sabato 28 maggio 2022

L'animale morente, Philip Roth


 In L'animale morente Roth analizza la spinta vitale di un professore universitario sessantenne, David Kepesh a partire dalla controversa relazione, una delle tante, intrapresa con una sua studentessa, Consuela Castillo, di origine cubana. La ragazza è ingenua ma non stupida, attratta dalla cultura senza esserne pienamente partecipe, sensuale ma non volgare, consapevole della propria formosa bellezza ma senza malizia. David intraprende questa relazione come abituato a fare da anni, alla fine del proprio corso annuale, seducendo una delle sue tante studentesse durante la festa che come d'abitudine tiene nel momento in cui i ragazzi e le ragazze che hanno frequentato il suo corso di studi di critica d'arte smettono di essere sui discenti. David è divorziato, suo figlio lo odia ma non può fare a meno di lui per rappresentare a se stesso l'immagine del martire a causa dell'immaturità di un padre che ha preferito la libertà alla responsabilità della famiglia; anche il figlio finisce tuttavia per essere adultero, nondimeno, vittima del personaggio che, inconsapevolmente, ha costruito su di sé, decide di non lasciare né la moglie né l'amante.

David è abituato alle relazioni con le sue ex studentesse, ma con Consuela le cose vanno in maniera diversa: per la prima volta David prova la gelosia, il desiderio di possesso, diviene un amante banale esattamente come gli altri amanti banali che Consuela ha avuto nella sua vita, fino a decidersi a troncare la relazione, non presentandosi alla festa di laurea della ragazza.

I due però si ritroveranno quasi dieci anni dopo: ormai il corpo di David è anziano, disfatto, ma anche Consuela è un animale morente: vittima del cancro alla mammella, dovrà sottoporsi ad un'operazione che ne sfregerà le forme, privandola di ciò in cui fino ad allora s'era riconosciuta, e di ciò in cui lo stesso David l'aveva incarnata: la bellezza. È la riflessione sul''impossibilità dell'eternazione della bellezza, sulla decadenza del corpo e sulla paura del legame che chiude il romanzo, nel dubbio di David sul fare visita o meno alla donna nel giorno dell'operazione che le ha portato via il seno.

Philip Roth accompagna il lettore nell'analisi, impietosa ma mai cinica, del bisogno vitale dell'uomo, del miraggio e della necessità della libertà e della bellezza, dell'opprimente sensazione che segue all'adesione alle convenzioni borghesi. David ha una sua profondità, come mostra il profondo legame che lo porta aal capezzale dell'amico morente; prova a spiegare le sue ragioni al figlio, non impone i propri costumi ai suoi alunni, si attiene allo scrupolo di non suscitare inutili scandali; però persegue la propria felicità, la propria libertà, la cura della propria individualità, unica e irripetibile, espressa nel fare della vita un'opera d'arte senza ambire ad espressioni di vitalismo d'annunziano, ma cercando i propri spazi e i propri bisogni nelle piccole cose, non senza scontrarsi nelle contraddizioni che emergono dalla relazione con Consuela, tanto più viva quanto più ingenua.

Nondimeno David non sa come essere padre se non in negativo, allo stesso modo finisce per essere amante di Consuela esclusivamente in negativo, mancando per due volte agli appuntamenti in cui lei avrebbe bisogno della sua presenza. Roth evidenzia questi passaggi, non nasconde come agli occhi altrui il comportamento di David possa essere criticabile, e tuttavia fa in modo di non farci apparire il suo protagonista come la macchiettà del cinico libertino. In questo sta il valore del romanzo: l'espressione del vitalismo privato delle banalità del libertinismo o del superomismo, il desiderio di vivere come bisogno, doloroso e imprescindibile, dell'uomo in quanto uomo.

venerdì 20 maggio 2022

Daje con l'analfabetismo funzionale degli studenti italiani


Quando sentite parlare di giovani che non sanno più leggere, scrivere o far di conto, dovete porvi le seguenti domande: chi fa questa considerazione, a che titolo, perché e sulla base di quali fonti? Le fonti sono attendibili? Le fonti dei dati esattamente cosa valutano e perché? Per chi? Chi sta valutando i dati, per quale motivo sta esercitando il potere della valutazione? (Piccola parentesi di metodo: i dati non dicono nulla in sé, sono le interpretazioni a dare senso ai dati, e le interpretazioni non sono mai neutre, per cui la valutazione dei dati è sempre un esercizio di potere che qualcuno esercita su altri, ed è sempre bene pensare che se lo fa deve avere un motivo per farlo).

Ve lo dico perché in questo paese, spesso e volentieri l'adulto che declama dati sulla condizione della scuola e degli studenti italiani non sa di che parla, non conosce i dati, spesso se li conosce non sa leggerli, o se li sa leggere li legge in maniera strumentale: si badi bene che c'è un certo vantaggio nel declamare e nel reclamare scarse competenze per i nostri ragazzi (come sa chi di comunicazione se ne intende, una bugia, tanto la ripeti che diventa una verità). Dire che i nostri studenti sono incompetenti permette poi di poterli retribuire poco quando iniziano a lavorare ("non sa nulla, dovrò formarlo io"); permette di non prevedere per i nostri studenti, anche quelli laureati o specializzati, l'inserimento nei ruoli che spetterebbero in base alle reali competenze, insomma permette di inserirli più facilmente in mansioni sottodimensionate mentre magari avrebbero diritto e competenze persino per le posizioni apicali. Permette infine di alimentare la narrazione per la quale l'istruzione non serve (e del resto, dire che l'istruzione non serve completa il cerchio che si era iniziato a tracciare sostenendo che tanto i nostri studenti sono poco o per nulla competenti): basta l'esperienza, e, per conseguenza, se per il lavoro che si produce non serve l'istruzione, non c'è bisogno di riconoscere a quell'istruzione un valore economico nella retribuzione delle prestazioni. Diceva Bill Gates che quando un medico mi chiede 200 euro per una visita di mezz'ora, non mi sta chiedendo la retribuzione per la visita in sé, mi sta chiedendo di pagarlo per tutti gli anni di studi che gli consentono di diagnosticarmi qualcosa in mezz'ora di tempo; ogni volta in cui alimentiamo la narrazione (e lo facciamo anche noi insegnanti - maledizione a noi - quando rifiutiamo la formazione in itinere) per cui basta l'esperienza per fare le cose stiamo negando il principio declamato da Bill Gates, la visita di mezz'ora deve costare per la visita di mezz'ora in sé, e chi se ne frega se a visitarmi per mezz'ora è uno che mi salverà la pelle o mi ammazzerà. In quest'Italia che non vuole investire sull'istruzione tutto si tiene, perché non investire nell'istruzione vuol dire non voler cambiare nulla.

Per approfondire

Intervento di Marco Bollettino


mercoledì 18 maggio 2022

Il sottosegretario Sasso e la teoria gender, ovvero di quando la politica decide di fare disinformazione e terrorismo psicologico sulle spalle della scuola


 In data odierna il sottosegretario all'istruzione (?!?) Rossano Sasso ha pubblicato un animoso post contro la teoria gender nelle scuole che, secondo lui, entrerebbe nella didattica in maniera surrettizia e che dovrebbe essere attivamente contrastata dalle famiglie. Dice il sottosegretario che
La scuola viene usata come grimaldello per scardinare quelli che sono da sempre i valori e i punti fermi della nostra società, innanzitutto generando confusione tra i più giovani riguardo alla propria identità sessuale. 

e ancora 

Mamme e papà non possono affidare serenamente i propri figli alla scuola sapendo che rischiano di esporli a un violento indottrinamento. Non possiamo e non dobbiamo permettere una deriva di questo tipo.

Sulle pagine di questo blog il tema delle bufale sulla teoria gender è stato trattato varie volte (Se la scuola smette di essere luogo di confrontoSulle polemiche sul DDL Cirinnà: famiglia naturale, morale e diritto e Ancora sulle bufale sul gender e la scuola), tuttavia - sarà forse l'atavica stanchezza - questa volta credo sia utile riportare quanto di recente pubblicato su La Ricerca nell'articolo Sgombrare il campo
 dagli equivoci, in cui il prof. Federico Batini intervista lo psicologo Vittorio Lingiardi dell'Associazione Italiana di Psicologia

D: Prof. Lingiardi, non le sembra che in questo momento storico si stia facendo una grossa confusione riguardo alla tematica cosiddetta del “gender”?

R: C’è confusione e purtroppo, a volte, malafede. A questo proposito vorrei richiamare un recente (ottobre 2015) documento dell’AIP [Associazione Italiana di Psicologia, N.d.R.]: «Da pochi giorni si sono riaperte le scuole e, con esse, le discussioni e le polemiche legate alla cosiddetta “ideologia del gender”, alle delibere o alle mozioni per ritirare testi contenuti presso le biblioteche scolastiche e le conseguenti polemiche da parte di associazioni di insegnanti, genitori, esperti del settore. Sul tema specifico della “teoria del gender”, l’AIP ribadisce quanto già scritto in un documento approvato in marzo. L’inserimento nei progetti didattico-formativi di contenuti riguardanti il genere e l’orientamento sessuale aiuta a fare chiarezza sulle dimensioni costitutive della sessualità e dell’affettività, favorendo una cultura delle differenze e del rispetto della persona umana in tutte le sue dimensioni, mettendo in atto strategie preventive adeguate ed efficaci per contrastare la formazione di pregiudizi e fenomeni come il bullismo omofobico, la discriminazione di genere, il cyberbullismo».


D: Eppure il timore di molti genitori tocca toni che rasentano la “fobia di massa”. Come possiamo tranquillizzarli? Anzitutto, possiamo sgombrare il campo da alcuni equivoci terminologici?

R: Fare chiarezza è un dovere. A cominciare dalla stessa etichetta «ideologia gender». Si tratta di un ingenuo equivoco? O piuttosto di uno slogan studiato a tavolino per far leva sull’ignoranza e la paura, al fine di ostacolare quel processo di crescita in tema di diritti che in questi anni, in gran parte del mondo, è stato protagonista del passaggio «dalla politica del disgusto alla politica dell’umanità», per dirla con le parole della filosofa Martha Nussbaum? Quel che è certo è che l’”ideologia gender” non esiste. Esistono gender studies che non negano affatto l’esistenza di un sesso biologico assegnato alla nascita, né la sua influenza sulle nostre vite; ma mostrano che il sesso biologico da solo non basta a definire ciò che siamo. La nostra identità (sessuale) è infatti una realtà complessa e dinamica, un mosaico composto dalle categorie di sesso, genere, orientamento sessuale e ruolo di genere. È stato detto in tutti i modi e da cattedre molto autorevoli. Mi limito a riportare ancora una volta le parole dell’AIP: «Esistono, al contrario, studi scientifici che hanno contribuito alla conoscenza di tematiche di grande rilievo per molti campi disciplinari (dalla medicina alla psicologia, all’economia, alla giurisprudenza, alle scienze sociali) e alla riduzione, a livello individuale e sociale, dei pregiudizi e delle discriminazioni basati sul genere e sull’orientamento sessuale. Le evidenze empiriche raggiunte da questi studi mostrano che il sessismo, l’omofobia, il pregiudizio e gli stereotipi di genere sono appresi sin dai primi anni di vita e sono trasmessi attraverso la socializzazione, le pratiche educative, il linguaggio, la comunicazione mediatica, le norme sociali. Il contributo scientifico di questi studi si affianca a quanto già riconosciuto, da più di quarant’anni, da tutte le associazioni internazionali che promuovono la salute mentale (tra queste, l’American Psychological Association, l’American Psychiatric Association, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ecc.) e ribadiscono, per esempio, che l’omosessualità altro non è che una normale variante della sessualità umana». Occorre non fare confusione tra le proprie opinioni e gli studi scientifici.


D: Molti genitori, però, esprimono paure relative non tanto agli aspetti teorici e alle conquiste della ricerca, quanto legate alle pratiche educative. Possiamo eliminare dal dibattito almeno alcuni argomenti che risultano inquinanti?

R: Che una propaganda sistematica finisca per spaventare genitori poco documentati o male informati mi sembra prevedibile. Qualche genitore, per esempio, è stato spinto a temere che da quest’anno alcuni docenti, forti di programmi scolastici basati sull’”ideologia gender”, potranno insegnare ai loro bambini a masturbarsi o condividere pratiche sessuali. Si rende conto? Oppure, ancora grazie alla cosiddetta “propaganda gender”, che ai bambini verrà insegnato a essere bambine, e alle bambine a essere bambini, e agli uni e alle altre a «diventare» omosessuali. Possiamo tranquillizzarli: nessuno ha mai sostenuto l’opportunità di simili insegnamenti. Anche perché, forse è bene ricordarlo, non si può insegnare a essere omosessuali. Queste attività non sono previste in nessun programma scolastico. Su temi cruciali e delicati come questi è invece verosimile che, nel diffondere notizie false e creare allarmi morbosi, si rischi di incentivare pregiudizi e comportamenti basati sull’odio e il sospetto, anziché proteggere i giovani.

Mi pare non ci sia altro da aggiungere. 

 

venerdì 13 maggio 2022

Estensione del dominio della lotta, Michel Houellebecq



 Estensione del dominio della lotta, di Michel Houellebecq, è un romanzo del 1994. Houellebecq. Il protagonista del romanzo è un programmatore di trent'anni che vive a Parigi: l'uomo vive una vita tutto sommato agiata ma quasi anaffettiva per sua stessa volontà; nel corso della vicenda scopriremo che il protagonista ha vissuto qualche anno prima una grave disillusione amorosa da cui non si è più ripreso. 

Il protagonista viene inviato in trasferta dalla sua azienda per svolgere un corso di formazione presso una sede del ministero dell'agricoltura francese: con lui anche il collega Tisserand, ingenuo, vitale e irrimediabilmente brutto. Mentre Tisserand cerca in ogni modo di trovare l'occasione per abbordare una donna, fallendo miseramente, il protagonista lo osserva e muove con sguardo sempre più disilluso e maligno, fino a spingere il collega all'omicidio, tentativo che, comunque fallisce.

Tornato a Parigi il protagonista, sempre più depresso, decide di intraprendere una terapia, facendosi ricoverare: agli occhi degli specialisti la causa dei suoi mali è la mancanza di amore, diagnosi a cui risponde provocatoriamente, chiedendo alla psicologa presso cui è in cura se si vuole prestare a soddisfare la sua esigenza di affetto e sessualità. A conclusione della terapia il protagonista si reca presso una remota località balneare, nell'osservazione della spontanea vitalità degli adolescenti e della putrescente solitudine in cui vive, si addentra in un bosco prendendo consapevolezza del fallimento del proprio esistere.

Alla lettura del romanzo emergono alcune osservazioni: Houellebecq, che tanto dice di odiare il nichilismo occidentale, è in fondo anch'egli un nichilista, o così appare all'epoca della scrittura di questo romanzo; alla critica della società occidentale, rappresentata dalla vita nell'azienda d'informatica, motore della moderna economia e del rinnovamento che la burocrazia del ministero dell'agricoltura non capisce e non vuole capire, non segue una proposta alternativa; alla critica di ogni idealizzazione della sessualità e dell'affettività non segue una visione rasserenata o smaliziata di una sessualità alternativa, ne seguono semmai la negazione del sesso e dell'affettività. Houellebecq e il suo protagonista sono bravissimi a massacrare gli altri personaggi e tutto ciò che rappresentano, ma questa critica è gratuita, non ha nulla da offire in cambio: semplicemente Houellebecq odia la modernità, odia qualsiasi forma in cui questa si esprime, odia che l'Occidente si confronti con l'altro (si pensi alle descrizioni dei ragazzi di colore che compaiono nel romanzo). La cifra del romanzo è l'odio, un disprezzo che l'autore non si degna di motivare, dobbiamo accettarlo in quanto tale, per la presupposta maggiore intelligenza e cultura del protagonista (e dell'autore che lo ha generato). Il fatto che questo odio sia scritto inequivocabilmente bene non ne trasforma l'essenza.

giovedì 5 maggio 2022

In viaggio con Erodoto, Ryszard Kapuściński


 


In viaggio con Erodoto, di Ryszard Kapuściński, è un libro con cui il giornalista e reporter polacco mette a confronto il proprio viaggiare di uomo moderno nel mondo della guerra fredda e la cronaca dei viaggi e delle ricerche di Erodoto. Approdato alla lettura del greco quasi per caso durante gli studi universitari, Ryszard Kapuściński inizia a portare con se le Storie dell'autore nato ad Alicarnasso circa duemila e cinquecento anni fa, scoprendo in questi un'anima affine. Di Erodoto l'autore ammira la capacità di meravigliarsi di fronte ad ogni luogo, il desiderio di conoscenza di uomini e cose, e allo stesso tempo la naturale capacità di diffidare dei racconti, di non prendere per oro colato quanto venga raccontato dai miti e dalle tradizioni: allo stesso modo egli viaggia per l'India, la Cina, il Congo, l'Etiopia, sempre ricercando tradizioni e modi di vivere, disvelando meccanismi di potere e di pensiero. E l'occhio continua a cadere sulle pagine delle Storie, sulle vicende dei Persiani, soprattutto, di questo grande impero che un tempo dominò il mondo, o quello che per i Greci era il mondo, il Mediterraneo e il Medio Oriente; Ryszard Kapuściński legge e racconta dei grandi re persiani, della loro brama di dominio, delle loro vittorie e delle loro sconfitte, delle loro passioni e dei loro drammi, e del loro confliggere con un mondo così vicino e così diverso come quello greco. E l'autore, come un moderno greco figlio di Erodoto, anch'egli si imbatte in mondi tanto vicini e tanto diversi, proprio per questo non può continuamente non tornare sulle pagine di Ertodoto, scoprendo come l'uomo sia sempre uguale e sempre diverso con il passare dei millenni.

The Pitt, R. Scott Gemmill

The Pitt, ideata da R. Scott Gemmill, è una serie TV messa in onda su HBO e prodotta da Warner Bros, con protagonista Noah Wyle....