venerdì 30 agosto 2019

Due parole per quelli che credono ancora a Babbo Natale



Il M5S non è postideologico, semplicemente perché il postideologismo non esiste. Non esiste sul piano logico e non esiste sul piano politico: sul piano logico perché ogni insieme di credenze è un’ideologia, quindi anche le idee condivise da chi si ritiene postideologico sono, di per sé, parte di un’ideologia; sul piano politico perché la divisione tra progressisti e conservatori, ovvero destra e sinistra, non è roba nata ieri, non è qualcosa che dipende dalla contingenza della fase politica attuale, è qualcosa di connaturato alla costruzione delle società da almeno 2500 anni, insomma da quando abbiamo iniziato a pensare che non esistono solo i legami di sangue, da quando abbiamo iniziato a pensare che le condizioni date non sono per forza le uniche, da quando abbiamo iniziato a pensare che esistano le persone, da quando abbiamo ipotizzato l’esistenza della scienza al di là e oltre la religione, da quando abbiamo concepito i diritti umani, da quando abbiamo messo in discussione l’esistenza delle razze. Insomma, destra e sinistra, nel senso proprio del termine, sono delle categorie che non si eliminano così facilmente dalla tradizione politica occidentale, e non basta dire di non essere di destra o di sinistra per poi non esserlo davvero. C’è di più: tendenzialmente chi dice di essere postideologico lo fa perché sa che le forme della sua cultura politica altrimenti sarebbero catalogate con ben altre categorie, per esempio quelle della destra sociale, molto meno appetibili.

Qui veniamo al punto: gente come Di Maio o Di Battista non è postideologica, è semplicemente di destra. Magari non è la destra salviniana, l’ho detto prima, loro sono ascrivibili alla destra sociale semmai, ma comunque sono più vicini alle posizioni della Lega che a quelle del centro-sinistra.
Cosa intendo per destra sociale? Quello che in genere intendono gli storici, ovvero le posizioni di esponenti politici che, facendo proprie alcune istanze pauperistiche (e talvolta paternalistiche) del socialismo, subordinano le stesse istanze all’esistenza di condizioni di tipo razziale, etnico, meno spesso religioso o culturale. In soldoni, politiche assistenzialiste sotto l’egida del politico buon padre di famiglia, ma solo per alcune categorie sociali (prima gli italiani!) o legate a principi identitari (il reddito di cittadinanza, ovvero un’indennità legata alla disoccupazione e condizionata dall’essere cittadino italiano e dall’essere disposti ad accettare un lavoro fornito dallo Stato) anziché, per esempio, un reddito riconosciuto ad ogni individuo in quanto persona inserita nella comunità a prenscindere dalla cittadinanza.

Ora, l’essere di destra non è mica una colpa, ognuno esprime le posizioni politiche che sente proprie, del resto è anche la storia familiare a condurre a certe scelte politiche, e questo accade anche nel caso dei sopracitati Di Maio e Di Battista, i cui genitori sono stati esponenti di secondo rango del MSI. Insomma, nulla di strano o di male. Basta dirselo e dirlo agli altri.

Così almeno si spiega anche perché per Di Maio e Di Battista sia preferibile stare con Salvini o regalargli l’Italia con il voto anziché provare un governo con il PD.

Semplicemente Salvini è quello che loro vorrebbero essere e non sono riusciti ad essere.

giovedì 22 agosto 2019

Ma quindi, chi ha vinto davvero il dibattito tra Salvini e Conte, o della retorica a grado zero di Salvini

Se lo scontro tra Salvini e Conte in Senato fosse stata una gara di dibattito, chi avrebbe vinto? Da un lato Conte ha sostenuto una tesi ben definita (la crisi oggi è inutile e irresponsabile e colpa di un uomo che mira solo ai propri interessi personali) argomentando con attacchi ben definiti e circostanziati (Salvini ha chiaramente dichiarato al presidente del consiglio di voler capitalizzare il consenso nei sondaggi), su ogni piano: per Conte Salvini avrebbe aperto la crisi anteponendo interessi personali e di partito a quelli del paese; Salvini avrebbe più volte minato la credibilità del governo e avrebbero denotato scarsa cultura istituzionale (addirittura per dimostrare queste sue argomentazioni Conte ha addotto diversi esempi: le continue dichiarazioni rilasciate a mezzo stampa e social durante le trattative per evitare le sanzioni dell'UE, le frequenti intromissioni nel lavoro degli altri ministri, la lunga attesa prima di fornire il nome dei delegati della Lega per la stesura della manovra finanziaria o il convocare al ministero degli interni le parti sociali, violando i protocolli che vedono quella una prerogativa di altri ministri e del presidente del consiglio). Salvini avrebbe per conte un atteggiamento autoritario (il riferimento è alla minaccia del ricorso alla piazza se non si dovesse andare alle elezioni e la richiesta di pieni poteri) e di mancare di cultura costituzionale (Salvini, per Conte, ignora la struttura di una repubblica parlamentare, la divisione dei poteri e la necessità dei contrappesi per evitare di sfociare in uno stato autoritario). Infine Conte ha rimproverato a Salvini l'uso dei simboli religiosi in campagna elettorale, denotando scarso rispetto per la laicità dello Stato e un uso irresponsabile della religione.
Come ha risposto Salvini?
Salvini in realtà non ha risposto a tutto: certo, aveva meno tempo, tuttavia alcune argomentazioni forti di Conte sono rimaste inconfutate. In primis, Salvini ha dichiarato che non si pente di niente e che rifarebbe tutto; poi, e queste sarebbero le argomentazioni forti del discorso di Salvini, il governo sarebbe caduto non perché egli vorrebbe concretizzare il suo consenso (anche se il ministro non ha smentito di aver dichiarato apertamente di voler andare al voto visti i sondaggi che lo darebbero vittorioso), ma per i troppi no alle riforme e per un sospetto accordo segreto tra PD e M5S. Riguardo all'accusa sul rischio di aumento dell'IVA, Salvini, semplicemente, dichiara di non volerne sentire parlare.
In merito alle altre argomentazioni portate da Conte, le risposte di Salvini variano dall'attacco personale al presidente del consiglio (che, attenzione, se non supportato da dati non è una confutazione valida, come l'addurre sospetti - il presunto accordo M5S/PD), dicendo che sarebbe stato Conte a cercare sostegno internazionale contro Salvini, che la convocazione delle parti sociali agli interni sarebbe avvenuta per l'inoperatività degli altri componenti del governo e che, in merito all'uso spregiudicato della religione, gli italiani votano con la testa e con il cuore, non con i simboli religiosi in mano. Si segnala poi come, in merito all'accusa di autoritarismo, Salvini non faccia nulla per confutarla, replicando semplicemente che per simili attacchi basti "il Saviano di turno". Salvini poi non ha risposto nulla sui presunti fondi neri russi.

In realtà il grosso dell'intervento di Salvini ha avuto altre caratteristiche: si tratta di una serie di proposizioni assertive, che nulla hanno a che fare con la tesi sostenuta da Conte, e che evidentemente avevano un altro target, si riferivano ad altro interlocutore. Si tratta di frasi che, così come sono state esposte, sono autodimostranti, dei postulati, diremmo: nell'ottica di Salvini e del suo elettorato sono vere in quanto tali, non hanno bisogno di dimostrazione. (Nello schema del dibattito si trovano separate rispetto al tronco principale; in generale, gli interventi di Salvini sono quelli con i caratteri in rosso. I rami in verde sono le argomentazioni addotte a sostegno di quanto detto nel ramo gerarchicamente superiori, mentre i rami in rosso sono le confutazioni).



A questo punto ci si dovrebbe chiedere chi abbia vinto il dibattito. In termini parlamentari, chiaramente Conte. Salvini non è stato in grado di confutare tutti i suoi argomenti, e lì dove ne ha addotti di propri, essi erano fondati su sospetti o su manipolazioni di quanto realmente affermato dal primo ministro.
Il problema è che Salvini, al di là di tutto, probabilmente non ha perso il dibattito, bensì non ha proprio giocato quella partita.

In realtà Salvini ha trattato questo scontro come l'occasione ideale per un suo comizio a reti unificate, sfruttando la sua capacità dialettica. Occorre chiedersi quali messaggi rimarranno maggiormente impressi nella mente degli spettatori nel corso del tempo, quelli espressi da Conte o quelli di Salvini?

Nella seconda parte del suo discorso, infatti, Conte ha espresso un possibile prossimo programma di governo, un po' come ha fatto Salvini nella gran parte del suo intervento.
Proviamo a confrontare i passaggi sulle politiche economiche proposte, partendo dal discorso di Conte:
La politica deve adoperarsi per elaborare un grande piano che attribuisca all'Italia una posizione di leadership nel campo dei nuovi modelli economici ecosostenibili. Guardate che partiamo avvantaggiati: in Europa già ci distinguiamo per l'utilizzo delle energie rinnovabili; dobbiamo puntare all'utilizzo delle tecniche scientifiche più innovative e sofisticate per consolidare questo primato. Abbiamo già progetti all'avanguardia - pensate - nello sfruttamento dell'energia derivante dai moti ondosi. Possiamo sfruttare nuove tecniche di produzione in base alla cosiddetta biomimesi.

L'obiettivo da perseguire deve essere un'efficace transizione ecologica in modo da pervenire a una articolata politica industriale che, senza scadere per carità nel dirigismo economico, possa gradualmente orientare l'intero sistema produttivo verso un'economia circolare che favorisca la cultura del riciclo e dismetta definitivamente la cultura del rifiuto.

Lo sviluppo equo e sostenibile deve spingerci a integrare in modo sistematico nell'azione di Governo un nuovo modello di crescita, non più economicistico. Dobbiamo incentivare le prassi delle imprese socialmente responsabili, che permetteranno di rendere il nostro tessuto produttivo sempre più competitivo anche nel mercato globale. Confido che la cabina di regia 'Benessere Italia', che ho da poco istituita, possa tornare ben utile a questi scopi, anche in futuro. È necessario promuovere le infinite vie del turismo, valorizzando l'incredibile ricchezza del nostro patrimonio naturale, storico e artistico. Questa valorizzazione deve passare anche attraverso il recupero delle nostre più antiche identità culturali, delle nostre tradizioni locali, della bellezza dei nostri borghi, dei piccoli Comuni. E mi piace ricordare che, con recentissima delibera, abbiamo stabilito che il prossimo 26 ottobre sia la giornata nazionale dedicata alle tradizioni popolari e folkloristiche.

Occorre perseguire una politica economica e sociale espansiva, senza mettere a rischio l'equilibrio di finanza pubblica e con esso il risparmio dei cittadini. Più in generale, la politica deve reagire alle sfide del mondo globale rilanciando un ventaglio di proposte e di soluzioni che più volte nei miei interventi ho riassunto sotto la formula "nuovo umanesimo". Non sto qui a riassumerle, ma è stata questa la stella polare che mi ha guidato in questi mesi di Governo.
Ora vediamo cosa dice Salvini:
La Lega è pronta a sostenere una manovra economica se ha almeno 50 miliardi a bilancio per ridurre le tasse a famiglie, lavoratori e imprenditori italiani, almeno, stando sotto a quello che farà la Francia”.
Il discorso di Conte ha una leggibilità bassa, e quindi è difficilmente comprensibile da chi non raggiunge livelli di istruzione alti: secondo l'indice Gulpease, che va da 0 (scarsissima leggibilità) a 100 (piena leggibilità) ottiene un risultato di 41. Salvini qui non realizza un capolavoro, ma nella sua semplicità e vaghezza è comunque più comprensibile con un risultato di 56. Insomma, Conte avrà anche detto cose più concrete e interessanti, ma la gente comune ha capito (forse) Salvini e non lui.

Anche dove si parla di giustizia Salvini risulta lievemente più chiaro:
(Conte, 46 nell'indice Gulpease) Lo scioglimento anticipato delle Camere arresterebbe anche le riforme del codice di procedura civile e di quello di procedura penale, oltre che del CSM, pensate soprattutto per accelerare i tempi della giustizia e rendere così più competitivo il nostro Paese anche agli occhi degli investitori stranieri.
(Salvini, 51 nell'indice Gulpease)  racconto l’Italia che abbiamo in testa e nel cuore, che non cresce dello zero vergola, che ha una giustizia quella vera, dove ci sono 60 milioni di presunti innocenti fino a prova contraria
Riguardo all'uso dei simboli religiosi, nuovamente, Salvini, pur dicendo nulla, risulta più chiaro:
(Conte, 43 nell'indice Gulpease) Questa in verità - lo ammetto - non te l'ho mai riferita, anche perché non riguarda specificamente i nostri compiti di Governo: chi ha compiti di responsabilità dovrebbe evitare, durante i comizi, di accostare agli slogan politici i simboli religiosi. Matteo, nella mia valutazione questi comportamenti non hanno nulla a che vedere con il principio di libertà di coscienza religiosa, piuttosto sono episodi di incoscienza religiosa, che rischiano di offendere il sentimento dei credenti e nello stesso tempo, vedi, di oscurare il principio di laicità, tratto fondamentale dello Stato moderno.
(Salvini, 61 nell'indice Gulpease)  Gli italiani non votano in base a un rosario, ma con la testa e con il cuore. La protezione del cuore immacolato di Maria per l’Italia la chiedo finché campo, non me ne vergogno, anzi sono ultimo e umile testimone.
Insomma, attenzione a pensare che Salvini sia stato nettamente sconfitto e che la sua figura verrà incrinata da questo dibattito, come in tanti sui social hanno pensato. Pur in difficoltà, assertivo, monotono nella riproposizione di temi che il leader della Lega propina da mesi in ogni occasione, il ministro degli interni ha la capacità di porre i suoi (non)contenuti ad un livello linguistico che si potrebbe definire grado zero. La maggior parte dei suoi slogan sono sintetizzabili e vengono riproposti sotto forma di frasi minime, addirittura nominali. La forma verbale più adoperata è il verbo essere, il più comprensibile da chiunque, specie se all'indicativo, il modo di ciò che è certo, reale, inconfutabile. Insomma, la retorica a grado zero di Salvini è opportunamente studiata non per vincere i confronti, ma per far breccia su chi i confronti non ha proprio gli strumenti per seguirli.
Ritornando alla domanda di partenza, quella su chi ha vinto il dibattito, forse la risposta più corretta è che un dibattito non c'è davvero stato.

mercoledì 14 agosto 2019

La politica italiana ad agosto

Immagine: Makkox per La7


Nella crisi politica d’agosto una cosa è chiara: la classe dirigente italiana brilla solo per la propria mediocrità. Qualcuno l’ha già scritto, ascoltare gli interventi in senato di giorno 13 avrebbe fatto rabbrividire chi di eloquio e di politica ne capisce qualcosa per la sciatteria nella forma e l’approssimazione nei contenuti.
Ugualmente c’è altro da dire: i politici italiani si stanno muovendo in ordine sparso, e non per fare il bene di uno Stato o di una nazione, ma per seguire le proprie idee vaghe e confuse, ad andar bene, o per il proprio tornaconto, nella maggiorparte dei casi. Da Salvini a Renzi, passando per Berlusconi, Zingaretti e Di Maio, emerge come nessuno sia in grado o sappia ragionare su una politica che abbia una prospettiva che vada oltre al consenso elettorale da conseguire o perdere nell’arco di un anno. Insomma, nel nulla cosmico che sproloquia attraverso il chiacchiericcio delle pagine social dei politici italiani, ci si chiede se i partiti italiani siano lo specchio della società, o se sia la società che rischia di essere plasmata da questa classe dirigente.

domenica 11 agosto 2019

Il conformista, Alberto Moravia

Immagine: Feltrielli

Il conformista di Alberto Moravia racconta la storia di Marcello Clerici, narrandola dalla sua infanzia fino alla sua morte. Marcello nasce in una ricca famiglia borghese e cresce continuamente a contatto con il sentimento della morte e della sofferenza, nonché osservando i comportamenti sempre più folli del padre. Svolta della fanciullezza di Marcello sarà l’incontro con Lino, prete spretato che, finito a fare l’autista, conduce il ragazzino ancora innocente a casa sua e tenta di abusarne, ricevendo un colpo di rivoltella dal protagonista, adescato proprio con la promessa dell’arma come regalo.
Nelle pagine successive conosciamo Marcello adulto, che ha fatto di tutto per lasciare dietro di sé la propria anormalità, finendo per diventare convinto sostenitore del regime fascista nel tentativo di divenire normale, ovvero di adeguarsi a quello che è lo stereotipo di normalità nella società in cui vive. Scopriamo addirittura che Marcello è entrato nella polizia segreta fascista, tanto da essere coinvolto nell’omicidio di uno dei suoi professori universitari, il Quadri. A segnare il personaggio, Marcello conduce in porto la missione assegnatagli adoperando come copertura il proprio viaggio di nozze a Parigi, città in cui si è rifugiato l’accademico per sfuggire alla persecuzione fascista e da cui organizza azioni di resistenza. Durante il viaggio di nozze, però Marcello scopre sempre di più l’inutilità della violenza e della brutalità che ha adottato come stile di vita, e soprattutto la folle accettazione della bruttezza morale che il regime porta con sé. Ugualmente Marcello non riesce a scappare dal suo bisogno di normalità e, pur tra i sospetti della neosposa, porta a termine la missione.
Arriva l’estate del 1943, Marcello lucidamente capisce come la sua vita, irrimediabilmente intrecciata con il regime, finisca con la caduta di Mussolini. Nondimeno con la moglie vuole assistere ai festeggiamenti per la deposizione del dittatore, e nell’euforia generale finisce per rintanarsi in un parco di Roma per un impetuoso rapporto con la donna della sua vita. Qui però Marcello incontra incredibilmente Lino, che credeva morto da anni dopo il tentativo di abuso: l’uomo era sopravvissuto e, dopo alterne vicende, era finito a fare il custode del parco. La rivelazione costringe Marcello ad una riflessione amara: tutta la sua vita è stata inutile, lui che aveva vissuto per nascondere a se stesso e agli altri il tentativo di abuso e l’omicidio che pensava di aver commesso, scopre ora di non aver ucciso e, in più, è costretto a riconoscere che, nel giorno del tentativo di abuso da parte di Lino, la sua innocenza era già perduta da tempo.
Marcello organizza la fuga della sua famiglia da Roma, ma sulla strada per il nascondiglio nell’entroterra umbro viene colpito da un bombardamento alleato, senza poter salvare almeno quanto di buono era riuscito a costruire nella sua vita e spirando inconsapevole della già avvenuta morte dei cari.
Il conformista è un romanzo che, pur tra notevoli meriti, lascia l’amaro in bocca: certo Moravia riesce a descrivere nettamente il sentimento di tacita accettazione dei fatti che ha caratterizzato il ventennio fascista, l’adeguamento ad un mito collettivo tale da obnubilare il ragionamento individuale e le conquiste del diritto. Ma tutto lo svolgimento della trama si fonda su un colpo di scena finale che, mai anche solo prefigurato nel racconto, risulta tanto imprevedibile quanto gratuito. Non c’è motivo per cui Lino debba essere sopravvissuto. Inoltre, quello del prete spretato e pedofilo, appare uno stereotipo non particolarmente significativo nella resa dell’atmosfera e della società dell’epoca. Rimane invece, fra i personaggi più forti, il padre di Marcello, folle, dagli occhi spiritati, talmente immerso nella sua patologia da essere, indiscutibilmente, il migliore fra i fascisti del racconto, almeno secondo quello che sarebbe il canone fascista.

The Pitt, R. Scott Gemmill

The Pitt, ideata da R. Scott Gemmill, è una serie TV messa in onda su HBO e prodotta da Warner Bros, con protagonista Noah Wyle....