venerdì 24 aprile 2015

La rivoluzione del paese che passa per la scuola

foto: Metronews


Qualche giornale si degna di parlarne, come fa Metronews con l'articolo dell'ottimo Salvo Amato, o come Repubblica e Il Messaggero, dando però più spazio ai cortei sindacali. Una forza politica, il Movimento 5 Stelle, pur non avendo nulla a che fare con la protesta, tenta di prendersene il merito.  Eppure ieri sera in tutta Italia è accaduto qualcosa che fino ad ora nel nostro paese non si era visto: una protesta, quella degli insegnanti della scuola pubblica, nata dai social network, senza leader dichiarati e senza, almeno fino ad oggi, reali interferenze partitiche o sindacali. O meglio, per essere chiari, i partiti o i sindacati cercano e cercheranno di canalizzare la protesta dei docenti verso i loro programmi, ma fino a questo momento il malcontento della classe docente ha visto una netta preponderanza della canalizzazione attraverso i social e i gruppi ad essi dedicati, in primis su Twitter e su Facebook.
In questo contesto il gruppo di La Vera Scuola Gessetti Rotti, con al suo interno la redazione di Metronews, di cui indegnamente faccio parte, è uno degli agenti, non certo il solo, che cerca di aggregare e coordinare teste pensanti all'interno dell'organico della scuola pubblica, in vista di una rivoluzione culturale che non può non partire dai suoi stessi agenti, ovvero coloro che la scuola la fanno, prima ancora che dirla o dichiararla in comizi e programmi televisivi.
Esiste un leader dichiarato in questa ferma opposizione al disegno di legge La Buona Scuola? No. Il movimento dei docenti italiani che stanno iniziando a riempire le piazze del paese si configura come un movimento leaderless, formato da gruppi di confronto, anche con posizioni molto diverse tra di loro, ma uniti dal fatto che La Buona Scuola di Renzi non può essere accettata, sia nel merito che nel metodo. Nel merito, perché i rischi di incostituzionalità di alcune sue parti sono evidenti, cosa ancora più grave in un settore, quello della scuola pubblica, già gravato da più di un decennio di malagestione, norme incostituzionali e contraddittorie, fino ad arrivare al commissariamento del ministero sotto il dicastero della Gelmini, proprio sulla questione del reclutamento dei docenti. Anche questa volta il nodo della questione è il reclutamento. Infatti non va dimenticato che l'art. 33 della Costituzione sancisce la libertà dell'insegnamento, mentre il DDL presentato dal governo Renzi prevede una sorta di chiamata diretta dei docenti da parte dei singoli dirigenti scolastici. È evidente come una simile soluzione sarebbe una limitazione alla libertà d'insegnamento: lì dove un dirigente dovesse poter chiamare i docenti che gli sono più graditi, specie se, come accade in questo DDL, non ci fossero organismi e forme di controllo del suo lavoro, facilmente i docenti sarebbero ridotti ad una sorta di ricatto morale, adeguamento alle richieste del dirigente scolastico, sino al vero e proprio clientelismo.
In quest'articolo non ci nasconderemo il fatto che spesso la libertà d'insegnamento è stato il nascondiglio per chi poco sa e poco vuole fare a scuola. Ma gli strumenti per punire i fannulloni sono già alla portata dei dirigenti scolastici e dei sindacati. Invece la libertà d'insegnamento nasce, nello spirito costituzionale, dalla necessità di difendere la libertà di pensiero e di critica, proprio a causa dell'esperienza di un ventennio, quello fascista, che tale libertà aveva umiliato e, infine, annullato. Non per niente la scuola fascista aveva previsto un libro di testo unico, approvato dal regime, e la chiamata diretta dei docenti da parte dei presidi.
Nel metodo poi la riforma viene contestata da chi nella volontà di collaborare, da parte del governo, aveva creduto. Le proposte raccolte sul portale ad esse dedicato, dove sono finite? Dove sono finiti le richieste e i suggerimenti pervenuti al governo nelle tante assemblee di docenti? Di tutto ciò si è fatto carta straccia.
Certo, il movimento nascente dei docenti, dovrà farsi, oltre che catalizzatore della protesta, collettore di idee. Idee concrete, realizzabili, per non screditare il lavoro fin qui svolto. Proposte come quelle della LIP, la Legge d'Ispirazione Popolare attualmente al vaglio delle commissioni parlamentari sono oggettivamente poco realizzabili, almeno in toto. Lo stesso vale per le proposte del Movimento 5 Stelle, pronto a cavalcare l'ondata antigovernativa, magari a proporre singoli provvedimenti di buon senso, ma incapace di raccogliere le buone idee che circolano in un piano organico.
I docenti oggi sono chiamati ad essere gli apripista di un rinnovamento culturale che, lontano dal voler sovvertire la democrazia e le istituzioni, ne sia difesa e complemento. Un lavoro di costante vaglio critico, di proposta, di memoria condivisa. I docenti italiani possono oggi, a partire dalla scuola pubblica, esercitare un'importante funzione che dovrebbe appartenere alla cittadinanza in toto, quella di moral suasion e di eserizio del potere, che, lontano dall'essere calato dall'alto, è innnanzitutto esercizio di rappresentanza e di responsabilità.
Forse il nostro movimento, il nostro Occupy, non nascerà dalla protesta contro le banche, ma dalla protesta dietro i banchi.

lunedì 20 aprile 2015

La teoria della botta di culo e le settecento lapidi

foto: ansa.it

La verità che non ci stiamo raccontando, e che continueremo a non raccontarci, dopo la tragedia dei settecento migranti nel Canale di Sicilia, è che fondamentalmente ci siamo costruiti intorno un sistema fondato sulla botta di culo.
Non cè un motivo valido per cui io, Sebastiano, nato a Catania il 14 Febbraio del 1982, possa vivere in una certa condizione, diciamo di agiatezza, e Ahmed o Jun, nati a Tunisi o in un villaggio cinese, nati nello stesso giorno e nella stessa ora, debbano fare la fame. Viviamo in un sistema in cui l'essere nato in un certo posto e all'interno di una certa famiglia, se non può dare la certezza della sopravvivenza, dà sicuramente più speranze. Questa, al mio paese, si chiama botta di culo.
Botta di culo è stata per me la possibilità di crescere in una famiglia che ha potuto provvedere ai miei studi, botta di culo è stato che i miei genitori potessero permettersi di mandarmi lontano da casa per prendere una specializzazione, botta di culo è stato essere cittadino italiano - non ho sostenuto alcun esame per esserlo, eppure ci scandalizziamo tanto se qualcuno che non ci piace lo vuole diventare - e per questo aver libertà di movimento all'interno del paese per cercare un lavoro; botta di culo è stato l'esser nato nell'angolo ricco del pianeta, non dovendo cercare un barcone per intraprendere un viaggio in cerca di chissà poi cosa.

Al contrario, è stata una botta di culo per il mio coetaneo Ahmed essere nato in una città, in un paese con tassi di disoccupazione altissimi? Botta di culo conseguire un titolo di studi in quel paese ma non poterlo sfruttare? Botta di culo per Jun non poter conseguire quel titolo per arare il campo ereditato dal padre? Botta di culo per Ahmed o Jun o per chi volete voi non avere i soldi o il know how per poter cambiare le cose nel proprio paese? Botta di culo dover sfuggire da una guerra, da una dittatura, da delle bande armate, da totalitarismi o dagli estremismi religiosi?
Ma poi la botta di culo arriva, costa caro, ma arriva. La strada, legale se si può, illegale se si deve, per arrivare nell'angolo ricco del pianeta. Ma è una botta di culo quando uno stato programma di non far entrare nel proprio paese migranti che provengono da altri paesi, gente che non è che fugga da Belen infoiata o dalle cazzate di Salvini, ma da cose un tantino più serie, e fa in modo che questo non avvenga?
Settecento ne sono morti ieri, altri ne moriranno, non temete. Ma questo accadrà non per una botta di culo, non era una botta di culo neanche stare su quella barca. Quella barca che si è ribaltata ha dei nomi e cognomi come mandanti politci. SI chiamano Umberto Bossi e Gianfranco Fini, i firmatari della legge che vieta il transito ai migranti che non siano provvisti di permesso di lavoro, come se fosse concretamente possibile trovare lavoro prima di giungere in Italia (magari non l'avrete notato, ma neanche i nostri giovani vanno negli USA o in Gran Bretagna con un contratto a tempo indeterminato, se lo guadagano lì, se sono capaci). Ma ci sono altri mandanti, altri nomi e cognomi. Per esempio Matteo Salvini, che sulle morti dei migranti costruisce la sua battaglia politica, perché del migrante, morto o vivo che sia, non si butta via niente. Se è vivo, rompe i coglioni perché è vivo, se è morto, rompe i coglioni perché è morto. Poi c'è Daniela Santanché, con la sua dichiarazione di guerra ai migranti e ai barconi che lei stessa ha contribuito a creare con le politiche che in vent'anni di berlusconismo ha appoggiato. Certo, mandiamo la nostra marina, magari anche l'aeronautica, come dice l'onorevole Santanché, e affondiamo le navi che si trovano in un porto straniero. Così, un po' a cazzo, come piace a noi. E chi se ne sbatte se, come fa notare Giuseppe Saluzzo, si tratterebbe di attacco ad uno stato sovrano, se sarebbe un deliberato colpo a dei civili. Chi se ne frega se a confronto l'attacco di Pearl Harbor senza dichiarazione di guerra sarebbe risultato onorevole. Chi se ne sbatte se i barconi partono con dentro i clandestini da quando ci siamo inventate normative stupide per cui si entra in Italia solo se già provvisti di un lavoro (notoriamente l'azienda a conduzione familiare organizza colloqui di lavoro un po' sotto casa e un po' in Congo). Insomma,  al solito, se la cazzata dobbiamo dirla, almeno che sia epica.
Ma poi ci sono i politici alla Alemanno, che contro i migranti hanno lottato per poi vivere di rendita nella costruzione dei centri d'accoglienza. E poi c'è l'Europa che il migrante lo vuole stremato e illegale, senza possibilità di contrattare sul prezzo del suo lavoro e sui suoi diritti. C'è un capitalismo che si fonda sul principio che a qualcuno spetta dominare godendosi ricchezza e diritti, e che per questo a qualcuno spetta di morire rovesciandosi da una barca.

Di botte di culo ce ne sono tante nella vita, ma poi ci sono le lapidi su cui andrebbero ascritte non solo le date di nascita e di morte dei defunti, ma anche i nomi, indelebili, di chi ha causato quelle morti.


domenica 12 aprile 2015

#laverascuola gessetti rotti contro la #buonascuola di Renzi in prima pagina su Metro


Stavolta dovranno essere ascoltati i docenti italiani. Sarà il primo cittadino della Repubblica ad ascoltarli: il presidente Sergio Mattarella. Perché ad oggi, in soli pochi giorni, hanno superato quota cinquantatremila nella raccolta firme su change.org, petizione relativa a un punto preciso del Ddl scuola in discussione in Parlamento.




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Diciamo no ad una scuola di indifferenti - Metronews

  • #LAVERASCUOLA
Se uno stato, malgrado i richiami che arrivano dal 1984, arriva a torturare dei ragazzi, poco più grandi dei nostri alunni, in una scuola e avviene la "più grave sospensione dei diritti umani in un paese democratico occidentale dalla fine della II Guerra Mondiale" (Amnesty International), qualche domanda ce la dobbiamo fare tutti. Se questi ragazzi, provenienti da tutto il mondo, vengono torturati perché esercitano la loro capacità critica, magari a sproposito, noi insegnanti che cosa ne dobbiamo dedurre? E se ciò avviene nella gran parte dei casi nella non curanza della gente? Cosa dobbiamo pensare noi? Che responsabilità abbiamo noi?


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sabato 4 aprile 2015

Panebianco e il MUOS



Che brutto articolo quello di oggi di Angelo Panebianco, pubblicato sul Corriere della sera, sull'ordinanza di sequestro del MUOS da parte della procura di Caltagirone. Brutto perché retorico, di una becera retorica di allarmismo e di regime, e brutto perché logicamente fondato sul nulla. L'assunto del politologo è che sia inammissibile che il TAR o le procure possano bloccare un'opera da cui dipenderebbero la sicurezza nazionale e i rapporti di politica estera del paese. Nel sostenere la sua tesi Panebianco parla di un rischio crescente nel Mediterraneo, a fronte di pericoli per la salute tutti da provare.
La dimostrazione di Panebianco si bassa su una fallacia logica, ovvero la critica di un fatto adducendo conseguenze estreme e inprovate. Panebianco parla di sicurezza nazionale e di attacchi provenienti dalla Libia, ma occorre ricordare che nessun attacco è ad oggi partito dalle coste africane verso l'Europa: Panebianco cita i missili del 1986 di Gheddafi, ovvero armi e fatti di 30 anni fa: dal punto di vista militare e politico, un'era fa, tanto varrebbe parlare della conquista araba del VII secolo d. C..
Il giornalista poi sostiene che i danni alla salute causati dal MUOS sarebbero tutti da provare, rovesciando la verità dei fatti, dato che non esistono dati certi né sulla reale potenza del MUOS né sulla “dispersione fuori dall’asse di fasci di microonde”. Insomma, anche se poco probabili, i rischi per la salute causati dal MUOS sono comunque più plausibili di un rischio sicurezza mai concretamente realizzatosi.  
Infine, che il giudice amministrativo possa bloccare le decisioni politiche, sulla base della legittimità delle scelte e sulla correttezza dal punto di vista normativo, appartiene al normale funzionamento della democrazia. Parlare di decisioni in situazioni d'eccezione equivale a dire che ci si trova in un momento di sospensione della democrazia. Forse è così, ma allora, anziché dirlo solo con giri di parole, occorrerebbe avere il coraggio di sostenere questa posizione apertamente. Per Panebianco non è il momento delle decisioni prese democraticamente né della legittimità delle opposizioni. Suona più chiaro così, no?


The Pitt, R. Scott Gemmill

The Pitt, ideata da R. Scott Gemmill, è una serie TV messa in onda su HBO e prodotta da Warner Bros, con protagonista Noah Wyle....