mercoledì 30 dicembre 2020

La caduta di Gondolin, J. R. R. Tolkien

La caduta di Gondolin di J. R. R. Tolkien, a cura del figlio Christopher Tolkien, è un racconto lungo, o meglio la storia delle diverse stesure di un racconto lungo, quello della caduta della città elfica di Gondolin per mano delle forze malvagie del valar Melkor; protagonista del racconto è Tuor, figlio di Huor, una delle figure cardine della mitologia tolkieniana, scelto dal valar Ulmo per preannunciare agli elfi l'imminente catastrofe o l'alternativa, il combattere contro il male che si è annidato nella Terra di mezzo. Tuor finisce così coinvolto in vicende che saranno al centro della storia della Prima era della Terra di mezzo, generando Earendel, colui che diverrà custode di uno dei Silmaril e che incarnerà la luce della Stella del mattino; a rimarcare la centralità della vicenda è anche il legame di parentela tra Tuor e Turin, colui che nel sistema mitico di Tolkien è destinato a sconfiggere definitivamente Melkor alla fine dei tempi, quando si compirà la volonntà di Iluvatar.

Al di là della storia raccontata, il volume è interessante per l'appassionato lettore tolkieniano perché offre uno spaccato sulla genesi della mitologia dell'autore: come la figura di Tuor nasca ancora sul finire della Prima guerra mondiale e la sua vicenda si dipani e si allarghi, insieme a quella della città di Gondolin, in diverse  redazioni, completate, abbozzate o abbandonate, fino al 1951, quando l'autore desisterà dall'ultima redazione, quella che appare la più particolareggiata e la più ricca di conseguenze e riferimenti nel sistema mitologico in cui si inserisce.

Indubbiamente il fatto che la vicenda di Gondolin e quella, parallela, di Tuor siano narrate per intero solo nel Silmarillion e che tutte le altre redazioni siano da considerarsi come preparatorie, intermedie o incompiute è una delle grandi perdite a cui i lettori tolkieniani potranno sopperire solo parzialmente attraverso questo splendido libro, potendo solo immaginare come l'autore avrebbe potuto concludere la vicenda se avesse portato a compimento l'ultima redazione del racconto.

sabato 26 dicembre 2020

La voglia dei cazzi e altri fabliaux medievali, Alessandro Barbero

La voglia dei cazzi e altri fabliaux medievali è un libro di Alessandro Barbero recentemente riedito da Edizioni Effedi. Si tratta di una raccolta di fabliaux medievali circolanti in area francofona e, parzialmente, nord italiana e germanica, accomunati dalla trattazione di un tema solo apparentemente scabroso per l'idea comune del Medioevo cristiano, ovvero il sesso vissuto come sessualità aperta e spontanea. La scelta dei fabliaux da parte dell'autore si pone quindi uno scopo: quello di ribaltare, o quantomeno correggere, uno dei luoghi comuni tramandati sull'epoca che convenzionalmente separa l'antichità classica dalla modernità, ovvero l'idea che la cultura cristiana impedisse di concepire la sessualità in maniera diversa dal puro peccato, da censurare e controllare in ogni circostanza e occasione. La larga circolazione di questi testi, a sfondo popolare e popolano, dimostrerebbe anzi come il tema del sesso, della burla, l'ostentazione dei genitali e dei doppi sensi legati ad essi abbiano percorso i mille anni circa del Medioevo, mostrando uno spaccato della vita in Europa difficilmente percebile attraverso la letteratura alta. Leggendo i testi proposti da Barbero tornano in mente la lettura di Rosa fresca aulentissima fatta da Dario Fo nel suo Mistero buffo, nonché tanta parte del Decameron e della tradizione novellistica italiana, ma anche la poesia comico realistica. In ogni caso è merito di Barbero quello di portare al grande pubblico e senza censure testi che aprono uno spaccato su un'epoca che troppo spesso viene giudicata secondo pregiudizi che le sono posteriori e che sono funzionali semmai all'autodefinizione di epocche e popoli suuccessivi.

lunedì 21 dicembre 2020

Le supplici, Eschilo


J. W. Waterhouse, Le danaidi

Come per i sette contro Tebe, anche la tragedia de Le supplici risulta al lettore moderno tra le opere minori di Eschilo. La tragedia raccontata della fuga ad Argo delle figlie di Danao, costrette supplici per evitare l'orrido matrimonio con i figli di Egitto. Sarà proprio Danao a perorare la causa delle figlie di fronte alla cittadinanza di Argo che, in nome della giustizia, prenderà sotto la propria custodia le donne. Ad abbassare il valore della tragedia è il suo appartenere ad un ciclo di cui non possediamo le rimanenti opere, e così il finale rimane ambiguo, con il sopraggiungere delle navi di Egitto a reclamare le spose per i propri figli. La tragedia è quindi solo denunciata ma non realizzata in quest'opera, questo comporta per noi lettori e spettatori moderni impossibilità di cogliere se non per cenni come si realizzerà la vicenda e quale ne sarà il significato ambiguo nella tragicità delle donne, giuste e al contempo ingiuste nella fuga da un matrimonio legittimamente combinato. La vicenda storica di questa tragedia e quindi l'esatta rappresentazione di quanto abbiamo perso nel trapasso dall'età antica ai giorni nostri e di quanto poco sappiamo, o almeno possiamo leggere, della letteratura classica.

I sette a Tebe, Eschilo


G. Silvagni, Eteocle e Polinice

Rileggere l'opera Omnia di Eschilo dopo 2500 anni dalla sua stesura può risultare a tratti disarmante: è quello che succede per esempio leggendo tragedie come I sette contro Tebe o Le supplici, indubbiamente fra le opere di gusto e stile più arcaico fra quelle dell'autore. Nella prima di queste tragedie, opera legata al ciclo tebano (il cui eroe più conosciuto, per diversi motivi, è forse Edipo) assistiamo alla lotta tra i due fratelli, figli del personaggio che troverà grande successo nel ciclo sofocleo,cper il diritto al governo della città di Tebe, ereditato direttamente dal padre attraverso la sua maledizione. Difatti la tragedia di Edipo e prima ancora di suo padre si trasmette ai suoi figli che finiranno per uccidersi a vicenda in battaglia, lasciando solo alle sorelle il compito di piangerli mentre già si affaccia sul soglio del governo della città la figura di Creonte. In questa tragedia risulta chiaro come per Eschilo sia indiscutibile l'ereditarietà delle colpe all'interno della famiglia, questione che troverà una soluzione solamente nelle tragedie di Agamennone e Oreste. Lo stile ed il gusto, come dicevo, fanno di questa tragedia un'opera minore agli occhi del lettore o dello spettatore moderno, e tuttavia è innegabile la potenza dello spirito tragico che inebria i due protagonisti vicendevolmente convinti delle proprie ragioni, fino alla descrizione ultima della loro morte in battaglia.

The Pitt, R. Scott Gemmill

The Pitt, ideata da R. Scott Gemmill, è una serie TV messa in onda su HBO e prodotta da Warner Bros, con protagonista Noah Wyle....