumenti preziosi per ripensare il nostro rapporto con le emozioni. Consigliato non solo agli appassionati di cultura classica, ma a chiunque voglia riflettere sul significato profondo di cosa significhi essere pienamente umani.

The Pitt, R. Scott Gemmill

The Pitt, ideata da R. Scott Gemmill, è una serie TV messa in onda su HBO e prodotta da Warner Bros, con protagonista Noah Wyle....